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TESTO Commento 1Cor 3,6

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Mercoledì della XXII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (04/09/2002)

Brano biblico: 1cor 3,6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere.

Come vivere questa Parola?

La comunità cristiana di Corinto, a cui Paolo si rivolge, viene ripresa con forza dall'apostolo delle genti che denuncia il suo "infantilismo" spirituale. "Vi ho dato da bere latte, come a neonati, non un nutrimento solido, perché non ne siete capaci". Sì, questa gente vive "secondo la carne", cioè dentro le spinte superficiali e caotiche dell'egoismo. "C'è tra voi invidia e discordia" dice Paolo a questi suoi figli spirituali. E che cosa può esserci di peggio? Gli uni dicevano, infatti, vantandosi: "Io sono di Paolo". E gli altri di rimando: "Io sono di Apollo". E la comunità non solo perdeva vigore ma si frantumava. Se l'infanzia spirituale (il diventare "bambini del Regno") coincide con la più alta sapienza evangelica, l'infantilismo è il degrado di persone non cresciute né umanamente né cristianamente. In fondo si tratta di superficialità che fa equivocare anche in ordine alla propria dignità. "Voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio". Ecco quale è la nostra grandezza! E S.Gregorio Magno, più in là nei secoli, commentando queste parole, dirà: "Riconosci, o cristiano, la tua dignità".

Oggi, nella mia pausa contemplativa, chiederò di scendere al centro di me, nel mio cuore profondo e di sostare a riconoscere lì la mia grande dignità. "Sono campo tuo, Signore!". Semina in me la tua Parola. Sono edificio tuo, Dio mio! Costruiscimi nella solidità di un amore che, ogni giorno, non alla mia ma alla tua volontà acconsente.

La voce del "Papa buono"

Ancora più calma, ancora più calma e soavità e pace nelle cose mie. Se non posso fare tutto il bene che credo necessario al profitto delle anime nella missione affidatami, non mi debbo per nulla né turbare, né inquietare. Tutto il Signore sa volgere al trionfo del suo Regno, anche il mio non poter fare di più.
Giovanni XXIII

 

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