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TESTO Il gemito di Dio

don Marco Pratesi   Il grano e la zizzania

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (10/09/2006)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,31-37

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Marco ci racconta un altro miracolo compiuto da Gesù. Esso, come sempre, ci dice che è arrivato il Regno di Dio e che cosa è questo Regno.

Prima di guarire Gesù "emette un sospiro", o un gemito (v. 34): di fronte alla creatura sciupata, rappresentata qui dal sordomuto, egli sente il fremito della compassione e il desiderio intenso della sua liberazione dal male. "Liberaci dal male e venga il tuo Regno", geme il Signore. Egli dà voce al lamento di tutta la creazione "che fino ad ora geme insieme ed è in travaglio" (Rm 8,22; cf. 2Cor 5,2-4), anelando alla liberazione dalla precarietà e dalla morte. E lo Spirito di Cristo, dentro i suoi discepoli, "intercede con sospiri ineffabili" (Rm 8,26). Tutto si protende verso il "Regno di Dio", la creazione ricondotta alla sua bontà originaria e nuovamente veicolo di benedizione, vita e salvezza. L'oracolo di Isaia (35,1-10, I lettura) lo prefigura e il miracolo di Gesù ne è caparra.

Questo miracolo ci dice ancora qualcosa di importante a proposito della salvezza portata da Cristo: essa restaura l'uomo nella sua capacità di ascoltare e di parlare.

Prima di tutto con Dio. Questo dialogo avviene in molti modi, ma è fondamentale quello che ci ricorda il concilio: la lettura orante della Scrittura. In essa le due cose si realizzano insieme: "affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l'uomo, la lettura della Sacra Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera; poiché 'gli parliamo quando preghiamo e lo ascoltiamo quando leggiamo le verità diviné (s. Ambrogio)" (Dei Verbum 25). È quanto avviene anche nella Messa: ascoltiamo le letture e poi rispondiamo ad esse con la preghiera dei fedeli (che fa ancora parte della liturgia della Parola).

Questa capacità di dialogo con Dio restaura e potenzia nello stesso tempo la nostra capacità di dialogo con gli altri; possiamo anzi verificare l'autenticità del nostro rapporto col Signore proprio a partire dalla capacità di dialogo coi fratelli. Lo Spirito Santo fortifica la nostra capacità di comunione personale, sia con Dio che con gli altri.

In fondo, ascoltare Dio e la sua Parola significa captare il gemito e il sospiro dello Spirito e di Cristo, intensamente protesi verso la salvezza della creazione tutta.

Parlare a Dio e pregarlo significa fare nostro e riesprimere al Padre questo stresso gemito e questo desiderio vivo, col quale si conclude l'intera Scrittura: "lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni! E chi ode dica: Vieni!" (Ap 22,17).

All'offertorio:

Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci renda capaci di dialogare con Dio, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:

Illuminati dalla Parola di Cristo, preghiamo il Padre che vengano il suo Regno e la sua salvezza:

 

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