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TESTO Commento su Luca 13, 10-17

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Lunedì della XXX settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (27/10/2003)

Vangelo: Lc 13,10-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

In questa donna è rappresentata la situazione dell'umanità prima della venuta di Gesù: è sotto il dominio dello spirito maligno, ammalata, rattrappita, tutta piegata verso terra, impossibilitata a rizzarsi e a guardare verso l'alto. Gesù la guarda con compassione, la chiama a sé, le parla, le impone le mani.

Il capo della sinagoga è uno che non sa riconoscere i segni del tempo della salvezza. La sua interpretazione della legge, il suo testardo attaccamento alla tradizione umana, la mancanza di comprensione per l'amore e la misericordia verso una creatura umana ammalata, non gli danno la capacità di comprendere i segni del tempo della salvezza. La sorte di quest'uomo e di tutti gli avversari di Gesù è la vergogna (v.17) davanti al popolo e al tribunale di Dio.

Gesù dà un nuovo significato al sabato, o meglio gli ridà il suo significato originale. La legge del sabato è al servizio dell'uomo, e Dio è glorificato da chiunque usi misericordia verso gli uomini. E in questo brano l'uomo riceve nuovamente da Gesù la sua dignità e la sua giusta considerazione: non può essere considerato meno di un bue o di un asino!

Gesù infrange il dominio di satana che si manifesta nel peccato, nella malattia e nella morte, e libera l'uomo dal peso opprimente della legge. Il sabato diventa il giorno della gioia per tutti. La creazione trova nell'opera salvifica di Gesù la sua perfezione. L'uomo che si apre all'amore di Dio non incontra il giudizio, ma la salvezza e la liberazione definitiva.

L'infermità, secondo la mentalità dell'uomo della Bibbia, non è solo disfunzione del corpo, ma l'invasione di uno spirito malvagio che logora e arresta il corso delle forze della natura. Gesù stende le mani sull'ammalata: è un atteggiamento con il quale trasfonde su di lei il suo Spirito che scaccia lo spirito del male.

Il miracolo non lascia indisturbati i presenti. La donna guarita glorifica Dio perché riconosce nell'opera compiuta da Gesù una manifestazione della sua onnipotenza e della sua bontà. Il capo della sinagoga è indignato e scandalizzato per il trambusto avvenuto nel luogo sacro e soprattutto perché proprio nel luogo dove si celebra il sabato viene trasgredito il comandamento del sabato. L'entusiasmo della folla può avere creato qualche inconveniente. Ma ben vengano, e tutti i giorni, inconvenienti come questo!.

Per il capo della sinagoga il miracolo è relegato tra le opere servili che non sono consentite in giorno di sabato: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato" (v.14).

Per rispondere a della gente così ignorante Gesù non ricorre a un'argomentazione teologico-biblica, ma fa un esempio pratico come il condurre all'abbeveratoio l'asino o il bue anche di sabato.

L'ostilità dei giudei contro Gesù è dunque preconcetta, infondata, ingiusta. Non sono le opere in sé che irritano il capo della sinagoga e tutta la classe dirigente ebraica, ma la risonanza che esse producono. Gesù guadagna terreno presso il popolo e, di conseguenza, essi lo perdono. E' sempre una questione di potere e di quanto dal potere ne consegue.

Nella finale del brano appaiono in scena da una parte gli avversari di Gesù e dall'altra la moltitudine della gente. I primi sono irritati e svergognati, la folla invece è entusiasta e convinta. I primi condannano, disapprovano, rigettano l'opera di Gesù; gli altri la esaltano fino a risalire alla sua sorgente, Dio da cui proviene e a cui sale la gloria causata dalle opere di Cristo. Lo stesso fatto suscita indignazione e vergogna, oppure gloria e gioia. La luce di Dio, che rallegra l'occhio buono, offende quello cattivo. Ma anche questo disagio dei cattivi è in vista della loro conversione.

 

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