TESTO L'unico pane che dà la vita è quello disceso dal cielo
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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (13/08/2006)
Vangelo: Gv 6,41-51
41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Di fronte all'affermazione di Gesù («Sono io il pane disceso dal cielo») i giudei reagiscono protestando e mormorando. Non riescono a convincersi dell'origine divina di Gesù. Il suo aspetto terreno, fenomenico (è il figlio di Giuseppe e se ne conosce il padre e la madre), sembra loro inconciliabile con la sua proclamata origine divina («Sono il pane disceso dal cielo»). Di fronte alle mormorazioni dei giudei, Gesù non discute non discute, ma afferma. Il dialogo c'è stato e anche la pazienza di Dio, ma ora - arrivati al punto - c'è spazio soltanto per un sì e per un no. Gesù ribadisce - ancora più drasticamente - la sua pretesa. Non si sottrae allo scandalo né lo attenua. Lo riafferma: «Sono io il pane della vita»; «Sono io il pane disceso dal cielo». Gesù ha tutti i contorni dell'uomo, e tuttavia è proprio in questo uomo che si è manifestato l'Assoluto, che qui e non altrove è apparso, che qui e non altrove va cercato. Non è il pane di Mosè che dà la vita: «I vostri padri mangiarono la manna nel deserto, eppure sono morti» (v. 49) e non è più in quella direzione che va cercato il Signore: «Nessuno ha mai visto il Padre tranne Colui che viene da Dio» (v. 46): il libro dell'Esodo racconta che Mosè chiese a Dio di vedere il suo volto, ma gli fu concesso soltanto di vedere il Signore di striscio, non faccia a faccia. Gesù invece contempla direttamente il volto del Padre. Gesù - e solo Gesù - è il «pane», cioè la rivelazione, la Parola e la sapienza di cui l'uomo ha fame. Più avanti si comprenderà che il pane è anche l'Eucaristia, ma ora - a questo punto del discorso - l'insistenza è sulla Parola. L'Antico Testamento è tutto percorso da un'ansiosa ricerca della Parola di Dio («non di solo pane vive l'uomo!» che rischiara il cammino della vita e ne rivela il senso. Nella tradizione giudaica la manna era divenuta il simbolo della Parola. E i giudei l'attendevano di nuovo in dono, abbondantemente. Il nostro passo evangelico afferma che proprio Gesù, il figlio del falegname, riassume in sé tutta questa attesa e la porta a compimento. Di fronte al rifiuto dei giudei Gesù non si limita denunciare l'incredulità, né si accontenta di indicarcene la ragione. Ci svela l'origine e le condizioni della fede. Il pensiero è tanto importante che Gesù lo ripete due volte: «Nessuno viene a me se il Padre non lo attira», «Chi ascolta il Padre e si lascia da lui istruire viene a me». L'origine della fede in Cristo è l'iniziativa del Padre (la fede è dono) e la condizione richiesta da parte dell'uomo è la docilità (ascoltare e lasciarsi istruire). Nessuno può far sorgere dentro di sé il movimento della fede senza la chiamata del Padre.