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TESTO Il Profeta a nome di Dio...

Monaci Benedettini Silvestrini  

Lunedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (07/08/2006)

Vangelo: Mt 14,13-21 (o Mt 14,22-36) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Ai nostri tempi il profetismo nella Chiesa conosce un nuovo sviluppo. Il carisma della profezia non è mai mancato alla Chiesa, molti santi lo hanno avuto; adesso però parecchi cristiani si atteggiano a profeti: scrivono articoli, fanno discorsi che pretendono di rivelare il pensiero di Dio sulle vie della Chiesa.

San Paolo riconosce l'esistenza del carisma della profezia nella Chiesa e dà una regola per il suo uso corretto. Nella lettera ai Romani (12, 6) scrive: «Abbiamo carismi diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia, lo eserciti secondo la misura dell'accreditamento». Così conviene tradurre questo testo. La traduzione abituale è «1a misura della fede», però non è l'interpretazione giusta della parola di Paolo, che vuol parlare dell'accreditamento dato da Dio a un credente perché trasmetta i messaggi divini. La lettura di oggi ci aiuta a capire questa regola data dall'Apostolo, perché vi troviamo la contrapposizione fra due profeti, uno che va al di là del suo accreditamento e uno che lo rispetta. Anania è un profeta di Gabaon che pretende di comunicare una rivelazione divina molto gradevole per la gente di Gerusalemme. Nabucodonosor si è impadronito della città e ha deportato la maggior parte degli abitanti; quelli che rimangono vivono penosamente. Naturalmente tutti desiderano che le cose cambino e il profeta Anania predice che un cambiamento favorevole è vicino: «Così dice il Signore degli eserciti: Entro due anni farò ritornare in questo luogo tutti gli arredi del tempio di Gerusalemme che Nabucodonosor, re di Babilonia, prese da questo luogo e portò in Babilonia. Farò ritornare in questo luogo - dice il Signore - Ieconia, il re di Giuda, con tutti i deportati». E una profezia meravigliosa, che però purtroppo non corrisponde ad una ispirazione autentica. E Geremia rispose al profeta Anania che la sua profezia non aveva valore; egli parlava per opportunismo, per corrispondere ai desideri del popolo, non secondo il desiderio di Dio. Ma Anania insistette e fece un gesto simbolico. Geremia portava un giogo sul collo; Anania lo strappò via e lo ruppe proclamando: «Dice il Signore: A questo modo io romperò il giogo di Nabucodonosor entro due anni». Il testo biblico conclude:

«Il profeta Geremia se ne andò per la sua strada... Ora, la parola del Signore fu rivolta a Geremia: "Va' e riferisci ad Anania: Così dice il Signore: Tu hai rotto un giogo di legno ma io, al suo posto, ne farò uno di ferro"». E Geremia dovette dire ad Anania da parte di Dio: «Ecco, ti mando via dal paese; quest'anno tu morirai, perché hai predicato la ribellione contro il Signore». E così avvenne.

Anania non aveva rispettato la regola essenziale del carisma della profezia: parlare secondo la misura dell'accreditamento, cioè trasmettere i messaggi divini autentici, non spacciare le proprie idee per ispirazioni divine. Questa regola di san Paolo è sempre attuale; ciascuno di noi deve essere attento a non oltrepassare i limiti della grazia che ha ricevuto, altrimenti invece di edificare la Chiesa la rovinerà, per quanto dipende da lui; deve essere attento a non spacciare le proprie idee per ispirazioni divine; deve essere attento ad accogliere ciò che viene da Dio, con discernimento e con generosità. (Da: Il Pane quotidiano...)

 

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