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TESTO Maestro è bello restare qui

mons. Antonio Riboldi

Trasfigurazione del Signore (Anno B) (06/08/2006)

Vangelo: Mc 9,2-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,2-10

2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Non era facile, quando Gesù, Figlio di Dio, visse tra di noi, nella missione avuta dal Padre, di "vestirsi totalmente dei nostri panni" che sanno di infelicità, miseria, solitudine, e deviazioni.

Quando ci si ferma un istante a voler guardare la profondità del nostro vivere quotidiano, sembra proprio di entrare in una nube senza luce, che toglie speranza e gioia.

Ci fu un momento in cui Gesù chiese direttamente ai suoi, a quelli cioè che Lui aveva scelto e chiamati a stare con Lui, cosa la gente pensava di Lui. Tutti ricordiamo la risposta: "La gente crede che tu sei un grande profeta, come Mosè, Elia, o altri profeti". Ma sempre un uomo come noi, un uomo speciale, che però non appariva tale a tutti. Aveva molti nemici e tante incomprensioni.

Quando rivolge la domanda agli apostoli: "E voi chi dite che io sia?" La risposta la conosciamo tutti e viene da Pietro, il generoso pescatore che poco sapeva e poteva sapere della meravigliosa realtà di Dio. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". La replica di Gesù è di quelle che si incidono nella storia per non solo ricordare, ma come fondamento della vita, così come della fede della Chiesa che per anni sente nella risposta di Gesù il senso della vita. "Beato te, Simone figlio di Bar Iona. Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non potranno prevalere mai".

C'è una bella differenza tra queste affermazioni, che sono centro della storia dell'uomo e le tantissime che vengono da uomini che si propongono come "personaggi importanti" e sono come un urlo senza eco di ritorno e non saranno mai ciò che solo il Figlio di Dio è stato ed è per noi: "Cristo Gesù, nostro Signore, ieri, oggi, sempre".

E come a incidere per sempre la propria identità, non più affidata alla parola, ma ad una manifestazione di chi davvero era ed è, tutti i Vangeli raccontano la trasfigurazione, che si propone a noi, se ci identifichiamo con Pietro, Giacomo e Giovanni.

Ogni volta che ho avuto il dono di visitare la Terra Santa, uno dei luoghi, che più attirava ed affascinava, era il Monte Tabor. Salendo, trasportato dai taxi che facevano spola verso il monte, cercavo di entrare nel fatto della trasfigurazione. E non si poteva sottrarre al fascino di quel monte che dominava tutta la pianura sottostante, come se non si fosse disperso lo stupore della trasfigurazione. Veniva voglia di grande silenzio e preghiera.

Così narra l'evangelista Luca: "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e salì sul monte a pregare. E mentre pregava il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini parlavano con Lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella loro gloria e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno: tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con Lui. Mentre questi si separavano da Lui, Pietro disse a Gesù: Maestro è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elìa. Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così venne una nube e li avvolse: all'entrare in quella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce che diceva: Questi è il mio Figlio, l'eletto, ascoltatelo. Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno quello che avevano visto" (Lc 9,28-36).

Possiamo facilmente immaginare il silenzio di quella notte sul Tabor. Gesù era a colloquio con il Padre. E davanti a Lui sfilava la terribile storia del suo amore per noi, narrata già dai Profeti. Si vedeva arrestato, trattato come il peggiore dei nemici, con la sua dignità, di figlio di Dio, fatta a brandelli, fino alla crocifissione, da dove nulla più poteva manifestare della grandiosità di quello che prima operava tra gli uomini che correvano a Lui. E forse sentiva il bisogno di avere vicino qualcuno che credesse ancora in Lui e fosse poi testimone di quell'amore che è ora il grande tesoro che la Chiesa conserva e non solo racconta, ma rende presente.

Forse sapeva dell'abbandono, come avremmo forse fatto anche noi davanti al Crocifisso, ossia all'uomo della speranza, dell'amore, finito apparentemente nel pericoloso silenzio della morte. Forse per questo aveva voluto vicino Pietro, Giacomo Giovanni...per mostrare loro chi veramente era e la ragione del suo sacrificio.

E tutti sappiamo come sotto la croce non c'erano Pietro e Giacomo, ma solo Giovanni con Maria, sua madre, e l'altra Maria. Là non c'era posto per costruire le "tende"!

Eppure quella "gloria" non si è spenta sulla croce, ma anzi, per meravigliosa trasfigurazione, che è l'amore donato, quella gloria continua a manifestarsi.

Lo sanno i miei fratelli nella fede, che veramente "vivono Cristo" non superficialmente, ma in profondità, come nella contemplazione, a volte, ci si senta come sul Tabor e Gesù appare in tutta la sua gloria. Occorre uscire a volte dalla mediocrità della vita, e sapere salire sul Tabor in compagnia di Gesù, per carpire almeno qualche raggio di quella bellezza che Lui sa mostrare...anche nel dolore nostro.

Dipende dal rapporto di fede e di amicizia che corre tra noi e Lui. Ho davanti ai miei occhi tanti, che ho avuto la fortuna di conoscere o avere al mio fianco, per capire cosa voglia dire essere come rapiti dall'estasi, ossia dal vedere la gloria di Dio.

Ho avuto come compagno di riposo, in estate, un grande poeta convertito e datosi totalmente a Dio: Padre Clemente Rebora. Penso tanti di voi ne abbiano almeno sentito parlare o conoscano le sue liriche, che sono una gloria della poesia del secolo scorso.

Gli servivo ogni mattina la S. Messa, ma a volte sembrava non appartenesse più a questa terra, tanto si elevava. Chiedeva al Superiore di avere la camera vicina alla cappella, che è nel reparto riservato ai religiosi, nella grande basilica della Sacra di S. Michele, in Valle di Susa. E chiedeva questa camera perché diceva: "Sistemo il mio letto in modo che la sponda dove riposa la testa sia proprio vicino alla parete in cui è il tabernacolo. Così la notte dormo testa a testa con Gesù".

Così come ho potuto avere il privilegio di assistere a parecchie Sante Messe nella Cappella privata dell'amato Giovanni Paolo II...anzi con lui concelebravo. Ma che differenza passava tra il Tabor e quella cappella, nel momento della consacrazione? Nessuna.

E di questi, che "vedono" Gesù trasfigurato, ce ne sono tanti...e non solo nei monasteri. E' come vedessero il Volto di Dio. Un poco come quando noi, .ma in forma ridottissima, incontriamo il volto di una persona cara. Ci trasfiguriamo.

E in quello "stare con Gesù", si accetta ogni prova della vita, come dono di amore. Anzi a volte i santi, come S. Francesco d'Assisi o Padre Pio, accettano di partecipare alla passione con le stigmate.

Così, quasi, commenta tutto questo l'apostolo Pietro, oggi: "Carissimi, non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre, quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: "Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto". Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione, come la lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori" (Pt 1,16-19).

Sarebbe bello oggi condurvi per mano sul Tabor per gustare insieme la trasfigurazione, guidati dalle parole piene di passione del grande Paolo VI che, a Manila, nel Novembre 1970, così parlo di Gesù: "Guai a me se non predicassi il Vangelo. Io sono mandato da Lui, da Cristo stesso per questo. Io sono apostolo, io sono testimone...Gesù Cristo, voi ne avete sentito parlare, anzi voi, la maggior parte certamente, siete già suoi, siete cristiani. Ebbene a voi cristiani, io ripeto il suo nome: a tutti io lo annuncio: Gesù Cristo è il principio e la fine: l'alfa e l'omèga: Egli è il re del nuovo mondo. Egli è il segreto della storia. Egli è la chiave dei nostri destini. Egli è il mediatore, il ponte fra la terra e il cielo. Egli è per antonomasia, il Figlio dell' uomo, perché Egli è il Figlio di Dio, eterno, infinito. E' il Figlio di Maria, la benedetta fra tutte le donne, sua madre nella carne, ma madre nostra nella partecipazione allo Spirito del Corpo Mistico.

Gesù Cristo! Ricordate, questo è il nostro perenne annunzio: è la voce che noi facciamo risuonare per tutta la terra e per tutti i secoli".

Quanta passione vi era nel Santo Padre. Crea confusione in noi che, a volte, per paura di lasciare questa terra, non riusciamo a sollevarci nella gioia di conoscerLo, amarLo e quindi vederLo.

Viene spontaneo il desiderio di dire quanto disse Pietro sul Tabor: "Maestro, facciamo tre tende qui, una per te e le altre per noi!"

 

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