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TESTO Credere o mormorare

don Marco Pratesi   Il grano e la zizzania

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (13/08/2006)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Il brano evangelico prende le mosse da una difficoltà dei giudei: essi non riescono a capire come Gesù possa pretendere di essere il "pane dal cielo". Pensano infatti di poter ridurre Gesù alla sola dimensione umana - il padre e la madre -, e la sua affermazione quindi suona loro come assurda.

Gesù risponde affermando in primo luogo che per accogliere la sua testimonianza occorre essere attratti dal Padre, avere in sé il suo nascosto insegnamento. Andare a Gesù, credere in lui, non è in effetti questione di "carne e sangue", di capacità umane, ma azione del Padre che, mediante lo Spirito, nelle profondità del cuore insegna, suggerisce ed orienta.

Nel caso specifico, il Padre spinge ad accogliere Gesù come pane di vita, a trovare in lui il proprio cibo: "Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia" (v. 50); "non come quello che i padri mangiarono, e morirono (=la manna). Chi mangia di questo pane vivrà in eterno" (v. 58). L'Eucarestia ci mette dentro una vita che è più forte della morte, e sulla quale la morte non ha potere. Siamo liberati dalla paura della morte.

Non è solo il problema della paura della morte fisica: si tratta più ampiamente della spinta che produce ogni comportamento cattivo. L'idolo infatti mi domina attraverso la paura della morte, mi minaccia: se non gli obbedisco morirò, resterò spento, senza vitalità. L'idolo mi terrorizza: "se dai retta a Dio finisci nella morte". Sono così preso in mezzo tra gl'idoli e Dio, e non di rado cerco di tenermi buoni sia gli uni (beni materiali, piacere, ego) che l'altro.

L'Eucarestia mi libera da questa tirannia costruita sulla paura: mi è dato infatti un pane di vita. Non devo arraffare la vita, bensì riceverla in dono; non devo sgomitare per conquistarla, ma aprire le mani per accoglierla.

Il santo è colui che disattende gli ordini degl'idoli, perché il suo agire non è più determinato dall'ansia di procurarsi la vita da solo, ma dalla fiducia che essa gli è già gratuitamente resa disponibile in Gesù, pane disceso dal cielo. Celebrare l'Eucaristia è fare esodo, uscire dalla schiavitù degli idoli e della morte per camminare verso il volto del Dio vivente.

Di fronte a questa proposta, chiediamo a Dio di non mormorare, ma di credere, perché "chi crede ha (già adesso) la vita eterna".

All'offertorio:

Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio sia nutrimento per la vita eterna, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:

Affidandoci con piena fiducia al Signore Gesù. chiediamo il pane per la vita di ogni giorno:

 

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