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TESTO Una missione permanente

padre Antonio Rungi

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (23/07/2006)

Vangelo: Mc 6,30-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 6,30-34

30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

La Parola di Dio di questa XVI Domenica del tempo ordinario ci presenta da un lato i frutti dell'attività missionaria svolta dagli apostoli e dall'altro l'esigenza di una missione permanente della Chiesa, che non può fermarsi mai. Forse si può riposare un po' per riprendere il cammino, ma mai può dire e scrivere la parola fine nella sua opera di evangelizzazione.

A tal proposito, è significativo il testo del Vangelo di Marco che oggi ascoltiamo: "In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'". Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose". Queste folle ansiose di ascoltare Cristo e gli Apostoli ci dicono quanto bene questi messaggeri della gioia e della speranza seminavano nel cuore delle persone che li ascoltavano. Possiamo intuire che non erano mai sazi di mettersi in sintonia con la Parola di Dio e di assumere da essa tutta la forza necessaria per vivere ed affrontare l'esistenza umana. Gli apostoli, insieme a Gesù, non avevano infatti neppure più il tempo per consumare un boccone di cibo per rifocillarsi, tante erano le persone che chiedevano aiuto e conforto. Potremmo dire che erano altri tempi e sicuramente la parola convincente e credibile di Cristo e dei suoi primi discepoli permise a molti scettici del loro tempo di scommettere sulla nuova religione, basata sull'amore, che essi predicavano agli uomini.

Oggi viviamo ben altra situazione di indifferenza religiosa, di distacco dal sacro e, pur essendoci grandi profeti nel nostro tempo, che oltre a parlare nel nome di Dio testimoniano con i fatti una vita santa, il distacco dal sacro invece di accorciarsi sembra allungarsi, distanziando di fatto nella vita degli uomini di oggi l'idea di Dio e la necessità della salvezza per sé e per gli altri. Nonostante questa limitata risposta all'azione missionaria ed evangelizzatrice della chiesa da parte degli uomini e del mondo d'oggi, la forza della fede, il coraggio della testimonianza, il fuoco della carità e dell'amore devono spingerci oltre le delusioni ed i limiti di un annuncio che non trova risposta significativa nella storia di oggi. Bisogna guardare avanti, sapendo che il seme gettato prima o poi dovrà fiorire e dare qualche piccolo frutto. E siccome la messe è molta e gli operai della vigna del Signore sono pochi (e spesso sempre più demotivati e scoraggiati, non coerentemente fedeli agli impegni assunti), è necessario fare ricorso a tutte le forze e gli strumenti disponibili perché il Vangelo, come primo annuncio, arrivi ad ogni uomo della terra. Compito questo che è importante svolgere al meglio e ad esso dedicare ogni energia disponibile.

Sta qui tutto il senso ed il contenuto del messaggio evangelico che cogliamo nel testo di oggi. D'altra parte la stessa prima lettura, tratta dal libro del profeta Geremia, richiama i doveri fondamentali dei pastori, alle cui cure è affidato il popolo santo di Dio: "Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo". Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio di Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: "Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io mi occuperò di voi e della malvagità delle vostre azioni. Oracolo del Signore. Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; di esse non ne mancherà neppure una". Oracolo del Signore. "Ecco, verranno giorni – dice il Signore – nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele starà sicuro nella sua dimora; questo sarà il nome con cui lo chiameranno: "Signore-nostra-giustizia". E' un monito duro e sicuramente stimolante per un'opportuna riflessione sulla pastorale odierna, specie su quella che ricade direttamente sui sacerdoti, parroci, vescovi e Papa, ovvero sulla gerarchia, sulle persone che Gesù sceglie totalmente al suo servizio, perché siano apostoli del suo Regno in mezzo alle generazioni di ogni tempo.

Sono questi pastori ad avere chiara la finalità di ogni azione missionaria ed apostolica che si svolge nel nome di Cristo e della Chiesa e non certamente a titolo personale. Lo ricorda il brano della lettera di San Paolo agli Efesini che ascolteremo oggi: "Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito". Mediante la redenzione di Gesù Cristo, l'umanità intera ha ritrovato le ragioni della pace, dell'unità, della collaborazione, della giustizia, della verità, di tutto ciò che possiamo indicare con il termine bene. Il nucleo fondamentale del kerigma iniziale, che Cristo è morto e risorto per noi, deve essere proposto in termini semplici ed accessibili mediante un'opera di evangelizzazione che assuma da Cristo e dalla prima comunità ecclesiale il modello pastorale a cui ispirarsi oggi e sempre, perché è un modello basato sull'amore, sulla donazione, sull'itineranza, sulla responsabilità, sul sacrificio e sulla gioia di donare e donarsi per il bene e per la verità.

 

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