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TESTO Il nostro ginepro di Elia

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (13/08/2006)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Missione e pane di vita. Sono questi i temi che percorrono le Letture di questa Domenica, che ci invita a riflettere su questi argomenti alla luce di un episodio abbastanza singolare e denso di significato: il ginepro di Elia. Sfuggito alla persecuzione organizzata nei suoi confronti dalla regina Gezabele che voleva la sua morte per aver ucciso 400 profeti di Bal, il nostro fedelissimo profeta trova ristoro sotto questo albero occasionale e raccogliendo le forze implora al Signore di prenderlo con sé... "Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri." Sta avvenendo ad Elia esattamente ciò che succede a chiunque si trovi esausto, sfinito e sfiduciato dopo avere svolto un lavoro faticosissimo senza ottenere ricompensa, riconoscimento né soddisfazione alcuna e, cosa ancora più disdicevole, essendo costretti a subire critiche e riprovazioni da parte degli altri per quello che si è fatto: lo scoraggiamento e la sfiducia demotivano e precludono ogni altra iniziativa gettandoti nel pessimismo e nel senso di inutilità che conducono a gettare la spugna.

Potremmo raccontarci reciprocamente tantissime esperienze in cui ci siamo sentiti cadere le braccia e siamo stati tentati di abbandonare il nostro posto di lavoro o di non perseverare nei nostri propositi perché scoraggiati dagli insuccessi e dalle continue lotte senza esito, dovendo per di più sopportare di essere osteggiati e biasimati da chi giudica senza avere cognizione di quale sia stato il nostro impegno, la nostra fatica o le difficoltà a cui si è dovuti andare incontro e (permettetemi) chi è parroco, animatore pastorale o comunque responsabile in prima persona di una missione di apostolato è in grado di raccontare più di tutti gli altri come sia umiliante dover soccombere allo scoraggiamento missionario accompagnato dalle illazioni e dai pregiudizi della gente. Il fatto è che in qualsiasi contesto lavorativo e in tutti i casi della vita il successo non ci è mai garantito immediatamente: per raggiungere un solo, piccolo, obiettivo occorre essere disposti a fallire mille volte e a subire ogni sorta di vessazione e di cattiveria anche da parte di coloro che ti stanno accanto e ad avvertire non di rado il senso di sfiducia che abbatte e deprime fino a farti lasciare ogni cosa; è connaturale alla nostra esistenza che si debba soccombere alle umiliazioni prima di raggiungere livelli e posizioni piacevoli, mentre la tentazione della rinuncia e dell'abbandono costituiscono una costante di questo itinerario. Si fallisce spesso per avere successo una volta soltanto ma appunto perché prima o poi il successo sarà conseguito, occorre non considerare gli ostacoli quanto piuttosto tenere bene in vista la meta e concentrarsi sull'ideale da raggiungere e sul progetto che prima o poi sarà realizzato. Questo condurrà a persistere nonostante la sfiducia e a mostrare costanza nella lotta.

Ma soprattutto occorre avere molta fiducia in Colui che ci accompagna nella missione e che favorirà il nostro successo specialmente quando i nostri propositi sono quelli del bene e della realizzazione di qualcosa che oltre che a gratificare noi stessi esalterà anche gli altri; se è vero infatti che noi ci ritroviamo tutti nel ginepro di Elia, è altrettanto vero e consolante che partecipiamo anche del suo destino di comunione con il Signore e pertanto come lui siamo sostenuti nella lotta. Che cosa risponde Dio ad Elia in seguito a quella obiezione? Nulla. Semplicemente Egli pone dinanzi al profeta il cibo necessario a riprendere il cammino, ponendo così le motivazioni per cui si deve perseverare anziché abbattersi: "Mangia, perché troppo lungo è per te il cammino"

Dio dona ad Elia il pane del sostentamento fisico per il proseguimento della missione di essere profeta e apportatore della verità. In Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato per la nostra salvezza, che la scorsa Domenica abbiamo imparato a conoscere come il Dio con noi che partecipa della nostra vita, otteniamo molto di più: egli non soltanto ci offre il pane per la prosecuzione del cammino ma si qualifica Egli stesso come il pane di vita che incentiva nell'itinerario e che pone le fondamenta di qualsiasi cammino materiale e spirituale. Il pane materiale ad un certo punto sarà digerito e noi torneremo ad avere fame; è questa la ragione per cui Cristo ci si rende pane materiale e spirituale allo stesso tempo, favorendo la ripresa delle nostre forze e lo slancio nelle nostre attività in vista degli obiettivi finali animando la nostra prosecuzione nell'itinerario verso di lui e nella vita con lui.

Il pane vivo disceso dal cielo è quello che deve essere assunto nella nostra vita quotidiana e nel quale ci si deve immedesimare per ottenere la vita piena nella piena conformità allo stesso Cristo Signore; ma è anche è soprattutto il pane materiale che siamo invitati a consumare tutte le volte che ci accostiamo alla mensa eucaristica., quello insomma del suo vero Corpo la cui presenza è reale e sostanziale nell'Eucarestia, il banchetto della vita che si assume la Domenica e che costituisce il motivo della carica spirituale e del sostegno continuo mentre continua il nostro agire nel mondo. Nell'Eucarestia si trova l'alimento essenziale che scongiura ogni pericolo di resa nelle difficoltà della nostra missione e che allontana la diabolica tentazione alla fuga e allo scoraggiamento, inculcando continuamente lo sprone alla lotta e alla perseveranza nei nostri propositi affinché il nostro ginepro di Elia non resti sola occasione di inciampo ed è per questo che occorre nutrirsene con fiducia accostandosi al Sacramento in modo disinvolto coscienti di quello che si sta per assumere e convinti del valore salvifico che esso contiene e tutte le volte che gli ostacoli e l'insuccesso mettono a repentaglio il nostro fervore di perseveranza suscitando lo spettro dello scoramento che conduce ad arrenderci ad arrenderci, non si deve esitare a risvegliare, ravvivandola, la nostra fede in Colui che è nostra forza perché e alomento vitale, pane di vita che garantisce la vittoria e la ricompensa al termine di ogni lotta e ansietà.

 

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