TESTO Commento su Am 8,11
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Venerdì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (07/07/2006)
Brano biblico: Am 8,11
Dalla Parola del giorno
Verranno giorno in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua ma d'ascoltare la Parola del Signore.
Come vivere questa Parola?
Il profeta Amos descrive con estrema vivezza una situazione ben nota anche ai nostri giorni. Una corsa sfrenata al potere e all'avere che tutto calpesta pur di conseguirli. La società si trova così divisa in poveri e ricchi, in oppressori ed oppressi a cui viene tolto tutto, anche la dignità personale. Uomini ridotti a "merce", comprati e venduti in traffici vergognosi tra cui, più subdoli ma non per questo meno degradanti, quelli promossi da un'economia che si è andata sviluppando non più in relazione al giusto soddisfacimento dei bisogni umani, ma in funzione della produzione stessa. Lo smercio dei prodotti, cioè il profitto, da mezzo è diventato fine. E l'uomo è stato svilito al ruolo subalterno di mezzo: stimolazioni mirate lo rendono una proficua fonte di lucro. A monte una sete insaziabile che spinge ad avere sempre di più, senza trovare mai nulla che la estingua. E l'uomo è sottratto a se stesso, perduto dietro a ciò che ha sottratto agli altri, soffocato dalle sue stesse conquiste, non più signore ma schiavo. Disgusto, stanchezza, depressione, non senso, sempre più diffusi rimandano a un bisogno troppo a lungo conculcato: ritrovare se stessi, le proprie radici. Inconsciamente si fa strada la nostalgia della Sorgente: fame e sete di quella Parola di cui non possiamo soffocare l'eco profonda. Parola in grado di rivelare all'uomo il suo vero volto e di restituirlo a se stesso. Parola che ogni giorno viene spezzata per noi, ma che rischia di essere ridotta a "suono", confusa tra le tante parole che continuano ad additare miraggi tanto più deludenti quanto più lusinghieri.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, fermerò la mia attenzione sul dono inestimabile della Parola di Dio. Ne leggerò lentamente, lasciandolo sedimentare dentro di me, il testo propostomi dalla liturgia odierna. Quindi, con cuore riconoscente pregherò:
Padre buono, hai fatto risuonare in me e per me la tua Parola di vita perché il mio incedere fosse all'insegna della gioia. Alimenta in me una profonda e consapevole sete di essa: che io non mi attardi presso cisterne screpolate e insane ma corra alla Sorgente e la additi agli altri.
La voce di un sacerdote e poeta
Questo è un mondo senza misura e senza gloria, perché si è perso il dono e l'uso della contemplazione... civiltà del frastuono. Tempo senza preghiera. Senza silenzio e quindi senza ascolto... E il diluvio delle nostre parole soffoca l'appassionato suono della sua Parola.
David Maria Turoldo