TESTO Mandati a mostrare a tutti l’amore
Santissima Trinità (Anno B) (11/06/2006)
Vangelo: Mt 28,16-20
16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
evangelista Matteo chiude il suo Vangelo con alcune parole di Gesù molto solenni: sono parole che definiscono la Chiesa e la sua missione. A Gesù «è stato dato ogni potere in cielo e in terra»: è questa «signoria universale» la radice da cui scaturisce l'universalità della missione. Tutto il breve discorso di Gesù è dominato dall'idea di pienezza e di universalità: l'aggettivo «tutto» ricorre quattro volte (tutto il potere, tutte le genti, tutto ciò che ho ordinato, tutti i giorni). Fare i discepoli fra tutte le genti non significa, necessariamente, che tutti debbano convertirsi. Ciò che importa è che il popolo di Dio sia formato «fra tutte le genti»: magari una minoranza, ma fra tutte le genti.
Scopo della missione è «fare discepoli». L'espressione è carica di tutto il significato che «discepolo» ha nel Vangelo. I discepoli devono insegnare: ma non sono maestri, restano discepoli. Non insegnano qualcosa di proprio, ma solo «tutto ciò che egli ha comandato». È un insegnamento, dunque, nella più assoluta fedeltà e dipendenza: nasce da un ascolto e dall'essere discepoli.
«Sarò con voi sino alla fine del tempo»: è questa l'affermazione con la quale Matteo termina il Vangelo. Il Signore risorto non è partito, ma è rimasto. La promessa che il nome di Gesù includeva («Emmanuele, Dio con noi») è qui mantenuta. Il nome di Dio continua ad essere «eccomi qua». Ma il punto che la liturgia sottolinea in modo particolare è un altro. Il discepolo non è battezzato nel nome di Gesù, e neppure nel nome di Dio: è battezzato nel «nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».
L'esistenza cristiana inizia - e si svolge - nel nome di, cioè in relazione al Padre, al Figlio e allo Spirito. «Nel nome» non significa solo «con l'autorità di», ma «in comunione con». Impartito nel nome della Trinità, il battesimo ci introduce nel dialogo di amore delle tre divine Persone..
Il passo di Matteo ci aiuta a prendere coscienza della concezione cristiana di Dio: un Dio che è amore e dialogo, non solo perché ci ama e dialoga, ma perché in se stesso è un dialogo d'amore. Ma questo non rinnova soltanto la nostra concezione di Dio, bensì anche la verità di noi stessi. Se la Bibbia ripete che dobbiamo vivere nell'amore, nel dialogo e nella comunione, è perché sa che siamo tutti «immagine di Dio». Incontrare Dio, fare esperienza di Dio, parlare di Dio, dar gloria a Dio, tutto questo significa - per un cristiano che sa che Dio è Padre, Figlio e Spirito - vivere in una costante dimensione di amore, di dialogo e di dono.
La Trinità è un mistero davvero luminoso: rivelandoci Dio, ha rivelato chi siamo noi.