TESTO Commento su Matteo 5,33-37
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Sabato della X settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (12/06/2004)
Vangelo: Mt 5,33-37
Dalla Parola del giorno
Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.
Come vivere questa parola?
Giovanni nel prologo del suo vangelo definisce Gesù il "Verbo", cioè la Parola, perché per mezzo suo Dio "dice" tutto di sé, c'introduce nell'intimità della sua vita, svelandoci la sua realtà profonda, il suo essere Amore e dialogo. La parola, anche quella umana, attinge a queste profondità. È pure quanto ci permette di entrare in comunione con l'altro. È un mettersi a nudo, un far spazio all'altro dentro di noi, un consegnarci a lui disarmati. Un gesto di fiducia e di amore che il primo peccato è venuto ad alterare. Da quel momento la parola sulle nostre labbra ha cessato di essere dono rivelativo del proprio sé per diventare schermo. Dalla Parola, quell'unica Parola essenziale capace di raccogliere tutta la ricchezza dell'essere, al moltiplicarsi caotico delle parole in cui la nostra realtà si dissipa e disperde. Basta pensare al bombardamento a cui ci sottopongono quotidianamente le varie agenzie pubblicitarie o di propaganda o anche a quei discorsi contorti con cui si cerca di camuffare la realtà o addirittura di distorcerla, talvolta ai nostri stessi occhi. La parola, nata per dire la verità nei suoi più reconditi aspetti, proprio nella cultura di oggi, viene totalmente snaturata. L'uomo, mentendo, finisce così col diventare estraneo anche a se stesso. Non sa più chi è. Non è più in grado di "dirsi" e quindi di entrare in comunione. È qui che s'inserisce il richiamo di Gesù a quella linearità semplicità e trasparenza di linguaggio che presuppone, e al tempo stesso fonda, relazioni autentiche, basate sulla reciproca fiducia. Certo, questo non vuol dire che dobbiamo lasciarci andare a confidenze indebite con chiunque. C'è uno spazio dentro di noi in cui ha diritto di entrare solo Dio. Poi ci sono gradi di intimità diversi che devono essere rispettati. Ma la parola, quando fiorisce sul labbro, deve essere vera, cioè deve coincidere con ciò che penso e che sono.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, verificherò la "verità" del "dirmi" a me stesso, prima di tutto, e poi agli altri: quanto dista il mio linguaggio dal "sì sì, no no" del vangelo? Che cosa si nasconde dietro le complicazioni delle mie parole? Forse paura del giudizio dell'altro o paura delle conseguenze dolorose del mio esprimermi con serenità e lealtà? E che cosa celo quando mi barrico nel mutismo? Non è anche questa una mancanza di fiducia in Dio e di fiducia nell'uomo?
O Gesù, Verbo del Padre, nel tuo essere la Verità mi sveli la realtà profonda della parola e la violenza che si fa ad essa ogni volta che la si rende veicolo di menzogna. Suscita in me orrore per ogni forma di falsità e rendimi trasparenza luminosa del tuo essere Verità.
La voce di un Padre della Chiesa
È un privilegio di noi uomini il poter esprimere con la bocca i sentimenti del cuore e indicare, con le parole della bocca, i segreti pensieri del nostro spirito. Che altro è dunque la bocca dell'uomo, se non quasi il santuario della parola, la fonte del discorso, il palazzo della loquela, il tesoro della volontà?
S.Ambrogio