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TESTO Vincolati perchè convertiti

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

V Domenica di Pasqua (Anno B) (14/05/2006)

Vangelo: Gv 15,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Nello specifico del passo di cui alla Prima Lettura, gli Atti degli Apostoli ci mostrano un Paolo marcato stretto e reso oggetto di sguardi indiscreti e sospettosi da parte dei discepoli cristiani, così come avviene alle persone famose per un passato poco piacevole e che non godono di ottima nomea nella società: fino ad allora egli si era infatti guadagnato la riprovazione e il timore dei cristiani della Chiesa nascente per essere stato persecutore dei seguaci di Gesù, per aver infierito barbaramente contro di loro e per aver approvato la loro uccisione, come nel caso del martirio di Stefano e per questo motivo non poteva che essere guardato con apprensione e disprezzo da parte degli astanti. Chissà la paura e i pregiudizi di quei discepoli a cui Barnaba lo stava presentando... Almeno inizialmente non lo avranno accolto certo con gioia, ma si saranno dati alle illazioni, ai pregiudizi, ai commenti in negativo e non è fuori luogo supporre che si siano anche premuti per difendersi da un suo eventuale attacco. Anzi, qualcuno avrà certamente pensato che il novello Apostolo stesse tramando magari un astuto tranello ai loro danni e questo lascia immaginare il clima di paura e di sgomento che doveva imperversare all'interno di quella comunità riunita.

Tuttavia Paolo non si lascia scoraggiare da quella riluttanza iniziale, e aiutato da Barnaba affronta il pubblico con leggerezza, serenità e disinvoltura; anziché darsi ad istintive reazioni di difesa atte a convincere gli interlocutori e a scongiurare ritorsioni nei suoi confronti, inizia semplicemente a raccontare la sua esperienza di incontro con il Signore nella via di Damasco per rendere tutti partecipi di come sia stato interessato in prima persona dal mistero di Dio e di come ne sia rimasto affascinato lasciandosi avvincere e sedurre al punto che adesso desidera impiegare per la causa del Cristo lo stesso zelo e la stessa animazione che prima adoperava per perseguitarlo.

Già nel suo presentarsi ai fratelli di Gerusalemme, Paolo si mostra latore del messaggio di salvezza che proviene da Cristo, ossia evangelizza e annuncia a tutti il Risorto. Quello che gli è di sprone è la gioia di essere stato convertito da Cristo, la convinzione di essere stato rinnovato e reso uomo libero, sereno ed entusiasta, e allo stesso tempo la presa di coscienza della precarietà e della miseria interiore in cui inconsapevolmente si era trovato nel recare del male al prossimo: evangelizza nel suo stesso mostrarsi convertito e convinto dell'amore di Dio.

E appunto questo sta alla base della nostra fede e del conseguente ministero apostolico: la conversione che suppone un atteggiamento iniziale da parte di Dio e un altro conseguente di cui è protagonista l'uomo: 1) in primo luogo infatti è Dio a ricondurre l'uomo peccatore alla comunione con sé, attraverso la molteplicità degli avvenimenti della vita, come pure nella sua Parola e nella sua presenza salvifica poiché Egli è un Dio compassionevole e sollecito che "non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva", mostrando sempre di non omettere nulla ai fini di realizzare la nostra salvezza. L'uomo accoglie tale appello divino innanzitutto comprendendo l'insufficienza dei propri mezzi e delle proprie risorse e la fallacia delle sue presunzioni, come pure lo stato di abbandono e di rovinosa autodistruzione di cui è causa il peccato; in parole povere prendendo coscienza che Dio è per lui indispensabile quanto dannosa è la sua lontananza da Lui.

Nel quotidiano vivere non è avvenuto affatto raramente che noi abbiamo avvertito la necessità della comunione con un Altro che trascenda i nostri schemi e che sia Differente da noi e allo stesso tempo alla nostra portata immediata, semplicemente per il fatto che i rapporti di interazione fra gli uomini non sempre sono attendibili: lo afferma ripetutamente la Scrittura (Ad es "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo") ma è di immediata evidenza che nelle nostre relazioni interpersonali, pur convenienti, costruttive e necessarie, si faccia pur sempre esperienza delle infedeltà o delle cattiverie degli uomini e questo dato di fatto è già sufficiente a farci ammettere che solo Dio è degno di fiducia. Così pure facciamo esperienza molto spesso delle nostre debolezze materiali e spirituali, delle nostre efficienze solo presunte e delle varie illusioni di preponderanza che si trasformano in delusioni sconcertanti...

Convincersi che solo Dio è nostra garanzia nel continuo confronto con le nostre chimere e che questo stesso Dio ci sta interpellando egli stesso, per primo e senza ritrosia è il primo elemento che caratterizza la conversione. Esso suppone che si cambi radicalmente impostazione di pensiero e di veduta e che ci si orienti in tutto verso di Lui sempre e costantemente e solo in conseguenza di questo trasparirà in ogni nostro atteggiamento e nelle azioni che noi siamo stati salvati perché trasformati e rinnovati a vita nuova e anche il nostro agire parlerà di Dio e lo testimonierà nelle opere e nei frutti degni di penitenza che saranno realizzati con gioia, convinzione ed entusiasmo poiché la scoperta del Signore nella nostra vita non può che apportare letizia e gioia nella novità di vita. A proposito della gioia e dell'entusiasmo è anche comune esperienza pastorale che chi si è convertito da poco a un credo religioso manifesta molta più sollecitudine e zelo per il Signore (e per il prossimo) di quanto non ne mostri chi professa la propria fede già da tanti anni; appunto perché forte di un lungo itinerario che lo ha condotto a lasciarsi sedurre e avvincere da Dio uscendo da un passato calamitoso, il neofita mostra molta più propensione per il sacro e molta più gioia per lo spirituale al punto da essere di esempio per tutti gli altri e da avvertire egli stesso come necessario il fatto di dover annunciare la Parola.

Per farla breve, chi si sarà lasciato convertire da Dio anche indipendentemente dal Battesimo sacramentale resterà vincolato a Cristo indissolubilmente come il tralcio alla vite, perché sarà giocoforza che da Cristo riceverà costantemente linfa vitale e sussistenza e Cristo.

Per chi ha accettato la conversione Cristo è diventato vita e fondamento di sussistenza come appunto la vite lo è per i tralci e sarà in grado di apportare copiosa messe di frutti.

Nel Battesimo poi sperimentiamo come tale vincolo indissolubile con il Signore si radichi ulteriormente nella grazia che ci viene comunicata dallo Spirito Santo, che in Cristo ci rende tutti figli di Dio: nel primo sacramento che ci introduce nella vita della Chiesa, siamo innestati a Cristo in modo indissolubile e non soltanto collaboriamo con lui, ma addirittura a lui apparteniamo, anzi di lui siamo parte integrante.

Per questo anche dal punto di vista pastorale è importante che a tutto venga anteposta la conversione come elemento irrinunciabile della nostra vita spirituale e soprattutto che ci si convinca che l'essere convertiti non avviene una volta per tutte ma richiede un processo che interessa tutta la vita, poiché ogni attimo della nostra esistenza comporta sempre una motivazione per cui noi si debba rompere col peccato per aderire a Dio. La conversione è di fatto un elemento costante che caratterizza per intero tutta la vita cristiana poiché è attraverso di essa che ci si riconoscerà come figli nel Figlio a lui vincolato come il tralcio alla vite.

 

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