TESTO Tre livelli di speranza
Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (19/04/2025)
Vangelo: Gv 20,1-9

1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Nei libri del Nuovo Testamento troviamo due segni della risurrezione di Gesù: la tomba aperta e vuota e le apparizioni del Cristo risuscitatoo. Questi due segni lasciano a ciascuno di noi la libertà di credere che Cristo è davvero risuscitato, e che la sua natura umana trova ospitalità eterna nella sua comunione diFiglio amato con il Padre attraverso la potenza e la presenza dello Spirito Santo. Tra di noi ci sono cristiani che hanno già celebrato i sacramenti dell'iniziazione cristiana, ma non celebrano il “giorno del Signore” ogni domenica, tanto meno hanno vissuto il Triduo pasquale quest'anno. L'apostolo Paolo, nella sua attività missionaria, incontrò molte resistenze quando predicò Cristo crocifisso, perché la morte in croce della divinità era considerata «scandalo per i giudei, stoltezza per i greci» (1 Cor 1,23). Quando l'apostolo Paolo cercò di evangelizzare gli ateniesi nell'Areopago (un luogo dove c'erano molti templi pagani), gli abitanti di Atene, «quando sentirono parlare della risurrezione dei morti, alcuni cominciarono a deridere, mentre altri dicevano: “Ti ascolteremo ancora su questo argomento”. Allora Paolo si ritirò da loro» (At 17,32-33). Avere fede in Gesù Cristo morto e risuscitato non significa avere una certezza razionale, scientifica o matematica. Il sepolcro vuoto e aperto e la testimonianza apostolica delle apparizioni di Gesù non sono prove, sono segni. L'esperienza di fede è una questione di fiducia sostenuta dalla speranza e concretamente tradotta in azioni gratuite di rispetto per gli altri e in opere di misericordia, sempre con un'attenzione particolare ai più poveri e ai sofferenti. In questo santo giubileo siamo chiamati ad alimentare la fiamma della nostra speranza, affinché il nostro pellegrinaggio in questo mondo come discepoli di nostro Signore Gesù Cristo diventi un rafforzamento della nostra fede e un costante atteggiamento di conversione che migliori la qualità delle nostre relazioni, con noi stessi, con gli altri e con tutte le creature della natura.
Ogni anno, nel Vangelo di Pasqua, contempliamo tre diversi atteggiamenti di fronte allo stesso segno della risurrezione di Gesù Cristo, che è il sepolcro aperto e vuoto.
Qual era il livello di speranza di Maria Maddalena, di Pietro e del discepolo amato?
Il livello di speranza di Maria Maddalena era quasi spento perché prevaleva la visione della cattiveria umana
In Maria Maddalena, la fiamma della speranza rischiava di spegnersi del tutto perché nella mente e nel cuore di questa discepola di Gesù prevalevano lo scoraggiamento e la depressione a causa del potere devastante della cattiveria umana. Maria Maddalena era stata testimone di tutte le ingiustizie subite da Gesù. L'egoismo umano e gli interessi delle autorità religiose giudaiche e politiche del tempo avevano ucciso il profeta, il servo dell'umanità, il Figlio di Dio, innocente come un agnello condotto al macello. Come se questa crudeltà non bastasse, quando vide il sepolcro vuoto, Maria Maddalena interpretò questo segno come una profanazione irrispettosa del corpo di Gesù: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno messo» (Gv 20,2). In questa frase, piena di disperazione di Maria Maddalena, possiamo identificare tutte le persone scoraggiate e depresse dagli eventi della storia. Il male dell'egoismo umano è troppo potente! Le guerre crudeli non finiscono, il disboscamento delle foreste continua, l'inquinamento atmosferico con le emissioni di monossido di carbonio aumenta ogni anno, la raccolta differenziata dei rifiuti non viene praticata, non c'è alcun segno di conversione ecologica. Anzi: anche all'interno della Chiesa cattolica c'è divisione, c'è chi critica il Papa, c'è chi critica il Concilio Vaticano II e la Dottrina sociale della Chiesa. La fiamma quasi spenta della speranza riduce l'esperienza di fede a una superficiale accettazione di alcune nozioni da catechismo su Gesù Cristo, che non hanno bisogno di essere approfondite, perché le azioni etiche quotidiane non sono ancora guidate dallo Spirito Santo, ma dagli interessi personali, dalla mentalità di questo mondo che esalta l'idolatria dell'io e del denaro in primo luogo. Grazie a Dio, la disperazione di Maria Maddalena è stata di breve durata, perché proprio in quel giorno Cristo è apparso a lei ed ha riacceso in lei la fiamma viva della speranza (cfr. Gv 20,11-18).
Il livello della speranza calpestato dal peso della coscienza dei propri peccati nella figura di Pietro.
Scrive l'evangelista: «Allora Pietro e l'altro discepolo uscirono e si avvicinarono al sepolcro. I due correvano insieme, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro» (Gv 20,2-4). In questa scena dei due discepoli che corrono, colpisce la leggerezza e l'agilità del discepolo amato. Pietro corre con gambe stanche. Sembra portare un peso nel cuore che lo rende triste e scoraggiato. Non riesce a dimenticare il canto del gallo che, due giorni prima, era penetrato nella sua mente come una spada accusandolo di tradimento. Pietro aveva rinnegato per tre volte il suo Maestro e Signore. Pietro si sentiva un codardo. Portava il peso del suo peccato. Pieno di buone intenzioni, quando si trattava di metterle in pratica, faceva il contrario di ciò che voleva davvero fare. La speranza non è morta, ma la fiamma è spenta, coperta dal peso della consapevolezza dei propri peccati, delle proprie fragilità umane. Quando il peso dei propri peccati tormenta la mente e il cuore, l'esperienza di fede si blocca nel silenzio dell'indecisione, nel silenzio dell'incoerenza tra il volere e il fare. Infatti, quel primo giorno della settimana, nelle prime ore del mattino di Pasqua, Pietro entrò nel sepolcro e rimase paralizzato dal silenzio. L'esperienza di Pietro è anche quella dell'apostolo Paolo che, scrivendo ai Romani, dice: «Non faccio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio. Ora, se faccio ciò che non voglio, non sono più io ad agire, ma è il peccato che abita in me. Così trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, mi viene il male» (Rm 7,19-21). Grazie a Dio, Cristo risuscitato ha aiutato Pietro a superare il peso del suo peccato di tradimento quando, apparso sulla riva del lago di Tiberiade, gli ha chiesto per tre volte se lo amava davvero (cfr. Gv 21,1-19). La forza dello Spirito Santo fece di Pietro un predicatore coraggioso, questa volta capace di denunciare la responsabilità delle autorità religiose giudaiche per la morte in croce del Salvatore del mondo. Questa è la testimonianza della prima lettura di questa Pasqua.
La fiamma viva della speranza nell'esperienza del discepolo che Gesù amava.
Egli ebbe la forza di correre, raggiunse per primo il sepolcro. Il Vangelo ci dice: «Allora l'altro discepolo, giunto per primo al sepolcro, entrò anch'egli. Vide e credette» (Gv 20,9). Il discepolo amato, che può rappresentare il discepolo ideale, è in grado di vedere «cose dell'alto e non cose terrene». La Maddalena vedeva solo il male dell'egoismo dell'umanità. Pietro vedeva solo il peso del suo tradimento: tutte le cose terrene, di questo mondo. Il discepolo prediletto «vide le fasce di lino stese a terra e il telo che era stato sul capo di Gesù, non posato con le fasce, ma arrotolato in un luogo a parte» (Gv 20,7). Vide una tomba vuota, ma ben ordinata. Non era avvenuto un sacrilegio o il furto di cadavere. In quella tomba c'erano ancora i segni della forza vitale dello Spirito Santo che aveva trasformato il corpo crocifisso di Gesù in un corpo trasfigurato e glorificato, dove gli angeli del cielo avevano disposto e piegato le lenzuola con delicatezza e cura. In quel lenzuolo che aveva coperto il corpo ferito e trafitto di Gesù, rimaneva il ricordo della sua passione e morte. Ma il discepolo amato contemplava già il corpo rivestito della gloria del Cristo risuscitato, senza averlo ancora visto. Sognava la stessa sorte riservata a tutti coloro che credevano in Gesù Cristo morto e risuscitato.