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TESTO Commento su Giovanni 13,1-15

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Giovedì Santo (Messa in Cena Domini) (17/04/2025)

Vangelo: Gv 13,1-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di Gigi Avanti

Qualcuno ha azzardato a definire la “lavanda dei piedi” quasi un ottavo sacramento, considerato che quel gesto era stato compiuto da Gesù in parallelo con quello della istituzione dell'Eucaristia.

Un accostamento meraviglioso quello tra Eucaristia e Servizio di carità, come a dire che nutrirsi di Gesù alimenta l'operosità servizievole verso i fratelli, come a dire che le due “cose” sono inscindibili e che non vi può essere l'una senza l'altra per la testimonianza di una fede adulta, sostanziosa e concreta.

Ma quel che impressiona maggiormente nel brano di Vangelo narrato da Giovanni è l'insieme dei comportamenti e dei detti di Gesù nel corso di quella strana cena di quel giovedì sera, comportamenti spiazzanti e messaggi a dir poco conturbanti.

Si potrebbe esclamare sconvolti: “Questo è il colmo, Gesù!”. Non è proprio di buon gusto, infatti, nel bel mezzo di una cena mettersi a lavare i piedi e fare discorsi di tradimenti e di morte.

Ma c'è un dettaglio a giustificazione di tale comportamento di Gesù fuori da ogni regola e quel dettaglio sta in un verbo coniugato al gerundio che fa da fondamento a tutto, sta nel verbo “sapendo”, ribadito due volte: “Sapendo Gesù che era venuta la sua ora...” (...) “Sapendo che il Padre aveva messo tutto nelle sue mani e che da Dio era uscito e a Dio ritornava...”.

Quel “sapendo” contiene tutto il contenuto della sua fede adulta, incrollabile, concreta nel Padre.

Quel “sapendo” è la viscerale consapevolezza di avere comunque l'appoggio, il sostegno, la solidarietà, la spirituale complicità del Padre, vada come vada.

Questa assoluta certezza che il Padre stava, come sempre, dalla sua parte può trasformarsi in un insegnamento per noi ipocredenti pieni di paure e afflitti da patologie spirituali di ogni sorta.

Un insegnamento a come non demordere mai, a come non tirare i remi in barca, a come non farci bloccare nel tunnel delle angosce del vivere, a come disinteressarsi di Satana passando accanto al mercatino delle sue lusinghe con indifferenza, a come tirare avanti nel servizio d'amore ai fratelli noncuranti di critiche, sospetti, delusioni, smacchi e risultati che non si vedono, a come tirare dritto pur “sapendo” che siamo servi “inutili e che non tutto, al momento, filerà liscio, anzi.

Ma soprattutto, un insegnamento ad essere certi, saldamente certi e sicuri, che alla fine tutto avrà la sua gioiosa conclusione nelle braccia sempre aperte del Padre.

Di quel Padre che ha fatto dire a San Giovanni XXIII questa rasserenante esclamazione: “Dio sa che esisto e questo mi basta”.

 

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