TESTO Convertire il cuore secondo il Cuore di Dio
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
III Domenica di Quaresima (Anno C) (23/03/2025)
Vangelo: Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Le prime due domeniche di Quaresima presentano per ogni anno liturgico i medesimi argomenti: le tentazioni (che ci dicono ciò da cui ci dobbiamo guardare in questo tempo di preparazione alla Pasqua) e la trasfigurazione (ciò a cui dobbiamo guardare, proprio in prospettiva della Pasqua, di cui l'apparizione gloriosa sul monte Tabor è l'anticipo).
Dopodiché, vengono le tre domeniche che precedono la Settimana Santa, le quali, per ogni ciclo liturgico, presentano tematiche e vangeli differenti. In questo ciclo dell'Anno Liturgico C, vengono proposti alla nostra attenzione tre brani di Vangelo tra loro molto diversi ma con un tema in comune: la necessità di guardarci dentro, di farci un esame di coscienza su come stiamo vivendo la nostra vita di cristiani, e di conseguenza di cambiare rotta, laddove ci accorgiamo che sia necessario farlo... praticamente, sempre! È ciò che, in termini di vita di fede, si chiama “conversione”.
La quarta e la quinta domenica di Quaresima ce lo mostreranno attraverso rispettivamente una parabola (quella del Padre misericordioso, o del figlio prodigo) e un fatto-misfatto di vita ordinaria (quello della donna adultera scoperta “in flagrante”) accaduto a Gesù nel corso della sua predicazione. È interessante notare come il Vangelo di questa terza domenica introduca il tema della conversione attraverso l'anticipazione di entrambe le cose, ovvero il racconto di due fatti di cronaca (una strage dell'esercito romano in Galilea e il tragico crollo di un edificio a Gerusalemme), e l'interpretazione di questi fatti da parte di Gesù attraverso una parabola, quella del contadino che si prende cura di un fico che non dà frutti. Se poi andiamo in profondità nella lettura di questi tre brani di Vangelo, scopriremo che la conversione ha un elemento comune, una costante, ovvero la necessità di cambiare il nostro modo di vedere e di pensare Dio, che non può essere visto come un giudice castigatore e vendicatore del male commesso, ma come un Padre misericordioso, paziente verso chi fa fatica a vivere con onestà e rettitudine nella via della salvezza.
E proprio l'accento posto sulla pazienza divina costituisce lo specifico del brano di Vangelo di questa domenica. Gesù, come abbiamo detto, parte da due fatti di cronaca, entrambi drammatici: e sfrutta l'emotività del momento per far presa su chi lo ascolta e fargli comprendere il suo insegnamento. La credenza comune tra i Giudei di quel tempo (ancora molto diffusa pure tra di noi, al giorno d'oggi) era che certe disgrazie non avvenivano “a caso”, per fatalità, ma che rispondessero a una sorta di punizione o di castigo divino come conseguenza di colpe personali o collettive commesse dall'umanità o dai singoli (vedi Giobbe...) nei confronti di Dio, il quale, esasperato, mette in guarda gli uomini per mezzo di queste calamità. È come quando, di fronte a un susseguirsi immediato di calamità naturali o di eventi bellici che ultimamente stanno colpendo con troppa frequenza varie parti del mondo, si sente gente che dice: “Ecco, sta arrivando la fine del mondo perché siamo diventati tutti troppo cattivi!”.
Gesù da una parte vuole sfatare il pregiudizio che lega le sventure terrene a un castigo divino causato da colpe personali o collettive; ma dall'altra parte vuole pure ricordarci che la vera disgrazia è quella di un'umanità insensibile ai segni dei tempi, incapace di interrogarsi nel profondo rispetto a ciò che accade, e soprattutto poco propensa alla conversione. I fatti della vita, soprattutto quelli drammatici, sono un ammonimento che ci ricorda la necessità di non sprecare l'esistenza in cose banali ed effimere, e di concentrare la nostra attenzione sulle cose che valgono e che contano veramente: e per fare questo, è necessaria una profonda conversione del cuore, un cambiamento radicale. Altrimenti, la nostra vita è insulsa, insensata, inutile, sterile come il fico della parabola, che a null'altro serve che a essere tagliato e a farci un poco di legna da bruciare.
Ma a questo punto della narrazione del Vangelo, avviene un'altra cosa interessante. Gesù ci parla della necessità continua di una conversione che ci riporti a lui per dare un senso alla nostra vita, che altrimenti servirebbe davvero a poco; per cui, di fronte a un atteggiamento di sterilità spirituale da parte dell'uomo, l'intenzione del padrone della parabola, che incarna bene l'idea di un Dio giudice e vendicatore, sarebbe quella di eliminare alla radice il problema. Via le mele marce dal cestino, e salviamo l'umanità creando il gruppo degli eletti!
In realtà, Dio non è - come spesso vorremmo che fosse - un padrone drastico che elimina il male alla radice purché il bene trionfi. Il Dio di Gesù Cristo, e in particolare quello del Vangelo di Luca, è molto più simile al servo, che concorda con il suo padrone sul fatto che il problema del male vada risolto alla radice (non esclude, infatti, che il fico possa essere tagliato), ma ciò potrà avvenire solo dopo un paziente lavoro di attesa, di ricupero del peccatore perduto, di accoglienza nei confronti di chi si allontana, di sostegno ed esortazione a chi è colpevole e, al tempo stesso, vittima del male... come fa il Padre misericordioso che attende da lontano il ritorno del figlio prodigo, o come Gesù che si china verso la donna peccatrice, le fa comprendere che si trova anche lei nella stessa barca dell'errore come tutti gli altri, ma non per questo deve sentirsi giudicata e condannata, bensì amata ed esortata a cambiare vita.
Che fatica, rialzarsi da una situazione di annullamento, da una vita di peccato o da un'esistenza sterile e all'apparenza inutile: ma che bello sapere che, nel momento in cui qualcuno ci chiama alla conversione, a un cambio radicale, a un'inversione di rotta, questo “Qualcuno” ha il volto misericordioso di Dio, il Dio liberatore dell'Esodo che, come roveto ardente, si accende di passione per l'umanità, e soprattutto quel Dio dal cuore umano che Gesù ci ha rivelato!