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TESTO Misericordia, non illazioni e pregiudizi

padre Gian Franco Scarpitta   Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense

III Domenica di Quaresima (Anno C) (23/03/2025)

Vangelo: Lc 13,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Il percorso della conversione è insidioso e costellato da continue difficoltà che però non devono scoraggiarci, perché nell'avversità Dio ci fa pregustare il seme della vittoria, come si evinceva la scorsa Domenica. La croce, che il cammino quaresimale comporta, è destinata a tramutarsi in un epilogo di gloria ed essa stessa reca il preambolo della gloria medesima.

Continuando il nostro percorso, nel brano evangelico di oggi Dio ci rassicura e ci sostiene perché la sua nei nostri confronti è incomparabile e assai aliena alla premura spasmodica con cui noi tendiamo ad ottenere tutto, subito e senza il minimo impegno. La misericordia di Dio è pazienza nonché gratuità; Dio non ha limiti di tempo, sa attendere fiducioso che l'uomo cambi e si converta, fino ad adottare ciò che noi riteniamo illogico e inverosimile.

Di pazienza e misericordia straordinarie di Dio si parla nella seconda parte di questo brano, che a mio giudizio va considerata come argomento primario. Il ricorso alla parabola è molto chiaro e lineare: un albero di fichi, che nella stagione primaverile ed estiva dovrebbe recare per sua natura frutti copiosi e appetibili esso stesso spontaneamente, sta occupando inutilmente il terreno di un agricoltore. Non produce frutto alcuno. Il padrone del campo espiantare quell'albero e impiegare quella parte di terreno insfruttata immettendovi nuove piantagioni oppure ortaggi o altre colture che gli sarebbero anche redditizie. Il bracciante agricolo però intercede per la salvezza di quella pianta di fico, sebbene risulti proprio inane e melense. Chiede al padrone di dargli la possibilità di vangarla, zapparvi attorno, concimarla, trattarla insomma con tutti gli accorgimenti di agronomia che si addicono alle piante che già fruttificano, nella speranza certa che i frutti possano arrivare. Dal punto di vista umano e naturale è impossibile e assurdo che una simile situazione possa vertere in senso positivo, ma a Dio nulla è impossibile che piante, alberi, rovi, si siano resi prodigiosi per un suo intervento speciale miracoloso ce lo racconta anche la vita di numerosi santi oltre che la Bibbia. La metafora tuttavia rievoca episodi di bontà e di misericordia usati da Dio nei confronti del popolo ribelle e ostinato, come ad esempio quando, in assenza della sua guida, Mosè, esso si pervertì alle falde del monte Sinai fabbricandosi un vitello di metallo fuso e idolatrandolo come se fosse il vero Dio liberatore. In quella circostanza Dio avrebbe voluto annientare il popolo così infedele, ma accoglie benigno l'intercessione di Mosè che ottiene il perdono agli Israeliti (Es 32). Oppure quando Abramo intercede per Sodoma, che Dio intendeva sopprimere a motivo del suo peccato (Gen 18) riuscendo nel suo intento di mediazione.

Il vignaiolo che adesso chiede al padrone di risparmiare il fico sterile possiamo identificarlo con Gesù Cristo, unico mediatore fra Dio e l'uomo (1Tm 2, 5) venuto a salvare chi si era perduto. La sua intercessione non si limiterà però ad ottenere il perdono delle nostre opere infruttuose, cioè dei nostri peccati: sarà lui stessi ad espiare le nostre colpe sul legno della croce e ci metterà così in condizione di recare frutto. In Cristo Dio dimostra non soltanto di avere pazienza e di saper attendere ma anche di sacrificare se stesso affinché noi ci salviamo; di immolarsi e umiliarsi fino allo stremo affinché optiamo per la conversione e per il cambiamento.

Ecco la ragione per cui Dio non soddisfa le nostre attese di vendetta e di giustizia sommaria nei confronti dei reprobi, dei delinquenti e dei feroci assassini: non perché voglia lesinare sulla giustizia e non tener conto delle lacrime degli innocenti; non perché usi indifferenza verso coloro che rivendicano i loro diritti e che chiedono giustizia ed equità. Del resto anch'egli si mostra vittima innocente, impassibile e indifeso al momento dell'arresto, del processo e della croce. Semplicemente la giustizia divina non può non conciliarsi con la misericordia. Se occorre ascoltare il grido degli oppressi, delle vittime e degli sfruttati, occorre anche mettere in condizioni chi sbaglia di convertirsi e di cambiare vita. Dio farà senz'altro giustizia, ma ben lungi dalla vendetta e dalla ritorsione. Piuttosto il giudizio dev'essere accompagnato dalla misericordia. Così dice Pietro: “Davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi”(2Pt 3, 8 - 9).

Convertirsi è comunque possibile e necessario per guadagnare la vita. Del resto anche Einstein diceva che “il problema dell'uomo non sta nella bomba atomica che possa esplodere, ma nel cuore dell'uomo.” E aggiungeva che l'uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo inventerebbe mai la trappola per topi.”

Alla base del cambiamento della società e dei costumi e in vista della soluzione dei problemi, che ci si creda o no occorre accogliere l'appello di Dio alla conversione a sé. Dio coltiva il suo terreno specialmente nel suo Figlio Gesù, che provvede a dissodare il nostro terreno perché non siamo fichi sterili, ma occorre che aderiamo a tale progetto, che accettiamo con spirito partecipativo e collaborativo l'opera di redenzione e di salvezza che Dio ha impostato e che vi aderiamo con una seria trasformazione, un cambiamento radicale che deve riguardare non solo gli altri, ma noi per primi. Non sindacare gli errori degli altri e le loro possibili punizioni divine, ma analizzare noi stessi, i nostri limiti, le nostre manchevolezze e provvedervi adeguatamente alla luce dell'amore e della predetta misericordia divina sulla quale occorre sempre confidare evitando al contempo però inani protervie e presunzioni. E questo afferma Gesù: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”. All'epoca di Gesù persisteva una convinzione diffusa per la quale tutti coloro che venivano raggiunti da una sciagura o da un dolore o da un fatto terrificante ciò era dovuto al fatto che avessero delle colpe contro Dio da scontare. Qualora non fossero gli stessi colpevoli a pagare codesti peccati, questi gravavano sui figli o sulle future generazioni.

Gesù coglie l'occasione per sfatare questo mito e lo fa commentando due terrificanti fatti di cronaca che si erano verificati in quel periodo: forse a seguito di una rivoluzione contro Roma, alcuni Giudei erano stati fatti massacrare nel tempio di Gerusalemme da Pilato mentre offrivano sacrifici di vittime animali. Inoltre, la caduta rovinosa di una torre aveva provocato la morte di diciotto persone. Nell'uno e nell'altro caso, quali peccati avevano commesso le vittime di così truculente stragi? Oppure chi aveva peccato, loro o qualcuno dei loro progenitori?

Nessuna dei quelle persone deperite era più manchevole di tutti gli altri. Anzi chissà che qualcuno di noi non abbia commesso errori e manchevolezze anche più gravi rispetto a quegli sventurati che con pregiudizio si etichettavano socialmente peccatori, come del resto nel famoso caso della donna adultera: chi non ha peccato, scagli per primo la pietra contro di lei (Gv 8, 7).

Guardare con pregiudizio agli errori degli altri può distoglierci dall'analisi obiettiva di noi stessi e può impedire così la vera conversione.

 

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