TESTO Commento su Giovanni 20,1-9
Missionari della Via Missionari della Via - Veritas in Caritate
Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (20/04/2025)
Vangelo: Gv 20,1-9

1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Pietro è superato sia da Maria sia da Giovanni ma nessuno gli toglie il primato dato da Gesù. Tutti vanno verso Pietro: Maria per avvisarlo, Giovanni per farlo entrare per primo. L'autorità, la maturità, la saggezza sono fondamentali, così come la passione, lo zelo, l'impazienza dell'innamorato. La Chiesa è il luogo in cui nessuno basta a se stesso, nel quale non solo c'è posto per tutti ma tutti hanno posto e importanza. Qualsiasi altro tipo di andamento o di visione della Chiesa la farebbe cadere in estremismi, in uno snaturamento. La Chiesa è di per sé universale e fonte di diversità! Nell'istituzione, perciò, la necessità della gerarchia, fondamentale per la missione e il servizio della Chiesa, non annulla una dignità uguale fra i membri. Si tratta, infatti, di una dignità costituzionale che si fonda sul battesimo che ci rende tutti figli, dotati di un sacerdozio, di una regalità e una profezia comune.
La Chiesa in passato è stata definita una società ineguale dove vigeva il verticismo; con il Concilio Vaticano II, si è ripresa la bellissima immagine di Chiesa come popolo di Dio che papa Francesco spiega così: «Gesù, per la sua Chiesa, non ha adottato nessuno degli schemi politici del suo tempo: né farisei, né sadducei, né esseni, né zeloti. Nessuna “corporazione chiusa”; semplicemente riprende la tradizione di Israele: “Tu sarai il mio popolo e io sarò il tuo Dio» (papa Francesco, Congregazione generale della XVI Assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi, 25 ottobre 2023). Anche nel Diritto Canonico sta scritto: «Tra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell'agire, e per tale uguaglianza tutti cooperano all'edificazione del Corpo di Cristo, secondo la condizione e i cómpiti propri di ciascuno» (can 208). Avere la stessa dignità significa riconoscerci tutti come figli di Dio, figli di re, diversi ma con pari dignità. Ancora di più dovremmo ricordare che in cielo ci presenteremo come figli e non saremo giudicati in base ai titoli o alle gerarchie ma in base all'amore che avremo vissuto. È proprio avere consapevolezza del battesimo che dispiega il senso di ogni ministerialità, di ogni servizio, della gerarchia stessa. Alla luce della grazia del battesimo comune alcuni discorsi sarebbero banali, come quelli sul servizio femminile. Si dovrebbero infatti recuperare i fondamenti evangelici anche in questo. Pensiamo a Maria che arriva prima al sepolcro che può rappresentare questa presenza femminile missionaria che va valorizzata. Così come recuperare la velocità di Giovanni che può rappresentare i carismi che intercettano Dio nella storia. La bellezza della Chiesa, alla luce dell'insegnamento e della prassi di Gesù, possiamo vederla in questo Vangelo del giorno: Maria come donna è protagonista dell'annuncio, Giovanni arriva prima guidato dallo Spirito, Pietro custodisce, accoglie e viene riconosciuto nella sua paternità. Non dobbiamo perciò avere paura delle diversità, dobbiamo tutti poter dire: io sono figlio di Dio, nella mia unicità, nel mio servizio, Dio mi ha a cuore come ha a cuore i miei fratelli e le mie sorelle; è dall'amore e dal rispetto che ci riconosceranno. Perciò non si è “più Chiesa” perché si hanno dei carismi particolari o perché si arriva primi, non si è Chiesa se si fa a meno della gerarchia, così come non si è Chiesa pensando che il servizio istituito designi una superiorità nella dignità (cf CCC 872). Stiamo attenti a tutto ciò che trasforma la Chiesa in qualcosa che Gesù non ha vissuto e voluto. Perciò impariamo ad avere anche un linguaggio evangelico; il problema non dovrebbe essere se le donne devono o possono “comandare”, facendo persistere l'idea che chi è più in alto ha il privilegio del comando. Quando Gesù ha detto che nella Chiesa si comanda? O forse ci ha parlato con chiarezza del fatto che l'unico primato è quello del servizio? La Chiesa è il luogo dell'abbraccio universale di Dio all'umanità, a tutti i suoi figli, è il luogo in cui devono coesistere delle diversità, è il luogo in cui si dovrebbe sperimentare prima di tutto il linguaggio di Dio, la sua Presenza viva ed efficace.