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TESTO Commento su Giovanni 13,21-33.36-38

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Martedì della Settimana Santa (15/04/2025)

Vangelo: Gv 13,21-33.36-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

«Uno di voi mi tradirà»; «prima che il gallo canti tre volte...». Queste sono le parole con cui Gesù annuncia i tradimenti più emblematici, parole rivolte a traditori, a chi rinnega il suo amore. Capita che per compromessi umani o per debolezza anche noi siamo disposti a rinnegare il Signore, non schierandoci dalla parte del bene. Sì, perché il bene va indicato chiaramente, non possiamo solo predicarlo: ci mette in gioco, ci ferisce, a volte ci espone al dolore, a pagare in prima persona. Partendo da ciò, dovremmo guardare al nostro cuore e sentirci capaci di tradire profondamente il Signore. Noi ci descriviamo sempre come buoni e bravi; invece, quante volte siamo pronti a voltare le spalle quando ci sentiamo chiamati ad agire, chiamati in causa. Quante povertà ci passano vicino e non le vediamo, quante volte quando gli amici deridono chi è credente preferiamo stare zitti, quante volte cambiamo strada pur di non incontrare quel nemico da perdonare. Lo facciamo spesso perché stare dalla parte di Dio costa tanto dal punto di vista umano, ci richiede una radicale coerenza. Dovremmo esaminarci ogni volta che qualcuno ci espone un suo problema e noi non lo prediamo a cuore sul serio, ogni volta che possiamo fare del bene ma abbiamo fretta, ogni volta che tentiamo di nasconderci dinanzi alle responsabilità, ogni volta che i nostri calcoli opportunistici valgono più del bene comune o del bene della persona che abbiamo davanti. Gesù è stato tradito prima di tutto dal silenzio, dall'ipocrisia di chi gli dava un bacio, dalle parole di chi ha detto quando l'ha visto nei guai: “io non ti conosco”. Possiamo essere noi questi pusillanimi, quei meschini che non si vogliono scomodare per il bene altrui, soprattutto quando temono di perdere qualcosa. I poveri, infatti, quelli dietro i quali si nasconde la presenza di Gesù, portano problemi, ti creano grattacapi; difendere chi è oppresso significa prendersi sulle spalle la sua stessa oppressione. Quando c'è da pagare personalmente per fare il bene, il rischio è quello di fuggire, entrare in confusione, dimenticare l'amore, non purificare i pensieri, rinnegare la realtà, pensare alla sopravvivenza personale, mancare di giudizio.

«La preparazione (al male) è giunta a buon punto quando gli individui hanno perso il contatto con i loro simili e con la realtà che li circonda; perché insieme con questo contatto, gli individui perdono la capacità di esperienza e di pensiero» (Hannah Arendt).

 

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