TESTO Commento su Giovanni 5,31-47
Missionari della Via Missionari della Via - Veritas in Caritate
Giovedì della IV settimana di Quaresima (03/04/2025)
Vangelo: Gv 5,31-47
Il Signore ci pone davanti a un'evidenza: se conosciamo le cose di Dio ci accorgiamo prontamente di quando Egli agisce e opera. Una religiosità che ammanta di sacralità l'umano ma non è nutrita dalla presenza di Gesù, è soltanto esteriore e porta a non riconoscere le cose di Dio. Si invera così una contraddizione: dirsi cristiani ma non somigliare a Gesù. Rimanere nel Signore è il contrario di utilizzare la fede per sentirci possessori del divino da dispensare agli altri. Perciò Gesù usa parole forti: «come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall'unico Dio?». Sì, chi utilizza la fede per cercare la gloria, usa Dio per un proprio tornaconto. Possiamo essere noi quelli che vivono una fede così, esteriore, una fede del solo ricevere per sentirsi riconosciuti e importanti, i migliori della famiglia, gente onesta per il proprio paese: “quelli che vanno in chiesa!”.
«Non vi ricordate di quella mezza pagina di Vangelo? «Simone, mi ami tu?». Affermare una presenza è un amore. Osservare delle leggi è una routine, un'abitudine, una convenienza, qualcosa «a Dio spiacente ed ai nemici sui» che non vale granché, che non vale niente, che non impone molto da scegliere. È la differenza tra il moralismo e la rivoluzione morale cristiana, che nasce dall'incontro con una presenza da cui scaturisce un amore che, lasciandoti tale e quale, con tutti i tuoi sbagli, con tutti i tuoi errori, ti cambia. La rivoluzione morale cristiana, che è un cammino teso a realizzare un destino, spinto e attratto da un amore, si differenzia dal moralismo, che è un insieme di leggi, di norme applicate, un buon ordine applicato. La questione è grossissima, amico mio. Se tutto parte dal riconoscimento di una presenza, nasce da un amore. Se parte, invece, non dal riconoscimento nudo e crudo di una presenza, ma anche da qualche altra cosa, è moralismo. Non è più amore, ma è un'abitudine, una soggezione, un tornaconto» (don Luigi Giussani).