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TESTO Commento su Giovanni 5,1-3.5-16

Missionari della Via   Missionari della Via - Veritas in Caritate

Martedì della IV settimana di Quaresima (01/04/2025)

Vangelo: Gv 5,1-3.5-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Non è forse scontato che un uomo malato da trentotto anni desideri guarire? Perché allora fare una domanda che sembra ovvia? Gesù ci insegna l'arte del saper chiedere, lasciando all'altro lo spazio di riflettere su se stesso, sui suoi bisogni, su ciò che veramente gli è caro. Le domande di Gesù avevano proprio la qualità di far emergere la fiducia in sé stessi, far sentire l'uomo capace di Dio, veramente libero e responsabile. Perciò, la domanda posta al paralitico era indispensabile per spingerlo a guardarsi dentro, per fare verità. Dobbiamo riflettere sul fatto che l'annuncio di Gesù, che spesso è presentato come la risposta a tutto, ha in realtà una natura dialogica: Gesù più che rispondere, domanda. A noi talvolta piace essere riconosciuti come maestribenefattori ai quali gli altri devono rendere grazie, quelli che sanno tutto e sono portatori di saggezza, quelli che dispensano risposte. Gesù, invece, fa all'uomo il dono di poter essere se stesso, di sapersi libero e amato. In questa cornice dialogica, cogliamo due punti sui quali lavorare oggi. Gesù ci insegna che il bene dell'uomo è prioritario rispetto al sabato, sottolineando che l'Amore viene prima di ogni cosa. Quando il paralitico fu guarito, alcuni gli ricordarono che: “di sabato non è lecito guarire!”, poiché secondo la legge, il sabato (come la nostra domenica) è un giorno di riposo dedicato alla preghiera, alla famiglia e a Dio. Era come se dicessero: “com'è possibile pensare di tornare a camminare proprio di sabato?”. Le regole avevano ormai preso il sopravvento sull'amore, tant'è che invece di gioire per il miracolo ricevuto dall'uomo si pensava a quanto fosse corretto guarire in quel giorno. Facciamo attenzione, fratelli e sorelle, a non cadere negli estremismi. Questo brano del Vangelo non è così lontano da noi come potrebbe sembrare. A volte, le regole e le nostre certezze possono portarci a costruire barriere e persino un cameratismo escludente, che finisce per privare gli altri della loro dignità. Non accade forse nelle famiglie di trovarsi di fronte a persone che vengono considerate non in grado di gestire, parlare, giudicare, con il risultato che gli altri assumono un atteggiamento da maestri, rischiando di ferirne la dignità? Non facciamo così quando riteniamo qualcuno privo di esperienza o capacità? Quante volte nelle nostre case si zittisce un familiare solo perché il suo modo di pensare è diverso dal nostro e mette in discussione le nostre certezze? E nelle nostre comunità cristiane, non risuona forse quel famoso detto, “abbiamo sempre fatto così!”, che ci rinchiude nel conformismo? Cari fratelli e sorelle, non dobbiamo avere paura davanti alle nostre paralisi, riconoscerle ci fa risorgere. Il secondo punto su cui vogliamo riflettere oggi riguarda il paralitico, simbolo non solo di una condizione fisica deficitaria ma anche di una profonda esclusione sociale. Quest'uomo, abituato a pensarsi solo, era convinto che gli fosse negato l'aiuto: altri, più rapidi di lui, si immergevano nella piscina prima, togliendogli ogni opportunità di guarigione. La sua unica scelta sembrava essere la rassegnazione. Ma il Signore interviene per aprire nuove prospettive di speranza. Egli ci invita, come ha fatto con il paralitico, a uscire dalla chiusura in noi stessi e dalla visione disfattista della realtà. Ci chiama a reagire alle strutture di peccato che ci opprimono e ci privano della dignità, invitandoci a un nuovo modo di rapportarci al mondo. Qualunque sia la nostra “paralisi”, non siamo soli né destinati a rimanere vittime. Possiamo alzare lo sguardo, perché il regno dei cieli può vivere in mezzo a noi. Gesù, con la Sua presenza viva ed efficace, ci chiede: «Vuoi guarire?». Sta a noi accogliere questa chiamata, rimanere saldi nella preghiera per liberarci da ciò che ci tiene immobili, che spesso non è una barriera fisica ma un impedimento, un'incapacità, una paralisi interiore che ci priva della speranza.

«È bello, Gesù sempre dice questo a noi: Vuoi guarire? Vuoi essere felice? Vuoi migliorare la tua vita? Vuoi essere pieno dello Spirito Santo? Vuoi guarire?' [...] Credere in Gesù è prendere la vita così com'è e andare avanti con gioia, senza lamentele, senza lasciarsi paralizzare dal brutto peccato dell'accidia. Oggi il Signore a ognuno di noi dice: ‘Alzati, prendi la tua vita come sia, bella, brutta come sia, prendila e vai avanti. Non avere paura, vai avanti con la tua barella' - ‘Ma Signore, non è l'ultimo modello...'. Ma vai avanti! Con quella barella brutta, forse, ma vai avanti! È la tua vita, è la tua gioia. ‘Vuoi guarire?', prima domanda che oggi ci fa il Signore? ‘Sì, Signore' - ‘Alzati'. E nell'antifona all'inizio della Messa c'era quell'inizio tanto bello: ‘Voi che avete sete venite alle acque - sono acque gratis, non a pagamento - Voi dissetatevi con gioia'. E se noi diciamo al Signore ‘Sì, voglio guarire. Sì, Signore, aiutami che voglio alzarmi', sapremo com'è la gioia della salvezza» (papa Francesco).

 

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