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TESTO Per ogni luce, la sua ombra; per ogni ombra, la sua Voce.

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

II Domenica di Quaresima (Anno C) (16/03/2025)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,28-36

28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Tra le molte ricchezze della nostra meravigliosa terra italiana, e di tutta l'Europa, ce ne sono alcune che non perderanno mai il loro fascino e il loro peso, neppure se dovessero essere colpite dai peggiori dazi imposti dai più disparati tiranni dell'economia mondiale, perché la loro eccellenza e la loro ricchezza non vengono minimamente intaccate dalla logica del denaro. Mi riferisco a quei luoghi di antica tradizione storica, religiosa e culturale che a ragione possiamo definire “oasi dello Spirito”: quei luoghi, cioè, dove si sperimenta un'energia particolare, una presenza forte dello Spirito, un misticismo intenso dovuto soprattutto alla presenza di grandi figure spirituali, di santi e sante della contemplazione. È sufficiente pensare ai luoghi che girano intorno alla figura di Francesco e Chiara d'Assisi, o di Benedetto da Norcia, solo per citare tre santi di quella regione, l'Umbria, dove il misticismo è tangibile in ogni pietra e in ogni vallata... Sono luoghi che t'immergono in una dimensione pacifica e piacevole dalla quale non vorresti andartene più. Ti verrebbe voglia di piantare una tenda e fermarti lì, a contemplare, il più possibile, le dolcezze della vita spirituale, patrimonio di un'umanità che davvero non ha prezzo.

Immaginatevi cosa avrebbe fatto Pietro, se invece di trovarsi sull'arido Monte Tabor si fosse trovato nel bosco del “crudo sasso intra Tevero e Arno”, La Verna, dove Francesco, per dirla sempre con Dante, “da Cristo prese l'ultimo sigillo”. Altro che tre tende: avrebbe costruito un albergo con tutte le comodità, pur di non andarsene più via da quell'istante di contemplazione! E dire che... non è che fossero partiti con l'intenzione di fare chissà quale esperienza spirituale: lui e i suoi due compagni avranno pensato a un momento come tanti altri, a uno di quegli spazi di solitudine e preghiera che il Maestro era solito ritagliarsi. Infatti, il loro misticismo si trasforma quasi subito in una profonda dormita... Ma alla fine, il fulgore e lo splendore dell'esperienza di fede che stanno per vivere prende il sopravvento anche sul loro sonno, e riescono così a vedere il Maestro in tutta la sua gloria.

La vita di fede ti riserva anche questi momenti di gioia e di entusiasmo, momenti che scaldano il cuore, momenti in cui tutto ti appare chiarissimo, per cui ascolti e segui volentieri il Maestro anche se lui parla in maniera esplicita del suo “esodo che stava per compiersi a Gerusalemme”, ovvero della sua morte: non importa, è tutto bellissimo e tutto chiaro! Anche se costa, abbiamo l'entusiasmo di seguire Gesù! Per cui, chi ha più voglia di tornare a casa? Là è tutto così piatto, così amorfo, così statico, così oscuro, soprattutto in quei luoghi, come la tua chiesa, dove vorresti provare e vedere quella stessa luce...

L'evangelista Luca, però, ci riporta rapidamente a un sano realismo, e puntualizza che Pietro, preso dall'entusiasmo di voler fare tre tende, “non sapeva quello che diceva”. Sì, perché non dobbiamo dimenticare che dove c'è una luce, poi, subito intorno, c'è ombra; dove c'è sole sfolgorante, poi, soprattutto in montagna, arrivano presto le nubi dense... Ci sono volte in cui ci entusiasmiamo talmente delle cose di Dio da dimenticarci che il credere è tutta un'altra cosa, e che la fatica di essere credenti, osservanti, praticanti, giusti, onesti, riconciliati con Dio e con i fratelli, è una lotta quotidiana che logora e nasconde quella luce che abbiamo sperimentato. E infatti, la luce che avevamo sperimentato in quei luoghi e in quei momenti, è già scomparsa per lasciare posto a una nube che ci avvolge con la sua ombra, entrando nella quale proviamo subito paura. Non facciamo in tempo a provare una gioia e una consolazione che subito arriva il buio, l'angoscia, la paura, la disperazione, lo smarrimento: forse è proprio il segno che dobbiamo restare sempre con i piedi ben piantati per terra; forse è il modo che Dio ha per farci comprendere che lui va seguito e amato sempre, non solo nei momenti di entusiasmo. Anche perché, quando nella nostra vita tutto splende e risplende, della sua voce nemmeno ci accorgiamo, forse perché ci basta la sua visione. Mentre invece, appena entriamo nello smarrimento e nella disperazione della nube, ci accorgiamo della sua voce forte, rassicurante: “Questi è il Figlio mio, l'eletto: ascoltatelo”.

Perché accorgerci di Dio solamente nei momenti di buio? Non è bene metterci in ascolto della sua parola quando anche tutto quanto è chiaro e splendente? In realtà, è tutto chiaro anche quando entriamo nelle nubi della vita: solo che non lo vediamo, perché siamo ancora in viaggio, e il cammino va affrontato in qualsiasi luogo e in qualsiasi situazione, mantenendo occhi e orecchi ben attenti. Anzi, la nube è la prova evidente che la vita, fatta di facili entusiasmi, esige che manteniamo gli occhi ben aperti, per evitare di andare a sbattere contro qualcosa.

Chi vive in Pianura Padana, ma spesso anche chi abita in montagna, sa bene cosa significhi orientarsi con la nebbia, soprattutto quando scende improvvisa, in banchi, e stai guidando senza punti di riferimento; ma altrettanto bene sappiamo che la nebbia è una nube “a misura d'uomo”, una nube del suolo, terrena. Se qui in terra scende la nebbia, il cielo, sopra, è sereno, senza nuvole: anzi, in pianura la nebbia c'è quando c'è il sole, quando c'è sereno e limpido, così come le nostre angosce e le nostre fatiche nella vita di fede ci sono perché sono il cono d'ombra di una luce che sopra di noi continua a esserci, più forte che mai, anche se fatichiamo a vederla.

Che bello, se tutta la nostra fede fosse un mattino di Pasqua, limpido e sereno, splendente come la Trasfigurazione, che della Pasqua è proprio l'anticipo: invece, sappiamo bene che la tomba lasciata vuota dal Risorto, è sempre e comunque a due passi dal Calvario, da quel Venerdì Santo di nubi e di tenebre che non ci abbandona mai.

Abbiamo perlomeno una certezza: che la nebbia ci avvolge perché sopra di noi c'è il sole, e che la croce piantata sul Calvario ad aspettarci è solamente una tappa, un momento del viaggio. Se abbiamo la costanza di salire fino in cima, fino alla croce, in mezzo al buio delle nubi, riusciremo a sentire una Voce che ci guiderà, facendoci scendere dall'altro lato della montagna, dove troveremo una tomba lasciata finalmente vuota.

 

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