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TESTO Positivi al virus dell'Amore

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (23/02/2025)

Vangelo: Lc 6,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 27A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.

31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

In questi giorni, sentiamo i mezzi di comunicazione sociale fare memoria - giustamente, per certi aspetti - di quei momenti drammatici vissuti cinque anni fa con lo scoppio della pandemia. E tutti ci ricordiamo come, in quei giorni, a prescindere dai sintomi che avvertivamo nel nostro organismo, la preoccupazione principale era quella di risultare “negativi” rispetto all'infezione virale. Perché lo sappiamo bene (o comunque l'abbiamo imparato bene): risultare “positivi” a un test virale significa in realtà trovarsi in una situazione negativa di salute.

C'è tuttavia qualcosa di virale rispetto a cui risultare ed essere positivi non può che portare benefici, a noi e a tutti coloro che “contagiamo”. Ed è quel virus immesso nell'umanità oltre 2000 anni fa dalle parole di Gesù di Nazareth, che invitava a vivere positivamente quello che fino ad allora era stato vissuto in negativo.

Mi riferisco, per quanto riguarda la tradizione biblica, a quella che tutti gli antropologi e i moralisti definiscono “la regola d'oro” della morale e della pacifica convivenza tra gli uomini, e che nell'Antico Testamento troviamo riportata per la prima volta nel libro di Tobia: “Non fare agli altri quello che non vuoi venga fatto a te”. E come principio, non fa una piega: dal momento che nessuno di noi vuole che gli sia fatto del male, siamo invitati prima di tutto noi a non fare del male agli altri. E se tutti quanti, nel mondo, applicassimo questo minimo principio morale, stiamo pur certi che non ci sarebbero né guerre né alcun genere di conflitto.

Ma, a quanto pare, questo a Gesù non basta. Perché ognuno di noi abbia la possibilità di sviluppare gli anticorpi contro l'odio, è necessario che si faccia “contagiare” - e quindi risulti positivo - dal virus più potente e più piacevole che ci sia: il virus dell'amore. Come? Semplicemente “positivizzando” quella regola d'oro che l'Antico Testamento ci aveva presentato in negativo, ossia togliendo dalla sua formulazione i due “non”. Sappiamo tutti che non cambia niente, dal punto di vista della semantica o della sintassi: una doppia negazione equivale a una affermazione, per cui “non fare ciò che non vuoi” è lo stesso che dire “fai ciò che vuoi”. Ma dal punto di vista della nostre relazioni con gli altri, diventare positivi al virus dell'amore cambia completamente la prospettiva: perché “fate agli uomini ciò che volete che essi facciano a voi” può veramente trasformare la società.

“Non fare ciò che non vuoi sia fatto a te” è una bellissima cosa, ma ti mette comunque in guardia da tutto e da tutti, e soprattutto ti mette in testa che una volta che tu non dai fastidio agli altri, nemmeno gli altri lo faranno e quindi sei a posto: per cui, vivi e lascia vivere. Ma purtroppo non è così, perché qualcuno che fa del male agli altri, anche a quelli che non gli han fatto nulla, c'è sempre, c'è sempre stato e sempre ci sarà. E l'unico modo per sconfiggerlo non è certo quello di stare lì passivi ad aspettare che tutto il male che è capace di fare passi: occorre essere positivi, lasciarsi contagiare dal virus dell'amore, e iniziare a fare quei piccoli grandi passi che possono cambiare il mondo.

Allora, ai nostri nemici che ci odiano, rispondiamo con l'amore; a chi percuote la nostra vita con il male offriamo la guancia del bene; a chi ci strappa un vestito di dosso, regaliamogliene un altro; a chi ci chiede cinquanta, diamogli cento, e così via. A costo di risultare “fessi”, non abbiamo altro modo per cambiare questo mondo se non reagendo positivamente a chi ci butta addosso la propria negatività. Non è sufficiente, infatti, evitare di fare del male per sentirci a posto, come quando andiamo a confessarci dicendo “non faccio nulla di male agli altri”. Sarebbe come dire che il nostro orto è meraviglioso perché non ha nemmeno un'erba infestante, ma nel contempo ci rifiutiamo di seminare o di piantare buoni germogli. Perché ricordiamoci bene che uno dei peccati maggiori, e che confessiamo all'inizio di ogni Eucarestia insieme a “pensieri” (che il più delle volte sono inconsci), “parole” (che spesso sono causate dalla rabbia) e “opere” (che perlomeno ci dicono che non siamo stati con le mani in mano) sono proprio le “omissioni”, cioè quello che potevamo fare di bene agli altri e non abbiamo fatto; magari del bene fatto a chi ci faceva del male; magari del bene detto di coloro che, parlando di noi, parlavano male; magari del bene invocato nella preghiera per coloro che su di noi invocavano guai e maledizioni.

Un bell'intento, un ideale meraviglioso, non c'è che dire: ma come fare per realizzarlo? Nessuno di noi è perfetto, né tanto meno così santo da riuscire a vivere in questo mondo, rendendo positiva una società che vive di cose negative. Il segreto sta tutto nella frase centrale del Vangelo di oggi, che un'altra volta, come per la regola d'oro, viene a stravolgere il pensiero dell'Antico Testamento.

Se nel Libro del Levitico il cosiddetto “Codice di Santità”, ovvero l'insieme delle Leggi promulgate da Mosè che tendevano alla perfezione, iniziava con le parole “Siate santi come io, il Signore vostro Dio sono santo”, nel Vangelo di Luca (e soprattutto nel Vangelo di Luca) Gesù ci presenta un altro Codice, il Codice dell'Amore, che inizia con le parole ascoltate oggi: “Siate misericordiosi, come misericordioso è il Padre vostro”. Ed essere misericordiosi è tutt'altro che essere santi e perfetti: tant'è vero che essere santi significa essere come “il vostro Dio”, mentre essere misericordiosi significa essere “come il vostro Padre”.

Non mi stancherò mai di ripeterlo, e quest'anno Luca ci dà una mano: Dio non ci vuole santi e perfetti, Dio ci vuole misericordiosi, ovvero innamorati dell'amore con lo stesso amore viscerale con cui una madre ama il proprio figlio. E vivere da innamorati dell'amore è possibile anche senza aver fatto o ricevuto alcun regalo di San Valentino nel mese dedicato agli innamorati: è sufficiente lasciarsi contagiare, e risultare sempre positivi, ovvero inguaribilmente affetti dal virus dell'amore, che non se ne sta mai con le mani in mano per paura di non sbagliare.

Anche perché sbagliare per aver cercato di amare è uno sbaglio che auguro davvero a tutti di sperimentare...

 

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