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TESTO Non ignoriamo i regali

don Michele Cerutti

6a domenica dopo Epifania (anno C) (16/02/2025)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Mi rendo sempre più conto quando mi trovo a confessarmi o a confessare qualcuno come sia difficile accostarsi a questo sacramento partendo dai motivi di gratitudine nei confronti del Signore perché, come dice San Giovanni Crisostomo, Dio «ci fa molti regali, e la maggior parte noi li ignoriamo».

Quindi viviamo la Riconciliazione elencando i nostri peccati e richiudendoci solo in ciò che non va.

L'aridità spirituale è molte volte frutto di poca gratitudine, le grazie che il Signore concede ci scivolano addosso e non ci penetrano.

Sant'Agostino spiegava, «tutta la nostra vita presente deve trascorrere nella lode di Dio, perché in essa consisterà la gioia perpetua della vita futura; e nessuno può rendersi idoneo della vita futura se non si esercita ora in questa lode».

Il brano evangelico ci viene aiuto e rappresenta bene quello che capita anche in noi.
Protagonisti, oltre a Gesù, sono 10 lebbrosi.

Partiamo da ciò che afferma la tradizione giudaica nell'Antico Testamento sulla lebbra.

Nell'Antico Testamento, questa malattia era considerata una condizione di contaminazione che separava la persona dalla comunità e dal culto di Dio nel tempio. D'altra parte, il peccato ci allontana da Dio e mangia le nostre anime proprio come la lebbra mangia i nostri corpi. Nell'Antico Testamento, la lebbra era incurabile e la paura di diffondere la malattia portava all'esclusione dei lebbrosi dalla società. Le norme in Levitico 13 e 14 furono date agli israeliti per aiutarli a identificare e contenere la malattia.

Se una persona aveva un segno o un rigonfiamento sospetto sulla pelle, doveva essere portata dal sacerdote per essere esaminata. Se il sacerdote stabiliva che il segno era lebbroso, la persona veniva dichiarata impura e doveva vivere da sola fuori dalla sua comunità. (Lv 13,2-3).

Inoltre, il libro di Levitico 13,45-46 associa la malattia al peccato e all'impurità:

Coloro che venivano trovati affetti dalla malattia dovevano vestirsi con abiti strappati e annunciare la loro impurità agli altri, oltre a essere costretti a vivere fuori dalla comunità.

Questo perché le malattie della pelle erano spesso viste come una manifestazione fisica degli errori commessi durante la propria vita. Inoltre, nel Nuovo Testamento (Marco 1,40-42), quando l'uomo lebbroso andò da Gesù per implorare la guarigione, chiese di renderlo pulito se fosse stato secondo la sua volontà. Questo dimostra come la malattia anche a distanza di secoli fosse ancora associata al peccato.

Uno degli esempi più noti si trova nel libro dei Numeri, dove Miriam, la sorella di Mosè e Aronne, fu colpita dalla lebbra in seguito alla sua ribellione a Mosè e alla sua autorità di leader scelto da Dio... in Numeri 12 Miriam e Aronne si schierarono contro Mosè a causa del suo matrimonio con una donna Cushita. Dio chiamò tutti e tre i fratelli alla tenda di riunione e rimproverò Miriam e Aronne per la loro ribellione. Di conseguenza, Miriam fu colpita dalla lebbra e dovette rimanere separata dall'accampamento per sette giorni. Durante questo periodo, gli israeliti non proseguirono il loro viaggio finché non fu guarita.

Un'altra persona che è stata maledetta dalla lebbra è il re Ozia (2 Cronache 26,16-23). Il re Ozia si inorgoglì per la forza che stava acquisendo. A causa del suo orgoglio, si recò al tempio per bruciare l'incenso, un'attività sacra che doveva essere svolta solo dai sacerdoti. Quando fu avvertito di non farlo con i sacerdoti, si arrabbiò con loro e Dio lo colpì con la malattia lebbrosa.

Quindi i 10 lebbrosi vivevano molto probabilmente fuori dal centro abitato.

Tutti quanti hanno lo stile del ritenersi indegni dell'amore di Dio e quindi ci insegnano che a Gesù ci si accosta riconoscendosi bisognosi di misericordia certamente e con la fiducia incondizionata come hanno i malati che oggi si rivolgono a Lui.

Questo porta in loro la guarigione richiesta perché a salvarli è la loro fede.

A fronte di tutto ciò non dobbiamo dimenticare la gratitudine: 9 di questi non tornano indietro a ringraziare mentre l'unico che lo fa è un samaritano.

Tutti sappiamo come i samaritani sono invisi ai giudei perché considerati impuri.

Quando Israele era uscito dall'Egitto aveva occupato questa zona, ma dal 722 gli Assiri avevano distrutto la capitale del nord, Samaria, e avevano deportato la popolazione valida lasciando donne e vecchi, che per poter vivere si sposavano con i cananei. Da quel momento la purità ebraica cominciò ad essere minacciata. Molti samaritani erano dunque famiglie miste, con presenze dei popoli vicini e di fenici. Questa terra diventa sempre più promiscua, con una fede non ortodossa, come era invece a Gerusalemme, con il tempio e il re. Le cose poi peggiorarono: nel 598 cade Gerusalemme e i giudei sono deportati a Babilonia. Quando i giudei tornano a Gerusalemme con Ciro (538) vogliono ricostruire il tempio. I samaritani si offrono per aiutarli a ricostruire il tempio, ma i giudei dicono no, perché i samaritani non sono puri. E una volta che i giudei hanno ripreso la terra, i sacerdoti ordinano che tutti quelli che avevano coniugi non di Israele li mandassero via. Fu un'ora terribile: quanti ebrei dovettero allontanare le loro donne cananee, condannandole di fatto alla prostituzione per poter vivere. Nel IV secolo l'intransigenza ebrea arriva fino alla pulizia etnica. Un sacerdote che aveva una sposa cananea e la amava molto non volle distruggere la sua famiglia e fece uno scisma, insieme ad altri sacerdoti che la pensavano allo stesso modo, costruendo un tempio sul monte Garizim. Da quel momento tra questi fratelli nasce una guerra terribile: nel 120 i Giudei distruggono il tempio dei samaritani; i samaritani si vendicano portando nel tempio di Gerusalemme sterco di maiale, per contaminarlo. Si odiano. E soprattutto i Giudei disprezzano i samaritani (una pagina del Siracide dice: i samaritani sono un popolo stupido e stolto, che non merita niente!).

Tuttavia, Gesù indica nel samaritano un modello. Un grande insegnamento che molte volte troviamo nella nostra vita dove persone lontane dal nostro modo di concepire la fede vivono offrendoci delle grandi lezioni e dei grandi insegnamenti molto di più da tanti corsi di teologia o di spiritualità.
Il cuore pieno di gratitudine è il cuore dei semplici.

Pietro lo comprenderà bene negli Atti quando andando a casa di un centurione si renderà conto che in Dio non c'è differenza di persone, ma accoglie indipendentemente dalla popolazione di provenienza.

Questa è la grande lezione di questa domenica successiva all'Epifania quando Dio stesso in Cristo Gesù si è manifestato alle genti perché tutti possano andare a Lui con quel cuore grato e riconoscente di chi comprende che solo da Lui proviene la forza.

 

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