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TESTO Un luogo di comunione

don Andrea Varliero

Beata Maria Vergine di Lourdes (11/02/2025)

Vangelo: Lc 1,41-55 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,41-55

41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

46Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore
47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

49

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;

50

di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

51

Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

52

ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;

53

ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

54

Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,

55

come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

Sono stato a Lourdes in momenti essenziali della mia vita. Ad agosto del 1993, in viaggio verso Santiago di Compostela, l'estate della maturità. Mi ha colpito la speranza respirata: la bellezza di una fede che parlava tutte le lingue del mondo, una speranza resa visibile da una processione aux Flambeaux. Sono ritornato a Lourdes nel 2004, una settimana prima di diventare sacerdote, prima del sì, dell'«eccomi» di una vita. La preghiera, l'acqua, la serenità della sera, l'immergersi completamente nell'«Eccomi» di Maria. Nel 2006, la gioia di seguire l'esperienza di giovani scout vivere il servizio e tornare a casa con un cuore più ricco, più umano. Nel 2007, accogliendo nel sacramento del perdono ciò che ha pesato per una vita intera a tante e tante persone. Lourdes è un'esperienza di guarigione, sempre. Magari non dalla malattia, magari non dalla tristezza, magari non nella salute, ma sempre nella salvezza. Che cos'è la salvezza? È dire sì, "eccomi", a se stessi e a Dio. È accogliere anche il dolore, anche il limite, anche le lacrime, come anima necessaria alla vita; è dire che hanno un senso, che non sono l'ultima parola, sono abitate dalla Speranza. Ieri un'amica mi ha confidato una cosa bellissima: non ha paura della morte, ma della solitudine che la morte porta con sé. La paura della solitudine, nella morte e dopo la morte. A questa amica vorrei far giungere la nostra speranza, il nostro non sapere, eppure percepire: che anche la morte è comunione, che era necessaria quella morte in Croce perché divenisse comunione con tutti noi. Esistono le terapie, e c'è la guarigione; c'è un protocollo, è c'è un amore che cura. Per Gesù, guarire è testimoniare a ogni donna e a ogni uomo, quali che siano le circostanze, che siamo degni di essere amati. La malattia non è un oscuro sentimento di colpa, né di abbandono in rapporto a Dio; anzi, ci immerge nella certezza interiore della sua benedizione. Allora, oggi, pellegrini a Lourdes, viviamo un piccolo immenso miracolo, una speranza: fare della malattia, delle nostre paure, della nostra fragilità, un luogo di comunione, una benedizione.

 

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