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TESTO Il vino bello

don Andrea Varliero

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II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/01/2025)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Lo ritroveremo sì al Tempio e nella sinagoga, a ribaltare i tavoli e i «si è sempre fatto così». Lo ritroveremo sì nel deserto, in preghiera, nel digiuno e nel silenzio. Lo ritroveremo sì nella solitudine e nel dolore del Getsemani; lo ritroveremo anche nel dolore del mondo, appeso ad una Croce. Ma non dimentichiamo mai che il primo tra i luoghi, dove tutto inizia, il primo tra tutti i segni lo incontriamo in una festa di nozze. A Cana di Galilea il senso di tutto il Vangelo sta nel volto innamorato di Dio: non è il volto di un vecchio arcigno, né di un brontolone noioso. La sua non è una voce minacciosa di potere, né la voce metallica della regola. A Cana di Galilea incontro il volto di un innamorato; ascolto la sua voce: è la canzone di un appassionato. Scrive Alda Merini: «L'Amore è un mistero. Perché mai ci innamoriamo? È un grande furore che ci placa di tutti i nostri tormenti, è una grande pena che ci guarisce da tutte le guerre. L'innamorato è uno strano guerriero che sorride e vuole bene agli altri. L'innamorato fa sbocciare tutte le rose del mondo, ma gli altri le calpestano per un impulso improvviso di bruciante gelosia». Gesù: un innamorato, uno strano guerriero che sorride e vuole bene agli altri. Il segreto dell'esistenza, il segreto dei miei amori, il giardino segreto della felicità si dischiude allora nell'innamorarmi ogni giorno. La vita spirituale come un innamorarmi, un appassionarmi, un cogliere l'entusiasmo.

A Cana di Galilea manca il vino: «Non hanno più vino», gli dice la Madre. Non è una tragedia, si può vivere anche senza, pensiamo in cuor nostro. Il vino non è una bevanda indispensabile, anzi se abusato crea disastri, e nel corpo e nella vita. Non è indispensabile, non è utile: eppure è necessario. «Non hanno più vino»: esperienza che tutti abbiamo fatto, quando ci assalgono mille tristezze, gli amori sono senza gioia, il lavoro è senza passione, la carità è senza generosità, le case sono senza festa, la fede è senza slancio. Mi manca il vino quando sono stanco, quando lavoro senza passione, quando vedo l'altro unicamente come una minaccia, quando tratto Dio come un ricordo e un dovere, quando i giorni sono tutti uguali, quando non ho più voglia di fare festa.

Mi manca il vino: mi manca il senso, mi manca il gusto. Mi rimangono unicamente sei anfore di acqua per la purificazione, rimane unicamente un fare tanto per fare, una pratica esteriore senza la festa nel cuore. Intuisco dunque che l'opposto dell'amore non sta nell'odio, che è una forma malata di amore, ma nell'indifferenza, un cuore freddo, distaccato dalla vita e dalla sua energia. Dante, al cuore dell'Inferno della Divina Commedia, non trova né fiamme né bollori, ma un lago ghiacciato: «Per ch'io mi volsi, e vidimi davante e sotto i piedi un lago che per gelo avea di vetro e non d'acqua sembiante» (Divina Commedia, Inferno, Canto XXXII). L'Inferno come un lago ghiacciato, come sei anfore di acqua per una regola fredda, un praticare la fede con il ghiaccio nel cuore, come una vita senza vino, senza passione, senza gusto. Proprio il primo dei segni, a Cana di Galilea, in quella festa di nozze, sta nel sciogliere il freddo, a invitarci a fare festa con il Dio della danza e della gioia, quella gioia che nasce da un amore esagerato.

C'è sempre la Madre a indicarci la via: «Qualunque cosa vi dica, fatela». Fate ciò che dice, fate il suo Vangelo. Fare il Vangelo: renderlo carne e sangue, vino e gusto, festa e senso. E si trasformerà la vita: da vuota a piena, da spenta a felice. Più Vangelo è uguale a più vita. Noi dipingiamo Dio con la nostra infelicità, lo tratteggiamo con le nostre nostalgie, lo coloriamo con le nostre tristezze, lo scriviamo con le nostre indifferenze: ma Lui è un entusiasta; ma Lui è un innamorato; ma Lui è il gusto e la festa più bella mai vissuta; ma Lui è la vita che vale la pena di essere vissuta. Il Dio in cui credo è il Dio delle nozze di Cana, il Dio della festa, del gioioso amore danzante; un Dio felice che sta dalla parte del vino migliore, del profumo di nardo prezioso, che sta dalla parte della gioia, che soccorre i poveri di pane e i mendicanti di amore. Il Dio che spaventa più di ogni altra cosa: Dio felice, che si prende cura dell'umile e potente piacere di vivere.

Questo, a Cana di Galilea, è stato il prototipo, l'inizio, l'origine, il senso, il principio, il primo di ogni altro segno. So che è possibile anche a me, anche alla nostra comunità, anche alle nostre famiglie, anche alla Chiesa: trasfigurare l'acqua in vino, ritrovare il gusto di Dio, fare della vita una festa di innamorati. Sentire che il vino più buono non è quello di ieri, non è quello del passato, ma è adesso.

 

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