TESTO “Speranza” e “santificazione” ci uniscono nella vera cultura dell' incontro
IV Domenica di Avvento (Anno C) (22/12/2024)
Vangelo: Lc 1,39-45
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Siamo molto vicini alla grande festa del Natale e la prima lettura ci offre la profezia di Michea, la stessa che fu citata dai «capi sacerdoti e scribi del popolo», convocati dal re Erode, quando arrivarono a Gerusalemme i magi dall'oriente, chiedendo: «Dov'è il neonato Re dei Giudei? Infatti abbiamo visto la sua stella sorgere nel cielo e siamo venuti ad adorarlo» (cfr Mt 2,1-6). Anche noi vogliamo andare ad adorare il nostro Salvatore! Tuttavia, la celebrazione del Natale, nella nostra cultura occidentale e secolarizzata, è diventata più l'esaltazione e “adorazione” di Babbo Natale, associato al consumismo, che la contemplazione del presepe e della nascita umile del Figlio eterno di Dio Padre.
Gesù, il vero festeggiato nel “giorno del suo compleanno”, corre il rischio di essere addirittura dimenticato.
In questo tempo storico così turbato dalle guerre, che non rispettano la dignità dell'essere umano, accogliamo la profezia del profeta che annuncia: «Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri (in pace), perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace!» (Mic 5,3-4). Questa profezia è confermata dalla parola di Dio che annuncia, nella lettera agli Efesini: «Cristo è la nostra pace: ha fatto di due popoli un solo popolo, abbattendo nella sua carne il muro di inimicizia che li separava» (Ef 2,14).
Nonostante i condizionamenti del consumismo nell'attuale contesto delle festività natalizie, il desiderio di pace è tipico di questo tempo! Siamo invitati a valorizzare e sfruttare al massimo gli incontri tra familiari e amici. La pace avviene quando c'è disponibilità al dialogo, disponibilità all'ascolto e al rispetto reciproco, superando ciò che può essere motivo di divisione. Abbiamo anche l'opportunità di esprimere la nostra gratitudine per i nostri buoni rapporti di comunione e sinodalità.
Vogliamo davvero promuovere questa “cultura dell'incontro”, non solo alla fine dell'anno e all'inizio di uno nuovo. Nel vangelo di questa domenica, che precede la solennità del Natale, abbiamo modo di contemplare il meraviglioso incontro tra due donne incinte. Maria aveva appena concepito la vita del Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo. Elisabetta, sua cugina, era già al sesto mese di gravidanza (cfr Lc 1,36).
Due motivi accomunano queste due donne: la speranza nella venuta del Salvatore e l'esperienza della santificazione attraverso l'azione dello Spirito Santo.
La speranza nella venuta del Salvatore unisce Maria ed Elisabetta nell'esperienza dell'incontro
L'incontro tra Maria ed Elisabetta, pieno di pace e di gioia, è sostenuto da un motivo che accomuna queste due donne: la speranza della venuta del Messia salvatore.
Nell'incontro di Maria ed Elisabetta contempliamo la congiunzione dell'Antico con il Nuovo Testamento. Nell'anziana Elisabetta, incinta di Giovanni Battista, che sarà l'ultimo e il più grande di tutti i profeti dell'Antico Testamento, è riassunta l'intera attesa del popolo di Israele per il compimento della promessa della venuta di Dio stesso, con la finalità di realizzare il suo regno di giustizia e di pace. Elisabetta rappresenta tutta la tradizione dell'Antico Testamento, gravida di speranza. Il bambino Giovanni «che le sussultò nel grembo», appena giunse ai suoi orecchi il saluto dello shalom di Maria (cfr Lc 1,44), è segno di grande gioia per ‘imminente compimento delle promesse contenute in tante profezie degli antichi profeti. Il bambino che nascerà da Elisabetta sarà il precursore del tanto atteso Messia.
Nella giovane Maria, incinta di Gesù, «Verbo eterno del Padre che si è fatto carne» (Gv 1,14), contempliamo il Nuovo Testamento che sta per iniziare con la missione terrena del Figlio amato di Dio Padre. Maria rappresenta tutto il tempo del Nuovo Testamento che inizia quando lei dice: «Ecco: sono la serva del Signore. Avvenga di me secondo la tua parola» (Lc 1,38a). Pertanto, oggi, ascoltiamo e gioiamo per la beatitudine rivolta a Maria, da sua cugina Elisabetta: «Beata colei che ha creduto, perché si compirà ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45).
La nascita di Gesù a Betlemme, profetizzata dal profeta Michea, è il parziale compimento della speranza dell'intera storia di salvezza attesa nella tradizione dell'Antico Testamento, da Abramo a Maria e Giuseppe.
È il “già” che si proietta verso il “non ancora” del compimento della missione di Gesù, che sarà la sua morte e risurrezione. Ogni domenica ci riuniamo per celebrare e rafforzare la nostra fede in Gesù Cristo morto e risuscitato.
La seconda lettura di questa domenica ci aiuta a rinnovare la nostra scelta fondamentale di centrare tutta la nostra esistenza su Gesù Cristo, morto e risuscitato. L'autore della lettera agli Ebrei contempla il mistero dell'incarnazione del Figlio eterno di Dio Padre, Gesù, citando il Salmo 39, per aiutare anche noi a fare la sua scelta fondamentale: renderci pienamente disponibili, con la nostra corporeità vivente, a mettere in pratica la volontà di Dio Padre. L'offerta più radicale di Gesù avvenne quando fu crocifisso. Quella morte in croce divenne l'unico e definitivo sacrificio per la salvezza dell'umanità con il perdono dei peccati, che annullò il valore dell'intero sistema di culto sacrificale compiuto nel tempio di Gerusalemme. Gesù è stato obbediente alla volontà di Dio Padre «fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8). La sua risurrezione, per la potenza dello Spirito Santo, ha offerto a tutta l'umanità l'opportunità di essere santificata: «Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre» (Eb 10,10)
La santificazione unisce Maria ed Elisabetta nell'esperienza dell'incontro
Cos'è la “santificazione”? È la presenza e l'azione dello Spirito Santo nella nostra vita.
Nel giorno dell'annunciazione dell'angelo Gabriele a Maria, ella fu invitata a rallegrarsi per essere «piena di grazia» e per la presenza fedele del Signore nella sua vita (cfr. Lc 1,27).
Il Vangelo di questa domenica ci racconta che «appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo ed ella fu piena di Spirito Santo» (Lc 1,41).
Nell'incontro di queste due donne contempliamo la stessa realtà che le unisce: entrambe sono «piene di grazia», sono piene di Spirito Santo, sono santificate perché guidate dall'azione dello Spirito Santo.
Quando lo Spirito Santo trova libertà di azione, attraverso la disponibilità e la fede delle persone, ogni incontro diventa una benedizione, perché ogni essere umano è profondamente rispettato nella sua identità, per la sua dignità di persona amata da Dio e per la sua vocazione e missione.
Elisabetta, ispirata dallo Spirito Santo, ha esaltato Maria, santificata grazie al suo “sì”, dicendole: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno!» (Lc 1,42). Lo Spirito Santo, agendo in lei, le fece pronunciare la professione di fede in Gesù, «suo Signore» (Lc 1,42; cfr 1Cor 12,3b). Fece anche sì che Maria fosse proclamata Madre di Dio.
Maria, ispirata dallo Spirito Santo, ha esaltato Elisabetta con il suo canto di lode, noto come “Magnificat” (cfr Lc 1,46-56), perché in quella lode ha esaltato i poveri, come Elisabetta, che confidano in Dio. e non “uccidono” la speranza; Maria, nel “Magnificat”, riassume tutte le attese o speranze del popolo dell'Antico Testamento, rappresentato nella figura della cugina Elisabetta.
La Parola di Dio, attraverso l'autore della lettera agli Ebrei, ci rivela la stessa nostra esperienza di santificazione mediante l'azione dello Spirito Santo, già riversato nei nostri cuori da Cristo risuscitato.
Nella vera cultura dell'incontro, che perdura anche dopo le festività natalizie e di fine anno, la comune presenza e azione divina dello Spirito Santo garantisce la dignità di ogni essere umano come figlio prediletto di Dio Padre e getta le fondamenta per una duratura fraternità universale.
Possiamo imparare dall'incontro di Maria ed Elisabetta a promuovere questa vera cultura dell'incontro basata sulla speranza della venuta del nostro Salvatore Gesù Cristo e sulla disponibilità a lasciare agire lo Spirito Santo nelle nostre relazioni umane, per essere promotori di vera pace e di giustizia nel mondo in nome del Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo.