TESTO Avvento, ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
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I Domenica di Avvento (Anno C) (01/12/2024)
Vangelo: Lc 21,25-28.34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. 28Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
«34State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; 35come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Amo l'Avvento, amo la spiritualità di questo tempo così intenso. Giorni di attesa e di attenzione, giorni in cui rimetterci a fuoco come l'obiettivo di una macchina fotografica, giorni che ci indicano la speranza, giorni dedicati alla donna, a Maria. È un tempo che ci chiama a nuove pagine da scrivere nel libro della vita.
Uno studio di settore, pubblicato proprio in questi giorni, ha dimostrato che la frutta e la verdura che portiamo in tavola hanno perduto, dagli anni Sessanta ad oggi, tutto il loro gusto, un sapore sempre meno allettante. E non si tratta solo di gusto, anche il quaranta per cento di sostanze nutritive è andato perduto. La spiegazione è scientifica: la coltivazione intensiva, i fertilizzanti, le serre idroponiche, la catena del freddo, sono passaggi che hanno modificato sensibilmente sia l'aroma sia il sapore. E mentre un tempo i frutti e gli ortaggi non erano per niente belli, mentre ai giorni nostri sembrano impeccabili, quasi finti per quanto perfetti, oggi ci rimangono solo degli ortaggi e dei frutti belli sì da vedere, ma privi di gusto. Mi sembra una fotografia al nostro tempo: il tempo della fretta che non lascia maturare niente e nessuno, il tempo della corsa senza nessuna méta all'orizzonte, il tempo che ha perso di gusto. Abbiamo talmente fretta che abbiamo già addobbato le nostre case per il Natale, in cui i supermercati da ormai due mesi hanno sostituito gli scaffali arancioni e neri di bianco e rosso. Una fretta senza attesa, una fretta senza desiderio, una fretta senza gusto. Andiamo di fretta.
Mi rendo conto che sto andando di fretta, che «non amo attendere nelle file, non amo attendere il mio turno. Non amo attendere prima di giudicare. Non amo attendere il momento opportuno. Non amo attendere un giorno ancora. Non amo attendere perché non ho tempo e non vivo che nell'istante. (..) Ma tu Dio tu hai scelto di farti attendere il tempo di tutto un Avvento. Perché tu hai fatto dell'attesa lo spazio della conversione, il faccia a faccia con ciò che è nascosto, l'usura che non si usura. L'attesa, soltanto l'attesa, l'attesa dell'attesa, l'intimità con l'attesa che è in noi, perché solo l'attesa desta l'attenzione e solo l'attenzione è capace di amare» (Jean Debruyrnne, Ecoute, Seigneur, ma prière).
La spiritualità dell'attesa e dell'attenzione è necessaria: mi incammino in questo tempo ascoltando e abitando il tempo. Non è il Dio greco «Chronos» che mi mangia e mi divora, non è l'ansia a sfuggirgli, ma è il tempo della sua Parola, il «Kayròs», il momento opportuno, un attimo che mi fa gustare e voler bene. L'eternità è un battito di ciglia, è un attimo eterno, mi devo allenare a questo. Mi fermerò ad ascoltare il silenzio, solo sotto al sole del silenzio maturano le parole più genuine. Presterò maggiore attenzione a chi mi sta in casa, sono loro il gusto della mia esistenza. Mi prenderò tempo, senza sprecarlo, senza sentirmi in colpa, né fuori gioco. Solo così mi renderò conto che il Signore sta passando nella mia vita: che quello che gli avevo chiesto nella preghiera vent'anni fa mi è stato accordato, quell'amico con cui non parlo da anni è ancora lì presente. Vivrò la pazienza a non risolvere tutto e subito: è necessario un tempo per una giusta distanza, per rivivere e restituirci nuovamente.
«Non appesantite il cuore», ci indica oggi il Vangelo. Nonostante guerre, nonostante crisi, nonostante fragili equilibri e cieli che cadono, il cuore resti leggero. Difficile, Signore, direi impossibile, abituato come sono a prendere sul serio ogni cosa. Eppure, un cuore leggero ci è necessario, è il cuore di chi si prende cura, di chi vuole bene, di chi cerca il bene, senza la pesantezza dell'ottimo, senza la pretesa di controllare tutto, senza l'ansia della preoccupazione. «Alzatevi e risollevate il capo, la vostra liberazione è vicina». Olga mi ha condiviso un'esperienza straordinaria: costretta per diversi mesi a letto per un'accidentale caduta che le aveva provocato frattura, incapace di rialzarsi, la fisioterapista le ha insegnato una tecnica fondamentale: guardare in alto. Solo così riusciamo a rialzarci; se continuiamo a guardare in basso, non troviamo né equilibrio né spinta in avanti. È bello risollevare il capo, è bello ritrovare la nostra postura più umana, di uomini e donne in cammino. Buon Avvento, davvero: un tempo bello senza fretta, per gustare e portare a maturazione, un tempo umano di leggerezza e di primi passi. Mi sembra che il Signore ci sussurri in questo tempo un dolce canto: «Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza, percorreremo assieme le vie che portano all'essenza».