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TESTO Come soffio che accarezza la brace e ridesta speranze

don Angelo Casati   Sulla soglia

1a domenica Tempo di Avvento (anno C) (17/11/2024)

Vangelo: Lc 21,5-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 21,5-28

5Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

20Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. 21Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; 22quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. 23In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. 24Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.

25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. 28Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

E' Avvento. Avvento è parola che suona oggi quasi come una sconosciuta. Noi da anni usiamo per lo più una parola che le assomiglia "evento", la usiamo a proposito e a sproposito perché tutto ormai è diventato un evento. Nella parola 'avvento' mi sembra di scoprire un suono e un colore diverso. Come di attesa, uno ci mette il cuore. Noi la coloriamo della attesa della venuta del Signore. Come sospinti dalla Liturgia a vivere un'altra sua venuta. Quale, dove, quando? La liturgia ha radunato letture che possono - per come suonano - trarre in inganno e, anziché accendere attesa, fiducia, voglia di impegnarsi, far prevalere sgomento, inquietudine, depressione. Perché di frastuono, di guerre, di incomprensioni, di lacerazioni, di devastazioni sembrano colmi, già di loro, i nostri giorni. Tant'è che a qualcuno vien fatto di dire che il racconto è la fotografia di quello che oggi sta accadendo.

Poi penso che già lo dicevano i primi tra i credenti e quante volte poi lo si è detto, forse ad ogni generazione. Non siamo qui a fare la fotografia del buio, già ci pensano i giornali, già ci invadono i social. Già ne sono stracolmi i nostri discorsi, in cui la speranza la decliniamo al passato, "speravamo", come i discepoli di Emmaus, la sera in cui il Risorto camminava con loro e la strada, sebbene camminasse con loro, era di momento in momento più buia. Ebbene, le letture di oggi, al contrario, vanno interpretate come un invito a leggere oltre, oltre la cronaca, che ha la pretesa di dire tutto. Qui sta il punto: puntare gli occhi e credere che non siamo in una stagione senza la venuta del Signore, senza la sua visita. Il genere letterario dei testi può essere forviante, portarci a chinare remissivamente il capo, quando l'intento è proprio l'opposto, quello di farci alzare il capo. In questo senso bellissima è la chiusa del brano di Luca: "Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".

E allora se oggi ci sembra che comincino ad accadere queste cose, risolleviamoci e alziamo il capo. L'avvento ci dice che il Signore verrà in un futuro; ma non rimanda al futuro, ci dice che oggi viene, oggi ci solleva, oggi ci fa alzare il capo. Troppa depressione, troppa sfiducia, troppa resa. Certo, il Signore viene, in incognito come per i viandanti di Emmaus. Ci racconta, rassicurandoci, che non tutto muore. Non muore ciò in cui mettiamo il bene, il cuore. Ci mette in guardia dal lasciarci ingannare, perché troppo spesso ad arrogarsi aria di vincenti sono i dominatori di questo mondo. Resisti. Costruiamo il regno, costruiamolo con i gesti quotidiani. Che ce ne accorgiamo o no, Gesù si affianca, mescola la sua forza alla nostra, dà carezze alle nostre mani. Tu dici: "Vieni, Signore Gesù!". Lui viene. Ebbene vorrei dirvi come l'attesa di Dio e la sua venuta passino silenziosi nel nostro vivere quotidiano: a Dio non piacciono frastuoni e clamori, la sua venuta è come soffio che accarezza la brace e ridesta le speranze. Facendo balenare ai nostri occhi la venuta futura, accende speranze e impegno nell'oggi.

Di questo abbiamo bisogno. Di questo. Vorrei dirvi che la speranza, che attizza il fuoco, spesso si nasconde in parole di persone semplici, e a volte - pensate - in parole che sembrano in apparenza dire il contrario. Io ho la fortuna di conoscere una di queste persone che mi riempie di meraviglia perché spesso - l'ha come un ritornello - le capita di dire. "Che cosa fare? Non c'è niente da fare". Anche lei vede come a volte vanno le cose del mondo e reagisce dicendo: "Che cosa fare? Non c'è niente da fare". La guardo e le dico: "Ma come puoi dire "Non c'è niente da fare" proprio tu che non ti fermi mai, dalla mattina alla sera?". Sono moltitudine le persone, che non le ferma la delusione, hanno dentro l'amore per la vita, quella di ogni giorno, Gesù viene ogni giorno per loro.

La speranza abita anche parole in apparenza deluse, la tiene accesa Dio. Ebbene un richiamo all'avvento, a dare spazio a Dio nel quotidiano, mi sembra di cogliere in queste parole, luminose nella loro concretezza, del card. José Tolentino Mendonça: "Torna a guardare al tempo con innocenza, come a un compito che i bambini conoscono meglio di te. Impara a cercare la sapienza come chi costruisce un ponte quando sarebbe più facile la distanza. Impara a elogiare la vita, che è sempre l'opportunità più bella, anziché svalutarla con scoraggiamenti e piagnistei. Impara a ringraziare l'amore, che ti svuota le mani e le lascia luminose al tempo stesso. Impara a trasformare, nel tuo quotidiano, l'ostilità in ospitalità fraterna. Non fermarti a condannare l'oscurità: accendi nel centro della vita una stella che danza. Comprendi che la tua è una condizione di custode e non di padrone, e che ciò ti richiede, ogni istante, la disponibilità a un amore senza calcoli né logorii.

Esercita l'arte di rimanere con umiltà a fianco dei tuoi simili, prendendotene cura con dedizione ma senza protagonismi, senza in nulla forzare gli altri bensì attendendoli tutti con delicatezza, servendo loro come da corrimano. Confida nella verità dei gesti essenziali, nella forza di queste cose da niente che sono poi quasi tutto. Che il mondo non ti appaia mai come un luogo indifferente. Che la concreta presenza dell'amore di Dio ti illumini e faccia di te la meravigliosa trasparenza in cui questo amore si contempla. Che la tua preghiera di Avvento sia l'irresistibile desiderio che fa gridare all'anima: "Vieni!"".

 

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