TESTO Il “sacro cervello di Gesù”
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XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (03/11/2024)
Vangelo: Mc 12,28-34
28Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». 29Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; 30amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi». 32Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; 33amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
I.
In questi giorni è stata pubblicata la nuova enciclica di Papa Francesco dal titolo “Dilexit Nos” e cioè “Ci ha amati”, nella quale riflette il tema centrale dell'amore di Cristo per l'umanità, un amore rappresentato in modo speciale nel Sacro Cuore di Gesù. Il cuore, simbolo universale di amore e compassione, è da secoli al centro della devozione cristiana, poiché rappresenta la misericordia e l'umanità del Cristo. Ma io mi chiedo: perché ci si è sempre concentrati sul “Sacro Cuore” e mai sul “Sacro cervello” di Gesù?
In questi ultimi anni è apparsa una disciplina emergente detta neuroteologia. Il noto neuroscienziato Andrew Newberg, ha esplorato come pratiche religiose e spirituali attivino specifiche aree cerebrali, mostrando che il cervello umano sembra “configurato” per il trascendente. Un altro neuroscienziato, Patrick McNamara, invece, ha esaminato l'effetto delle esperienze religiose sulla nostra identità, sostenendo che l'amore e la spiritualità possono unificare la persona e creare un “Sé ideale” attraverso il circuito religioso che coinvolge amìgdala e corteccia prefrontale. Questi studi mostrano in modo interessante come anche la mente sia intimamente coinvolta nelle esperienze di fede, offrendo un nuovo punto di vista su cosa significhi amare Dio.
II.
Nel Vangelo di questa domenica, uno scriba interroga Gesù su quale sia il comandamento più grande, e Gesù risponde dicendo che è quello di amare Dio non solo con il cuore, l'anima e le forze, ma anche con tutta la mente. Lo scriba traduce il comando di amare con tutta la mente con l'espressione “amare con l'intelligenza,” suggerendo una dimensione cognitiva dell'amore. Pertanto dobbiamo esaminarci se amiamo Dio solo con il sentimento, o mettiamo anche la mente e il discernimento al servizio della nostra fede?
Amare con la mente significa vivere una fede matura e consapevole, che integra cuore e ragione e sa rendere ragione della nostra fede. La mente ci permette di riconoscere e discernere i modi più sani e giusti di amare, evitando un attaccamento irrazionale o emotivo. È un invito a non separare l'aspetto emotivo da quello razionale dell'amore per Dio e per il prossimo, come tra l'altro, suggerisce lo stesso Papa Francesco nell'enciclica.
III.
In conclusione.
Nel Prologo al IV Vangelo, Giovanni afferma: “In principio era il Logos.” Qui, “Logos” significa “parola” ma anche “ragione” o “intelligenza,” e rappresenta la sapienza divina che ha creato il mondo. In una sorprendente interpretazione visiva di questa idea, Michelangelo nella Creazione di Adamo nella Cappella Sistina, raffigura Dio all'interno di una forma simile a un cervello, e non in una forma simile a un cuore.
Pensare alla dimensione razionale della nostra fede non è un dettato della teologia o della neuroteologia, ma è il comandamento di Dio stesso ricordato da Gesù, che non vuole essere amato solo con tutto il cuore e tutta l'anima, ma anche con tutta la nostra mente.
Sviluppare una devozione oltre che al Sacro Cuore di Gesù, anche al “Sacro cervello di Gesù” ci porterebbe a crescere con una fede meno sentimentale e più ragionevole.
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