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TESTO E luogo del grande racconto un carro

don Angelo Casati   Sulla soglia

I domenica dopo la Dedicazione (Anno B) (27/10/2024)

Vangelo: Mc 16,14b-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 16,14b-20

14Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Oggi la mia sosta è minima, quasi una non sosta, sul brano di Marco, che secondo autorevoli esegeti sarebbe una aggiunta del secondo secolo al suo vangelo. Troppo sconcertante sarebbe stato concludere il vangelo con le donne, che fuggono dal sepolcro vuoto, piene di spavento e stupore, impaurite. Posso però raccogliere dal brano di Marco l'invito - che è anche in altri vangeli - ad andare - andare in tutto il mondo - e a portare le notizia buona, che è Gesù. E non bisogna essere chissà chi: la consegna è a dubitanti. E non scandalizziamoci degli undici, noi non siamo meglio: "li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto".

Vorrei invece fare sosta con voi sul brano luminoso degli Atti, su Filippo e l'eunuco. La storia di Filippo, la chiuderei tutta - e so di mutilarla - in un verbo: "andare". L'impressione che avevo leggendola era che in quella stagione, la nostra prima stagione, di strutture o protocolli proprio non ce n'erano o quasi, si camminava. L'invito - dal monte o da una tavola che sia - era ad andare. A camminare. Pensate, anche la persecuzione percepita come un'occasione, occasione sorprendente, per il vangelo. Ecco come inizia il racconto della storia di Filippo - quello ascoltato oggi non è il suo primo andare -: "Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola. Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva". Se in tempi difficili la risposta è barricarci, è tutto finito. E se la risposta fosse invece andare? Filippo è uno che sembra avere l'anima della strada, dell'andare, uno che si muove, si sposta.

Lo vediamo dapprima muoversi nel nord, a nord di Gerusalemme, in terra di Samaria che era terra di scismatici, da evitare. Chissà se qualcuno gli avrà raccontato che Gesù proprio lì, a un pozzo, aveva incontrato una donna che lo aveva fatto sognare e vedere in anticipo di mesi campi biondeggianti per la mietitura. Filippo è come se intravvedesse l'avverarsi di quel sogno. Continua la seminagione e va. Perché semini e poi vai. Vai. Noi lo ritroviamo a Gerusalemme e, subito dopo, su una strada che conduce, questa volta, al sud, in direzione di una città che il solo nominarla oggi ci riempie il cuore di strazio e di ribellione per la brutalità e la disumanità di quanto sta accadendo: Gaza.

Un angelo del Signore gli dice: "Àlzati e va' verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta". Essa è deserta. Mi ha sempre molto colpito questa aggiunta sulla strada "essa è deserta". Una aggiunta che in noi avrebbe fatto scattare una reazione immediata: "E che ci vado a fare se è deserta?. Dimmi che troverò gente e sarà come mettermi dentro la voglia di muovermi e di andare". Pensate quante volte ci fermiamo perché le strade del nostro tempo le giudichiamo deserte, deserte di possibilità per il vangelo. Oppure deserte perché sogniamo numeri E qui il numero è il più piccolo, è l'uno: "un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori ". Ma forse c'è un altro motivo sottile che ci fa rifuggire dalla strada.

La strada è di tutti, non valgono i titoli, vali per quello che sei, sei una donna, sei un uomo. Passa un carro. Un carro: per molti di noi, non ha nulla di sacro, non è un baldacchino né una portantina per statue di santi, e non un pulpito. Un carro, e basta perché abbia la tua attenzione: un evento, il più normale, può diventare un'occasione di grazia. Dipende da come guardi e se sei ancora capace di ascoltare. Disse allora lo Spirito a Filippo: "Va' avanti e accòstati a quel carro". Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: "Capisci quello che stai leggendo?". Ebbene dalla mia povera postazione. una nicchia, mi verrebbe da dire che anche oggi lo Spirito spinge la chiesa, spinge noi, sulla strada, sulle mille strade e ci invita ad andare avanti, a non guardare indietro: "Va' avanti".

Ci sta chiedendo inoltre di non marcare distanze, ma di accostarci: "accostati a quel carro". "Accostare" è verbo che racconta il cuore. Salire dunque sul carro e ascoltare. Sedere accanto e non sopra, non parlare ex cathedra ma dal sedile, a volte scomodo, del carro, dove ti è dato di conoscere pelle su pelle chi hai accanto. Salire sul carro, quasi invito a un visitare e un conoscere donne e uomini delle strade del tuo mondo, cosa pensano, cosa vogliono, cosa sanno, cosa amano, cosa possono. E ascoltare. Ascoltare le voci di chi è sul carro delle mille strade. Ascoltare: "Udito che leggeva il profeta Isaia...". Oggi per lo più si legge altro: "Che cosa leggi? Leggiamo insieme? Che cosa capisci? Se anch'io ho letto? Sì, ti dico: anche a me hanno raccontato, mi rimane ancora molto da capire. Mi dirai che cosa ne pensi?" Fino a leggere di noi, a raccontarci della vita.

Se Gesù nasce lì, sul carro, nelle domande della vita, in uno stare fianco a fianco, se nasce nella domanda è vivo, germoglia. Non vive e nemmeno germoglia là dove c'è durezza, e presunzione di sapere. Filippo raccontò di Gesù: bastò quello per far venire all'eunuco il desiderio di essere battezzato. Come se alla parole di Filippo sentisse gorgogliare acqua dentro, immergendosi ne usciva come nuovo: "C'è una pozza d'acqua, perché non mi battezzi?". Scesero dal carro. Diversi da come erano ore prima, all'inizio del viaggio. Diverso anche Filippo. E' scritto: "Quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada". Pieno di gioia l'eunuco, di cui non sappiamo il nome; sappiamo che raccontare Gesù colma l'altro di gioia.

E Filippo? Quel carro - possiamo immaginarlo? - era stato per lui una vera cattedra, luogo da cui apprendere che una strada anche se deserta può essere un'occasione di incontri inimmaginabili e un carro di un eunuco un luogo di domande e di racconti, anche luogo del grande racconto.

 

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