TESTO Chi è il mio prossimo?
V domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno B) (29/09/2024)
Vangelo: Lc 10,25-37
25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Una pagina evangelica dai risvolti sempre nuovi. Ascoltata e riascoltata tante volte e sempre ci dà occasioni di riflessioni sorprendenti.
La domanda che vale 1 milione la pone oggi un dottore della Legge: Chi è il mio prossimo?
Gesù offre una lezione concreta senza troppi giri di parole.
Oggi se ponessi la domanda molti penserebbero al nostro prossimo come a colui che vive in Africa, in una bidonville di Korochoce o di Kinshasa.
Poco allenati a vedere i bisogni intorno a noi abbiamo romanzato questo aspetto fondamentale della nostra fede non accorgendoci che chi ci sta vicino è colui a cui dobbiamo maggiori attenzioni per non rendere la carità una realtà astratta, ma molto concreta.
Il samaritano, che sappiamo non essere un osservante scrupoloso e distante dalla cultura ebraica, ci sorprende perché nella sua prontezza ci indica una capacità di risposta vera ai bisogni senza porsi troppi interrogativi o scrupoli. C'è un bisogno da soddisfare occorre non tergiversare.
Don Guanella affermava: Fermarsi non si può finché ci sono persone da servire e bisogni da soccorrere”.
In queste riflessioni mi farò aiutare non da un Santo, non da una esperienza di religiosi, religiose o preti o laici impegnati.
Come Gesù mi rifarò a un testimone che vi sorprenderà perché non bazzica i nostri ambienti.
Mi ha colpito questa testimonianza che ha fatto un uomo che ha conosciuto il carcere avendo vissuto esperienze in realtà terroristiche nei famosi anni 70.
Lui ci offre veramente una lezione importante che ci aiuta a rispondere a questa domanda.
Questa persona è Adriano Sofri che arriva nelle sue riflessioni subito al cuore:
“Il mio prossimo là è quello della branda di sopra o di sotto, che vuole fumare o non vuole che io fumi, che russa o mi sente russare, che ha l'epatite C o sospetta che l'abbia io, che va di corpo in un angolo separato da un lenzuolo sbrindellato da me e da altri due o tre o quattro, che vuole vedere la televisione o non vuole che io la veda. Molte guerre di cella, anche cruente, nascono dalla gara per il dominio del telecomando. Chi è il mio prossimo: fra i miei compagni di cella, di passeggio, tra i miei carcerieri, tra gli infermieri che passano alla mattina e alla sera e sono tenuti a controllare che io ingurgiti lì per lì i loro farmaci, perché non li metta da parte per il momento in cui ne avrò più bisogno, o per barattarli con un paio di sigarette o una merendina d'ordinanza.”
Carissimi la lezione del Buon Samaritano ci chiede di allenarci in questa dimensione dell'attenzione.
Cogliamo le opportunità che ci vengono offerte magari nel palazzo in cui viviamo in cui ci può essere una persona sola che deve essere ascoltata o una zia che vive anche lei una solitudine. Quando non vediamo una persona da giorni e ne abbiamo perso i contatti cerchiamo di rifarci vivi.
Andiamo a trovare un ammalato, consigliamo un dubbioso, correggiamo una persona in errore con delicatezza.
Allenarci perché la carità né si improvvisa, né si fa in maniera veloce.
Il samaritano porta il malcapitato nella locanda. Lo affida a chi ha più esperienza perché l'amore è realtà condivisa, ma poi si impegna a versare tutto ciò che occorre per guarirlo.
Questo versetto finale mi rimanda a un altro brano a quello della Visitazione quando Maria, dice Luca, rimane da Elisabetta per tre mesi vuol dire fino alla fine del parto per prestarsi a tutto ciò che serve perché la cugina anziana possa dare alla luce il Battista.
La carità ci deve spingere a una tensione sempre crescente.