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TESTO E fare legatura tra pane del cielo e pane della terra

don Angelo Casati   Sulla soglia

IV domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno B) (22/09/2024)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Oggi leggendo di Elia in fuga nel deserto i miei pensieri - forse anche i vostri - correvano d'istinto dal deserto di Giuda ai deserti sconfinati del nostro tempo, dove in fuga non è un uomo braccato da una regina, ma centinaia di migliaia di esseri umani, donne uomini bambini, in cerca di salvezza da fame, oppressioni, incendi di guerre. E mi chiedevo - non voglio sembrarvi irriverente - dove siano gli angeli oggi, in soccorso di focaccia e di acqua per quelli che giacciono a terra, senza più forze. Comunque angelo, focaccia e orcio d'acqua segnano una direzione, la direzione di Dio, la direzione dell'umano.

E subito, dietro la domanda sugli angeli, venendo al vangelo, un'altra domanda: non sarà che noi abbiamo diviso Il Pane del cielo, Gesù, e il pane della terra? Tenterò di inseguire questa suggestione. Oggi con il brano di vangelo entriamo nella sinagoga di Cafarnao, dove Gesù parla di sé come di Pane disceso dal cielo. Ma non vorrei perdere una legatura, quella con il giorno precedente. E' vero di mezzo c'era stata una notte di tempesta sul lago e salvataggio in extremis per grido di Maestro alle acque. Ma la folla a Cafarnao era la stessa del giorno prima. Il giorno prima era stato il giorno del pane terreno, sul monte al di là del lago. E l'iniziativa era stata tutta sua, di Gesù. Sbalordito per l'arrivare di quella fiumana di gente, aveva chiesto a Filippo dove si potesse comprare il pane per sfamare tutti quanti. Sì, disse "comprare", che è un verbo che dice "metterci qualcosa di tuo".

Poi a dare inizio a quella inverosimile condivisione bastarono cinque pani d'orzo e due pesci di un ragazzo. E noi non ne conosciamo il nome, ma, pensate, siamo qui ancora oggi - e sono passati due millenni - a ricordarlo per via di quei cinque pani e due pesci. Gesù dunque segno di un Dio attento al bisogno del pane terreno: agli occhi di Gesù, alla fine della giornata sul monte, mentre le ombre oblique radevano le erbe del prato, non sfuggirono nemmeno i piccoli pezzi di pane per terra e diede ordine di raccoglierli. E furono dodici le ceste. Ma che cosa era successo? Che il pane lo si può anche mangiare, ma svuotandolo del segno e nella sinagoga Gesù svela la dura realtà: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà". Gesù a dire loro che non si vive di solo pane terreno, ma di un pane disceso dal cielo e che quel pane è lui. Nutritevi di me, del mio corpo e del mio sangue, cioè della mia vita. Che vi fa vivi dentro, vivi per sempre: certo non immortali, mai però morti dentro, vivi per sempre.

Pane terreno e pane celeste. Noi dividiamo. Quando la meraviglia è cucire. Anche a questo proposito potrei ricordare parole di un'amica, poetessa, Chandra Livia Candiani: "La postura del cuore è: io sono qui, aperta a qualsiasi cosa sorga e mi visiti, sono radicata a terra, sento il suo sostegno, e insieme mi alzo verso il cielo, nello spazio, li cucio". Cucire, anche il pane della terra e il pane del cielo e farne pani quotidiani. Voi mi capite, la domanda "che cosa hai mangiato?" si allarga e mette in questione altro, l'altro dello spirito. Che cosa hai mangiato, di che cosa ti sei nutrito, che cosa hai assimilato? Mette in questione la vita quando è di corsa. E per che cosa abbiamo corso. Di che cosa ci siamo nutriti? Non sempre le parole che si presentano come pane, che hanno più udienza e fanno più rimbombo, le più suadenti, sono parole dal cielo, nel senso di preziose e alte; a volte sono parole malate, meschine e alla fin fine soffocanti e pericolo è l'assimilazione.

"Guardatevi" dirà un giorno Gesù "dal lievito dei farisei che è l'ipocrisia". E stavano discutendo di pane. A confronto, la luminosità, la semplicità, il profumo buono del pane, del pane che è Gesù. A Gesù rimandava - ed era segno luminosissimo - il pane del monte, ma lo avevano perso dagli occhi. Così come avevano perso dagli occhi - lasciate che lo chiami così - un altro segno, pure luminoso e quasi un anticipo di Gesù, il ragazzo dei cinque pani e due pesci. E chi più lo ricordava il giorno dopo? Chi ricordava ciò di cui era stato segno? Tutti a volere altro pane. E il ragazzo? Il ragazzo del monte aveva dato quanto aveva, senza sapere che cosa gliene sarebbe venuto. Vedete come i pensieri si rincorrono e si incrociano. Mangiare la carne e bere il sangue può suscitare qualche esitazione. Significa accogliere la vita di Gesù nella sua concretezza, il suo modo di vivere e di pensare. Non basta mangiare un'ostia, occorre infinitamente ringraziare chi si è spezzato come pane per noi; poi assimilare - perdonate la parola - la spezzatura, diventare pane spezzato. Diventare pane.

Pensate come a volte ci perdiamo in sottigliezze, in parole che alla fine sono mute, quando forse basterebbe una domanda, chiedermi: "Sono un pane buono? Oggi sono stato pane, buono e spezzato, come il mio Signore? Come il pane luminoso che mi è stato consegnato nelle mani nell'eucaristia?". Pensate come il messaggio del pane lo traducevano senza giri di parole i cristiani dei primi secoli, libro della "Didaché": "Se condividiamo il pane celeste come potremmo non condividere il pane terreno?". Gesù fa legatura tra pane del cielo e pane della terra. E noi? Chiamati ad essere pane con desiderio di spezzarci.

Mi sento lontano dal ragazzo dei cinque pani e due pesci. Vi confesso, vorrei essere almeno un frammento di pane. Di quelli che Gesù chiese di raccogliere, a condivisione avvenuta, sull'erba del monte.

 

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