TESTO Stabat Mater
Beata Vergine Maria Addolorata (15/09/2024)
Vangelo: Gv 19,25-27

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Myriam è appena rientrata in casa. Ha chiuso la porta dietro di sé, lasciando il mondo fuori. Mancano diciotto minuti al tramonto del sole, Myriam si appresta ad accendere le due candele che dureranno per l'intero shabbat. Appena accende la prima candela, le labbra sussurrano la preghiera: «Benedetto sii Tu, o Signore, nostro Dio, Re dell'universo, Tu che ci hai santificato coi Tuoi comandamenti e ci hai comandato di accendere le luci di Shabbat». È difficile pronunciare queste parole: sii benedetto, Signore. Ha appena visto il Figlio crocifisso morire come il peggiore tra gli impostori, tra bestemmie e tradimenti, tra sarcasmo e nascondimento. Ha appena deposto e accarezzato il corpo inerme, non ha avuto tempo di onorare quel corpo, che lei ha generato, con aromi e profumi, lo farà appena il sabato sarà terminato. È accaduto tutto così in fretta, senza la possibilità di lasciare al dolore di incanalarsi nei pianti funebri, è già scesa la sera dello shabbat, del riposo di Dio, della sua massima distanza dalla creazione, del suo massimo silenzio, della sua assenza. E mentre accende la seconda candela si ricorda di quelle parole sussurrate una vita fa: tu sarai madre di un figlio inaccessibile, tu madre di un Figlio del Cielo, del Figlio di Dio. E mentre recita la seconda preghiera si ricorda delle ultime parole rantolate dall'uomo sfinito: donna, ecco tuo figlio, l'umanità. La tua è una storia simile a miliardi di altre storie, di tutti i tempi e di tutte le madri che piangono i propri figli, le tue lacrime sono lacrime di una madre che anche io ho asciugato. Nella memoria ti riaffiora un proverbio ascoltato in sinagoga: «Solo gli occhi che hanno molto pianto sanno vedere in profondità». Noi, Myriam, facciamo di tutto per nascondere le lacrime, il mondo non le vuole ascoltare. Noi, Myriam, facciamo di tutto per armarci di disumanità, per sembrare forti, ma siamo sempre più fragili, vetri infranti. Noi, Myriam, dalle tue lacrime impariamo a vedere la vita in maniera più profonda: non abbiamo paura delle lacrime, anche quando non abbiamo risposta, perché alcune volte le lacrime sono le acque del Battesimo che sgorgano dai nostri occhi e ci fanno rinascere a nuova vita. Le tue lacrime, Myriam, sono la scuola della compassione che ci è necessaria. Le tue lacrime sono cariche di speranza: Dio non dimenticherà una madre che piange, Dio non resterà insensibile alle lacrime, altrimenti sarebbe un uomo. Davanti a quelle candele accese, Myriam, sei stata fedele alla promessa: non hai permesso al dolore di maledire, non hai permesso al dolore di sfigurarti, non hai dato spazio al dolore per abbatterti: sai che il dolore non è l'ultima parola, che la prima stella del mattino porterà un giorno nuovo. Santa Maria, donna del sabato santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita, sospesa com'è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, si rassomiglia tanto a quello shabbat. È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovaglie di altare. Myriam stai, senza parole ma con la cura di una madre, ferma, insieme a noi. Stabat Mater