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TESTO In principio è l' ascolto

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (08/09/2024)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,31-37

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

La Scrittura ci rivela, soprattutto in Gesù Cristo, ci rivela non un Dio esigente, ma provvidente. Anche se l'Antico Testamento è istoriato di interventi divini perentori, severi e tassativi, l'amore che il Padre ci rivela in Gesù suo Verbo ci convince di un Dio amore e misericordia, che non lesina bontà e considerazione per il suo popolo e che chiede al suo popolo di ascoltarlo e di seguire tutti i suoi moniti e comandamenti, tuttavia non senza aver prima posto tutte le condizioni e le possibilità perché ciò si realizzi. Dio non impone di essere seguito, ma dimostra che è conveniente entrare nella sua amicizia e nella sua familiarità. Ciò manifestandosi e concedendosi egli stesso agli uomini, instaurando un dialogo con essi e donando tutti i mezzi e tutte le possibilità di ascoltarlo. Anzi, ascolta lui stesso ancor pima di parlare perché il dialogo sia profondo e proficuo.

Nella prima Lettura si descrive come Isaia si faccia intermediario di un dialogo che parte da Dio e che raggiunge innanzitutto l'uomo sfiduciato e depresso al quale viene rivolta una parola di consolazione. Altrove Dio incoraggia i timidi, dona forza ai deboli, orienta gli sperduti e gli sfiduciati e soprattutto non viene disatteso il grido dei poveri e dei perseguitati. In sintesi, Dio ascolta e pone le condizioni perché noi ascoltiamo lui.

In un rapporto dialogico è molto confortante che si venga ascoltati, che si abbia la possibilità di esprimersi e di comunicare i propri pensieri e i propri sfoghi senza essere interrotti, che ci si possa confidare apertamente nella constatazione che l'altro è propenso a lasciarti parlare. Si trova molta consolazione quando si è ascoltati, forse anche più di quando ci viene rivolta la parola. Non per niente la prima componente del dialogo è proprio l'ascolto e senza di esso non ci può mai essere intesa e comunicativa.

La Bibbia descrive che Dio ascolta lui per primo le preghiere dei disagiati e degli smarriti e che rivolgersi a lui non è mai inane e melense (Salmi 33, 18 e ss; 145, 18 - 19). Può sperimentare di essere da lui ascoltato chi si dispone a pregarlo con umiltà e attenzione mostrando un cuore puro e generoso. Tale è anche l'esperienza personale di preghiera (che ho vissuto io): si ha l'impressione che Dio non ci ascolti o che vanifichi le nostre invocazioni o i nostri ricorsi a lui, ma chi persevera nella preghiera umile, sincera, meditata fuggendo ogni sorta di cattiveria e disponendosi a bene operare allora a lungo andare avvertirà come una sorta di consolazione tutte le volte che si mette in orazione, perché sperimenterà che Dio non è assente né disattento su quello che chiediamo per noi stessi e per gli altri. Certo, ascoltare non sempre equivale ad aver esauditi tutti i nostri desideri nell'immediato. La preghiera non va confusa con una sorta di magismo o di incantesimo e propiziarsi la divinità era usuale presso la paganità antica, ma incompatibile con una fede vera e mirata. Indipendentemente dall'essere esauditi nelle richieste, essere accolti nell'orazione e avere la sensazione che qualcuno si ponga a nostra disposizione è esaltante e se ne fa esperienza nella preghiera continua e disinteressata.

Proprio nell'esercizio dell'orazione, meglio ancora se accompagnata dalla meditazione, si avverte che Dio dialoga con noi, mettendoci nelle condizioni di accogliere e di ascoltarlo a nostra volta. Per fare un esempio, il silenzio e il raccoglimento sono l'ambito privilegiato in cui la preghiera si nota maggiormente corrisposta. Nel silenzio veniamo infusi di tutte quelle risorse spirituali in grado di aprire il cuore e di percepire la presenza misterica del Signore, in grado cioè di ascoltarlo e di recepirlo. E così' si perviene alla corrispondenza con cui Samuele accolse la manifestazione del Signore nel tempio: Dio gli si rivelò più volte e lui rispose: “Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta”(1Sam 3). Dio aveva ascoltato in precedenza Samuele e la sua famiglia concedendo benefici, adesso sarà Dio a parlare a questo ragazzo e ad istruirlo.

Esperienza unica ed esaltante, che è possibile fare nel corso della nostra vita spirituale, quando la fede viene esercitata costantemente dalla preghiera e dai sacramenti non senza l'umiltà e la carità. Anche Gesù ce la illustra in questo singolare episodio nel quale innanzitutto allontana dalla folla il sordomuto che gli si pone davanti, chiamandolo in un luogo in disparte. L'ascolto da parte di Gesù nei suoi confronti è implicitato dal fatto stesso della sua malattia: è sordomuto e a lui è stato condotto nella speranza di ottenere una guarigione. Adesso Gesù, appunto in una dimensione di spazio fuori dal tumulto, lo sta predisponendo all'attenzione e all'accoglienza della sua Parola non soltanto guarendolo da un malessere fisico, ma ponendolo in condizioni di recepire, accogliere e ascoltare. Queste prerogative lo renderanno poi capace di condivisione e di comunicativa, dischiudendogli la possibilità di interazione e di ascolto che eserciterà a sua volta. Gesù abilita le corde vocali di questo personaggio, dischiude le sue labbra ma apre anche il cuore e la mante alla rivelazione che diventerà poi la gioia dell'incontro.

E' risaputo che questo brano, specialmente nell'espressione “effatà = apriti”, è contemplato nella liturgia del battesimo dei Bambini, uno degli effetti della quale è proprio l'apertura all'ascolto della Parola del Signore che caratterizzerà la crescita del bambino battezzato. E anche il progresso di chi al battesimo lo sta accompagnando.

 

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