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TESTO Se ti sei innamorato una volta

don Angelo Casati   Sulla soglia

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I domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno B) (01/09/2024)

Vangelo: Gv 3,25-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. 26Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». 27Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. 28Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. 29Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire».

31Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. 32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. 33Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. 34Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. 35Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. 36Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.

Nell'aria un desiderio prepotente di cambiamento. Ne era segno l'accorrere della gente, nel deserto, alle acque del Giordano, dove il Battista battezzava. Deserto e Giordano erano come immagini di ripartenza, incancellabili per un popolo nato nel deserto, che aveva attraversato le acque del Giordano. Si riparte. E si riparte dal di dentro. Giovanni non aveva scelto di battezzare in luoghi di culto, in pozze d'acqua ferma, ma nelle acque che scorrono; e scorrendo raccontano rigenerazione, movimento, vita e cammini. A proposito di acqua di sorgente, nella mente mi si riaffaccia il racconto di quanto accadeva, decine di anni fa, in alcuni nostri paesi, alla veglia notturna di Pasqua, quando, dopo che si erano sciolte in festa le campane, donne e uomini, ragazze e ragazzi, andavano a bagnarsi gli occhi ad una fonte di acqua corrente. Il nuovo, non gli schemi abusati, negli occhi. Facciamo ritorno al Giordano.

Ci sembra di vedere l'accorrer delle folle, ma ecco è come se l'aria per un attimo, per un parlottare di discepoli, si incrinasse. E guardate come a volte si diventa piccini, meschini, e si sporcano cieli e acque. Entrano in scena quelli dei sondaggi: e chi battezza di più e chi di meno; e adesso poi corre voce che si è aggiunto anche il rabbi di Nazaret, e nemmeno troppo lontano. Anche lui! Andarono da Giovanni e gli dissero: "Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui". E' il pericolo di sempre e accade quando il leader diventa un mito, è lui da salvare, da celebrare. E allora conta l'appartenenza: essere tra i suoi. Contano i numeri. E nessuno che gli faccia ombra.

Preoccupati i discepoli di Giovanni; ma preoccupati anche i capi religiosi che ora vedono un altro - ai più ancora sconosciuto - venire dalla Galilea e aggiungersi al Battista. Che già di suo, era da tenere sotto controllo per quella sua predicazione che non risparmiava nessuno. Altra spina nel fianco? Meschinità di visoni che sembrano restringere il cielo presso il fiume, là dove era un libero accorrere senza appartenenze. Contano i numeri o contano da dove vengono le parole? Dall'Alto? Ed ecco, il cielo, che si era come ingrigito, riprende d'un tratto i suoi colori. Anzi il mormorio di pochi diventa, per grazia, l'occasione per Giovanni per aprire scorci inediti dell'anima, che forse mai avremmo conosciuti. Giovanni rispose. Ridice con forza e chiarezza ciò che da prima aveva detto; forse che non avevano capito? Che non era lui il Cristo? Ma, ribadendolo, aggiunge una immagine che dall'uomo roccioso del deserto non ci saremmo aspettati, scopre una sfera più nascosta, quella dove fanno nido i sentimenti, rimasta nell'ombra.

Ecco la risposta: "Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: "Non sono io il Cristo", ma: "Sono stato mandato avanti a lui". Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire". Pensate agli uomini dei sondaggi: ti sembra di vederli sbiancare. Straniante: preoccupati che diminuissero i consensi per il loro maestro, si sentono dire: "Lui deve crescere; io, invece, diminuire". E dovremmo sentircelo dire noi, quando come chiesa sognassimo di essere a tutto campo sulla scena del mondo. A tutto campo Gesù. Se siamo a tutto campo noi, finiamo per coprire Gesù. Ed è proprio in quel momento che il Battista sembra quasi cambiare registro o, meglio, scopre altro. Lui, che del Messia aveva detto: "Brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile", ora lascia sorprendentemente affiorare una immagine che è cielo di tenerezza.

Usa le parole dell'amore: amico, sposo. Dà testimonianza a un messia che ha sposato umanità e terra; e non gli ruba il posto, gli è testimone, anzi di più amico. Voglio riprendere le parole, mi risuonano: "L'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena". Sottolineo i verbi, che sono come introito ineludibile alla testimonianza, anche alla nostra per Gesù: l'amico è presente, ascolta, esulta alla voce. Proprio quello che accade quando amiamo. Voi mi capite, la fede non è un libro da mettere a memoria o un prontuario di precetti per ogni situazione. Ma un incontro, una relazione. Non è stato un buon servizio alla fede aver scolorito questa sua dimensione. Usa con Dio le parole della relazione, quelle che usiamo quando amiamo: non devi essere chissà chi o appartenere a chissà che cosa per usarle. Sei una donna, sei un uomo, appartieni a questa terra amata.

Come è bello - lasciatemelo dire - quando i teologi le usano. Il pensiero mi corre alla pagina di un teologo greco ortodosso, tra i più noti, autorevoli e brillanti dei nostri giorni, Christos Yannaras, morto pochi giorni fa, sabato 24 agosto. In "Variazioni sul Cantico dei cantici" scrive: "Se ti sei innamorato una volta, sai ormai distinguere la vita dalla sopravvivenza. Sai che la sopravvivenza significa vita senza senso e sensibilità, una morte strisciante. Mangi il pane e non ti tieni in piedi, bevi acqua e non ti disseti, tocchi le cose e non le senti al tatto, annusi il fiore e il suo profumo non arriva alla tua anima. Se però l'amato è accanto a te, tutto, improvvisamente, risorge, e la vita ti inonda con tale forza che ritieni il vaso di argilla della tua esistenza incapace a sostenerla". Una esperienza - conclude Yannaras - che "non è privilegio né dei virtuosi né dei saggi, è offerta a tutti, con pari possibilità. Ed è la sola pregustazione del regno, il solo reale superamento della morte. Perché solo se esci dal tuo io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e perché corri dietro di Lui'".

Che splendore!

 

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