TESTO Commento su Is 35, 4-7; Sal 145; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37
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XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (08/09/2024)
Vangelo: Mc 7,31-37
31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Le letture che la liturgia odierna ci propongono non possono che riempirci di gioia, iniziando dal profeta Isaia, che si rivolge a un popolo rassegnato da anni di esilio e che ha perso ogni speranza in Dio con un forte messaggio di speranza: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio... egli viene a salvarvi”. La stessa cosa è ripresa dal salmista che ci dice che “il Signore rimane fedele per sempre” e fa grandi cose per noi.
Questo amore di Dio ha una sua ricaduta nella nostra vita, ed è quella che Giacomo ci invita a vivere, nella seconda lettura, cioè di porsi dalla parte degli ultimi, il saper amare con i fatti e non solo con le parole. È sempre forte la tentazione di mettersi dalla parte dei potenti e dei forti che difendono i nostri interessi, dimenticando chi viene emarginato e messo in difficoltà da atteggiamenti e leggi che negano l'accoglienza.
Sia Isaia che il salmo ci dicono anche che Dio toglierà quegli impedimenti che spesso ci ostacolano a seguire la sua volontà: “si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi”.
Ci sono casi tragici di bambini condannati alla solitudine perché ciechi, sordi e muti dalla nascita. L'impegno e l'abilità degli specialisti del linguaggio riescono a volte ad aprire loro il mondo dei segni e della parola. Ma quando gli occhi, le orecchie e la lingua del cuore sono bloccati? Quante persone, quante coppie che non si capiscono, che non si parlano più! Quanti “dialoghi tra sordi” tra individui, gruppi, istituzioni o nazioni, soprattutto quando viene meno la fiducia reciproca e non si è più capaci di accettare gli altri con la loro fragilità, anche con ciò che portano in se di più prezioso.
Pensando a tutte queste situazioni, possiamo cogliere più facilmente il valore simbolico della guarigione del sordomuto a cui Gesù ordina: “apriti! I gesti che compie ci riportano al rito del battesimo: riaprire l'udito e sciogliere i nodi della lingua sono sì un miracolo, ma sono anche i segni del dono battesimale che trasformano l'uomo in figlio di Dio, che attraverso l'ascolto impara a professare l'annuncio della salvezza portato da Gesù.
Il tema dell'ascolto è ricorrente in tutta la Bibbia; nell'Antico Testamento Dio fa precedere i suoi comandamenti sulle tavole della legge con le parole "Shemà Israel”: ascolta Israele. Essere sordi, nella Bibbia significa non accogliere e non ascoltare il messaggio di salvezza di Dio. Anche noi, travolti dalle mille cose da fare, attorniati da rumori, da chiacchiere, da opinioni contrastanti fatichiamo ad ascoltare il profondo desiderio di senso che portiamo nel cuore e abbiamo difficoltà ad entrare in dialogo con Dio.
Gesù con la parola "apriti", ci invita ad iniziare un dialogo con Lui, ci sveglia dal torpore che ci impedisce di parlare e ci rende capaci di vivere da cristiani: è un invito a fare spazio nel nostro cuore alla sua parola.
Il sordo non va da Gesù di sua volontà, ma il Vangelo precisa "Glielo portarono": questo fatto significa che quest'uomo, rassegnato alla sua condizione di malattia, ha avuto bisogno di qualcuno che lo accompagnasse da Gesù. È un invito a tutti noi ad essere attenti a chi ha bisogno! Chi ha fatto veramente l'esperienza di ascoltare Dio sa ascoltare anche il fratello e farsi suo compagno di percorso, per condurlo a Dio, come nel caso del sordomuto.
Quante volte in famiglia, sul lavoro, nelle varie attività che svolgiamo e nelle nostre stesse comunità, abbiamo problemi di sordità e di mutismo che portano alla difficoltà di ascolto dell'altro, presi come siamo dai nostri pensieri e dalle nostre idee precostituite! Sentiamo, ma non ascoltiamo, non lasciamo entrare dentro di noi, nel nostro intimo, la parola dell'altro, una parola che può essere rigeneratrice, oppure rappresenta una pressante domanda d'aiuto destinata purtroppo a restare, spesso, senza risposta. Chiediamo allora anche noi a Gesù di aprirci le orecchie e ridarci il dono della parola, per essere suoi testimoni ed essere capaci di cogliere quei messaggi che ci vengono rivolti là dove operiamo ogni giorno, soprattutto nell'ambito famigliare.
Per la riflessione di coppia e di famiglia.
- Come possiamo interpretare il sospiro di Gesù rivolto al cielo prima di pronunciare la parola “apriti”?
- Il profeta Isaia ci dà speranza, Giacomo ci dice di non mescolare la fede con il tornaconto, Gesù agisce: noi in quale di questi passaggi ci ritroviamo.
- La comunità agisce a favore del sordomuto, e noi come ci comportiamo di fronte alle situazioni di disagio, di difficoltà? Come agiamo concretamente?
Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino