TESTO Commento su Matteo 21,33-46
XI domenica dopo Pentecoste (Anno B) (04/08/2024)
Vangelo: Mt 21,33-46
«33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi?
43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. 44Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato».
45Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. 46Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
Una pagina evangelica ci viene offerta con la quale siamo invitati oggi tutti quanti a interpellarci.
L'uomo si sente padrone di un dono consegnato gratuitamente quale la vita e che abbiamo invece la responsabilità di custodire e di restituire.
I lavoratori della vigna siamo tutti noi che pensiamo di essere padroni di ciò che non è nostro, ma che ci viene affidato per fare fruttificare e restituire moltiplicato al padrone di tutta la nostra vita: il Signore.
In filigrana leggiamo la storia di Israele che nel corso dei secoli ha maltrattato e ucciso i profeti è riuscito ad uccidere anche Gesù, il Figlio di Dio.
Elia, il protagonista della prima lettura, dopo l'episodio di cui oggi abbiamo ascoltato il racconto, si troverà osteggiato da Acab e dalla moglie Gezabele.
Questi due che regneranno per due decenni in Israele impongono alla popolazione il culto alle divinità Baal.
Elia è la dimostrazione del trattamento che i profeti hanno subito.
Attenzione, però, cari amici, dentro queste righe evangeliche c'è la storia di tutti noi che con il nostro peccato distruggiamo i doni di Dio.
Molti si professano cristiani, ma poi vediamo il ricorso a indovini e maghi quindi alla ricerca di false sicurezze non ci si fida più di Dio.
Il culto alle divinità Baal prende altre strade nel nuovo Israele, costituito da tutti noi battezzati.
Nello stesso tempo abbiamo la garanzia che se mentre da un lato davanti alla nostra libertà Dio stesso è come se fosse impotente, egli prosegue il suo progetto sorpassando le nostre resistenze.
Il popolo si è dimostrato duro nei confronti dei profeti, non ha avuto rispetto del Figlio e nello stesso tempo il padrone della vigna non si è arreso e ha dato ad altri il compito di custodire la sua opera che con le sue mani aveva piantato.
In questi altri ci siamo tutti noi nuovo popolo di Dio in cammino.
Le guerre, le distruzioni che prendono forme sempre più complesse rientrano in questa difficoltà dell'uomo a comprendere che ciò di cui dispone non è di sua proprietà e si stacca da Dio creando divisione tra gli uomini stessi.
Il peccato di superbia che il demonio nel giardino ha immesso ai progenitori conduce proprio a fare meno del Creatore e quello della supponenza è la madre di tutti gli altri errori che commettiamo nei confronti di Dio.
Tutto porta alle guerre certo, ma arriva alle divisioni familiari, alle spaccature dei rapporti tra parenti.
Fino a giungere anche alle logiche di potere ecclesiale per raggiungere posti di prestigio pensando da parte di alcuni di esserne i proprietari assoluti.
Tutto questo anche passando dall'utilizzo sconsiderato delle risorse naturali con gravi danni al pianeta perché ognuno si sente padrone e non custode del grande giardino che è la Terra.
Quanti esempi si possono trarre di questa incapacità dell'uomo a comprendere il suo limite invece di operare come semplice operaio nella vigna del Signore.
Quanto bene farebbe capire questa verità che ci ripetiamo a parole, ma che poi non viviamo.
Gli esempi luminosi dei campioni di Dio come Teresa di Calcutta che affermava di essere una semplice matita nelle mani del Creatore rimangono come un riferimento forte per dire che, anche uomini e donne di quello spessore, pur avendo fatto opere così grandi, hanno compreso che tutto ciò nasce nella consapevolezza di una semplice risposta all'amore più grande che il Padre ci dona gratuitamente.
Chiediamo quindi in questi giorni di accrescere la nostra fede, nella consapevolezza che Dio è colui che compie la Creazione e di accrescere anche la nostra umiltà che ci rende operosi nel restituire ciò che immeritatamente ci è stato donato.