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TESTO Parole con il gusto del Pane

don Andrea Varliero

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XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (04/08/2024)

Vangelo: Gv 6,24-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,24-35

24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

Le parole sono fondamentali. Sono loro la nostra civiltà e la ricerca scientifica; sono loro che amano e generano, che hanno fatto fiorire tutti noi. Sono loro, le nostre parole, che dichiarano guerra, feriscono, persino uccidono. Le parole pesano, sono pietre. Gianni Rodari ci ha lasciato una bellissima poesia sulle parole: «Abbiamo parole per vendere, parole per comprare, parole per fare parole. Andiamo a cercare insieme le parole per pensare. Abbiamo parole per fingere, parole per ferire, parole per fare il solletico. Andiamo a cercare insieme le parole per amare». Parole per pensare, parole per amare: le parole attorno al Pane di questa domenica si trovano in un vocabolario strano, tra un balbuziente, una mormorazione, una manna e un Pane dal Cielo.

Escono da una voce imperfetta che si tartaglia: Mosé è balbuziente, non sa parlare; gli fanno il verso sia gli egiziani sia gli ebrei. Viene da sorridere che sia proprio lui ad aver ricevuto le Dieci Parole, volto a volto con Dio. E il popolo sta in silenzio, non riesce a proferire parola, non riesce ad affrontare la crisi: mormora. «Mormorare» è una parola vuota, un suono che si ripete all'infinito: «mor-mor-mor-». La mormorazione è tutto il rancore, tutta la frustrazione, tutta la violenza, tutto il non detto, sepolti dentro di noi. Magari venissero fuori attraverso la parola. Rimangono invece lì, inespressi, mormorati. L'ho percepita tante volte la mormorazione: quel silenzio ostile, tutto il carico di non detto di certi momenti a tavola, tutto quello che sarebbe stato meglio aver affrontato a viso aperto, ma l'orgoglio ha impedito. Immagino i momenti più violenti della vita e della Storia come sordi, senza suono, senza parola. E se c'è un peccato nella Bibbia, forse l'unico davvero grave, che ci blocca come statue di sale, è quello del voltarci indietro. Voltandoci indietro ci assale la mormorazione, intessuta di nostalgia, di rimorso, di sensi di colpa, di fallimento, di paura. Una carovana di non detti che ci avvelena. Il popolo che mormora si è guardato indietro: magari potessimo ritornare a quattro cipolle e ad una pentola di carne. Schiavi sì, ma con la pancia piena; qui siamo liberi, ma abbiamo fame. Hanno oltrepassato il mare, sono passati nella Terra Promessa, ora la fatica più grande è quella di estirpare l'Egitto che gli è rimasto dentro. E mormorano, seppelliscono le parole.

La risposta è la manna, un pane dal Cielo: «man-hu?», «che cos'è?». Neanche manna è una parola, ma è una domanda, significa: «che cos'è?». È un cibo strano, che puoi prendere ogni mattino, ma non puoi assolutamente accumulare per il giorno dopo. Di giorno in giorno, senza ansie né preoccupazioni per il domani, riusciamo a mangiarlo. Cibo quotidiano, cibo che insegna l'arte del prenderci cura, oltre le ansie e le preoccupazioni. È un cibo che non possiamo mangiare in solitudine, ma va mangiato insieme. È un cibo che rende fratelli, cibo che ha il sapore del Padre Nostro. Il pane del Cielo permette di non voltarci indietro e di non mormorare, ma nutre di sapore, il gusto di allargare lo sguardo oltre, nutre di parole che finalmente possiamo pronunciare: Tu sei con noi, Tu hai il gusto del pane. Il Pane del Cielo permette di nuovo il primo passo nel pellegrinaggio della vita.

La Parola, per essere espressa, per essere pronunciata, per essere toccata e mangiata, necessita del Pane. «Procuratevi un cibo che duri per la vita eterna»: un cibo solido, che rimanga. In un mondo dove abbiamo perduto il senso dell'Eterno, schiacciati in un perenne presente, senza più Storia e senza il coraggio di guardare al futuro; in un tempo che si è fatto breve, proprio il pane mi dona il gusto di cercare qualcosa che duri, un qualcosa di stabile. Tutto può cambiare, tutto può essere di fretta, tutti possono uscire dalle nostre vite, ma quel Pane rimane. Quando ne mangio, un senso di comunione con chi ho accanto e con chi è andato oltre; quando ne mangio, è come un attimo di Eterno che entra in me; quando ne mangio, tutto ritrova gusto e passione, tutto assume una prospettiva diversa; quando ne mangio, finalmente sono incontrato; quando ne mangio, la Parola si esprime nell'essenziale, nel silenzio. Pane e Parola camminano insieme, ci ancorano alla vita, ai campi di grano, alla fame, alla sete e ai limiti, e allo stesso tempo ci permettono di salpare, di andare ben oltre ciò che degrada e marcisce, nutrono e sfamano la nostra fame e la nostra sete. Pane che nutre le nostre parole, parole che fanno maturare il nostro buon grano perché diventi Pane. Piccolo esercizio spirituale: che le nostre parole abbiano il gusto del pane, che il nostro pane sia impastato di una parlata nuova. Per la vita del mondo. (don Andrea)

 

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