TESTO Dalla finestra o dalla strada?
don Angelo Casati Sulla soglia
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IX domenica dopo Pentecoste (Anno B) (21/07/2024)
Vangelo: Mc 8,34-38
34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. 36Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? 37Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? 38Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
Leggo. E mi riempio di domande. Anche oggi. E che cosa è onore e che cosa è vergogna? E che cosa è avere la testa sulle spalle e che cosa essere fuori di testa?' Davide che non si vergogna, da re, di danzare davanti all'arca di Dio. E Gesù che chiede a discepoli e folle di non vergognarsi di lui. E che cosa è assennatezza e che cosa è follia? Leggiamo il libro di Samuele e ci sembra di essere immersi tra la folla in una strada in festa. E' scritto: "Davide e tutta la casa d'Israele facevano salire l'arca del Signore con grida e al suono del corno". Colori, visi, voci, suoni. Nessuna separatezza, una gioia comune. E l'arca non era un feticcio, era per loro memoria di un Dio presente nel cammino. Da non dimenticare. Portavano l'arca per collocarla in una grande tenda che evocasse le loro tende, il loro andare, il Dio dei cammini.
Quel giorno fu celebrazione per strada. E' forse indecoroso dire gratitudine a Dio in allegria, con gesti spontanei, con canti e con danze? Lo possiamo fare solo irrigiditi nei protocolli, con volti smunti, assente ogni emozione? La gioia e la festa di quel giorno, la strada un fremito, hanno qualcosa da insegnare alla nostra fede e ai suoi svelamenti. Ed ecco che a un tratto l'obiettivo abbandona bruscamente Davide e la folla, punta verso l'alto, inquadra una finestra e mette a fuoco un volto di donna: "Quando l'arca del Signore entrò nella Città di Davide, Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra vide il re Davide che saltava e danzava dinanzi al Signore e lo disprezzò in cuor suo". Ed è subito uno spumeggiare di domande: "E che cosa faceva lei sola alla finestra? E perché non era con il re Davide, suo marito?
Forse che non gliene importava dell'arca? Già quell'isolarsi racconta: quasi non volesse mescolarsi con gente comune; dopo tutto lei era figlia di Saul, era figlia di un re. Voi mi capite, isolarsi! E guardare dall'alto. Giudicare dall'alto un marito che si era abbassato, secondo lei, sino ballare discinto. Occhi stizziti per lui e pieni di acredine per le donne che lo ammiravano estasiate. Così lo sfogo al ritorno: "Bell'onore si è fatto oggi il re d'Israele scoprendosi davanti agli occhi delle serve dei suoi servi, come si scoprirebbe davvero un uomo da nulla!". Non l'aveva nemmeno sfiorata il pensiero che lui l'avesse fatto per Dio. L'aveva indignata che avesse danzato con quelli che lei dall'alto giudicava gente di poco conto, una vergogna! Ed ecco la risposta di Davide, risposta dal basso, a dire che cosa è onore e che cosa disonore: "L'ho fatto dinanzi al Signore, che mi ha scelto invece di tuo padre e di tutta la sua casa per stabilirmi capo sul popolo del Signore, su Israele; ho danzato davanti al Signore. Anzi mi abbasserò anche più di così e mi renderò vile ai tuoi occhi, ma presso quelle serve di cui tu parli, proprio presso di loro, io sarò onorato!".
Onore, disonore: visto dalla finestra, visto dalla strada. Guardare dalla finestra o dalla strada? Ecco la sfida. E alle mente mi ritorna una immagine che ricorre spesso nelle conversazioni di papa Francesco, un ammonimento a non stare nella vita al balcone: in argentino 'balconear". Ecco il suo monito: "Non si può 'balconear', stare alla finestra a vedere la vita che passa. Bisogna prendere l'iniziativa, bisogna rischiare, camminare, incontrare. Solo così possiamo far crescere comunità con il volto di madre e uno stile di fraternità effettiva, dove tutti hanno un cuore solo e un'anima sola e fra loro tutto è comune". Dirà ai giovani: "Per favore, non guardate dal balcone la vita". Mi connetto al Vangelo. Anche qui un rovesciamento, come passassimo dal balcone alla strada. E ci verrebbe da dire al Maestro: "Ma come puoi illuderti di avere un seguito, un futuro, dicendo parole come queste? "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà"?
Le parole si illuminano se si tratta di seguire Gesù: hai scoperto un tesoro nel campo. Allora, e solo allora, puoi chiederti tutto. E' una vita rovesciata, che si nega alle cautele umane: sei invitato a perdere, ma se perdi guadagni. Sei invitato a 'prendere' la croce - notate, non a 'cercarla', neppure lui l'ha cercata - quella che ti si affaccia nella vita, se il programma è il suo. Perdi la vita, la salvi. Vorrei lasciarvi solo una fessura - è una spericolatezza - rinominando la parola "vita" con la parola "testa": "Chi perde la propria testa per causa mia e del vangelo, la vita la salva". Perdere la testa nel senso di essere come abitati da un grumo di follia, dietro Uno che della follia ha dato prova a dismisura, misura di croce. L'invito per lo più è altro, è a tenere la testa sulle spalle, a calcolare. Li avete presenti - e non sono anch'io uno di loro? - quelli che calcolano ogni mossa? Sembrano calcolati pure loro, hanno la testa per i loro interessi, in tutti i sensi. E nemmeno si accorgono che la loro è una vita scolorita.
Ma poi per grazia nella vita ti accade di incrociare - e sono moltitudine - quelli che rinnegano se stessi, cioè negano il primo posto a se stessi o, forse meglio, nei loro pensieri hanno un posto certo anche per se stessi, ma in mezzo agli altri; non dal balcone ma sulla strada, quelli che perdono la testa per gli altri. Perché se non perdi un po' la testa che amore è? Ricordo don Lorenzo Milani. In una sua lettera a una ragazza, Nadia Neri, che si torturava su Dio o non Dio, scriveva: "Quando avrai perso la testa, come l'ho persa io per poche decine di creature, troverai Dio come un premio...". Un Dio che riconosce fatto a sé quello che hai fatto per i piccoli.