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TESTO Commento su Matteo 10,24-33

Missionari della Via   Missionari della Via - Veritas in Caritate

Sabato della XIV settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (13/07/2024)

Vangelo: Mt 10,24-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Diventare come il maestro vuol dire per noi vivere veramente da cristiani, prolungamento della vita di Cristo stesso. La sua vita è stata segnata dalla croce e dalla risurrezione, non certamente solo dalla croce! Essa, infatti, non è il cuore della vita dei cristiani, però è presente, una realtà insita nella vita. Non si può pensare che possiamo non attraversare la sofferenza. Perciò la parola chiave di questo vangelo è: “Non temere, non avere paura!”. La sofferenza non è mai l'ultima parola, così come la notte precede il giorno luminoso. Non temere, è la connotazione di un cristiano che sa che Dio è provvidente, egli ci conosce, persino i nostri capelli sono contati. Nonostante ciò, ci saranno momenti di paura, nei quali sembra che la nostra vita sia un fallimento, che tutti i divertimenti, le serate, le iniziative buone che accogliamo, sembrano ripiegarsi su di noi come fallimenti. Così come la croce è il fallimento, il momento in cui tutto sembra terminare in tragedia, in sangue sparso, in disperazione, spine, lance che perforano il costato, calunnie, derisioni, maldicenze, mancanza di fraternità, solitudine. Conosciamo tutto ciò, talvolta non concentrato in un unico momento, ma sappiamo bene che la paura fa capolino davanti al dolore. È perciò che Gesù ci ripete di non temere, di fidarsi del Padre, di un amore e una cura che spesso pensiamo sia fuggita davanti al dolore, pensando a un Dio disertore, che scappa quando siamo fragili. Ebbene no, Dio ci dice oggi: “per me voi valete, vi ho a cuore, guardate le cose con occhi diversi, con gli occhi del risorto!”. Il male non ha l'ultima parola, anche la morte innocente non ha l'ultima parola, Dio raccoglie tutti, ci prepara un posto. Di cosa dobbiamo temere, se non di allontanarci da Lui, di rinnegarlo per paura di essere soli?

«E come nella vita di Gesù, così nella vita del discepolo, quella che sembra essere la sconfitta, in realtà si rivelerà come la vittoria: un amore più forte di ogni egoismo e di ogni morte. Così tutta la storia non è altro che uno svelarsi progressivo del mistero di Dio, questo mistero nascosto dai secoli, che nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto comprendere, altrimenti non avrebbero crocefisso il Signore della storia. Eppure questo amore che sembra nascondimento, debolezza e follia è talmente forte da operare la salvezza dell'uomo in questa storia, da distruggere tutti i poteri dei potenti in questa storia. La vittoria in questa storia mondana appartiene all'agnello, al Cristo morto e risorto» (p. Silvano Fausti, gesuita).

 

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