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TESTO Commento su Matteo 10,16-23

Missionari della Via   Missionari della Via - Veritas in Caritate

Venerdì della XIV settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (12/07/2024)

Vangelo: Mt 10,16-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Essere pecore in mezzo a lupi è dura, però c'è anche un vantaggio: le pecore hanno il pastore. I lupi invece fanno una vitaccia, attaccano dentro e fuori dal branco, vivono per detenere e conservare la loro vita in un meccanismo di potere. A noi piace sempre essere lupo, svegli, veri volponi sempre pronti ad agire e mettere a posto ogni cosa con la nostra capacità predatoria e la nostra astuzia. Eppure, il gregge, continua ad avere un pastore, anche con le sue difficoltà, la mansuetudine della pecora è foriera di un guadagno, una presenza consolante, accudente e protettiva. Abbiamo bisogno del divino pastore, soprattutto perché non sempre le cose vanno come vogliamo. La Parola è chiara: «guardatevi dagli uomini, vi consegneranno, vi flagelleranno, sarete condotti davanti a quelli che comandano che vi devono giudicare, anche le persone familiari attenteranno alla tua vita, vi accuseranno, sarete odiati». Non è un'esagerazione, succede spesso, anche nel piccolo sperimentiamo che seguire il Signore, e portare avanti il bene, attira tanti problemi, tanti lupi rapaci che attentano alle cose belle, facendosi strumento del male. I santi hanno messo in guardia da tutto ciò, e soprattutto ci hanno fatto riflettere attentamente: “non è che il lupo puoi essere anche tu?”. La riposta è: “certo che si!”. Succede ogni volta che metto in atto una modalità tipica del mondo, quella predatoria, quella del possesso, quella dell'aggressione altrui. Lo facciamo spesso, sparlando, creando divisioni, invidiando la vita altrui, facendo lo sgambetto a chi reputiamo essere più avanti. Come i lupi possiamo mordere la vita nostra e altrui, sfruttare il gregge per sentirci forti. Ma non temiamo, come il lupo di Gubbio di san Francesco, possiamo passare dall'aggressione, da quel modo violento che abbiamo imparato alla mitezza, a farci addomesticare da Cristo per es sere al suo servizio, a servizio dell'amore.

Una delle pratiche più diffuse di flagellazione, è quella che esercitiamo con la lingua: «Ci sono persone simili al ragno, che trasforma in veleno le cose migliori. Un poveretto, una volta che finisce sulla lingua dei maldicenti, è simile a un chicco di grano, sotto la ruota del mulino: viene lacerato, sfracellato e completamente distrutto. Questa gente, vi attribuirà delle intenzioni che voi non avete mai avuto, avveleneranno ogni vostra azione e ogni vostro movimento. Se siete persone pie, che vogliono adempiere fedelmente i doveri della vostra religione, per loro siete solo degli ipocriti, che vi comportate come un Dio, quando state in Chiesa, e come diavoli, quando siete in casa vostra. Se compite opere buone, essi penseranno che lo fate per orgoglio, per farvi vedere. Se fuggite le abitudini del mondo, per essi siete persone strane, malati di testa; se avete cura dei vostri beni, per essi siete soltanto avari. Diciamolo francamente, fratelli miei, la lingua del maldicente è come un verme che intacca i buoni frutti, cioè le migliori azioni di questo mondo, e cerca di trasformarli in roba da buttar via. La lingua del maldicente è come un bruco che insudicia i fiori più belli, deponendo in essi la traccia disgustosa della sua schiuma» (San Giovanni Maria Vianney).

 

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