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TESTO La mia gloria non è farti chinare, è chinarmi e rialzarti

don Angelo Casati   Sulla soglia

VII domenica dopo Pentecoste (Anno B) (07/07/2024)

Vangelo: Gv 16,33–17,3 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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33Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

1Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. 2Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. 3Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.

Ci vuole un'arte, una capacità di esegesi che non mi appartiene per comporre in armonia letture che oggi mi suonano così lontane, libro di Giosuè e Vangelo di Giovanni. La mia debole misura è il motivo per cui lascio il commento al brano di Giosuè, non senza però avervi confidato che faccio fatica a pensare a un Dio che con una grandinata di pietre ne uccide di più di quanti gli israeliti hanno passato a fil di spada, un Dio che allunga le ore della giornata perché lo sterminio sia senza esclusioni. Che il sole si fermi e la luna rimanga immobile per portare a termine una vendetta, mi lascia con il cuore sgomento. Dio combatte? Dipende, potremmo forse dire che combatte per le cause giuste e invita pure noi a combattere per le cause giuste, ma in questo orizzonte il verbo combattere rifugge da ogni, pur minima, ombra di violenza, crudeltà, disumanità.

Le cause giuste si difendono senza oscuramenti di umanità, al contrario accendendo umanità. Dare a Dio l'immagine del Dio violento è come tradire la Bibbia nella sua anima più profonda, l'anima - oserei dire - più antica, l'acqua sorgiva che può perdere di lucentezza o essere inquinata nel migrare dei giorni, incrostandosi di tradizioni di uomini. Gesù direbbe: "Così avete annullato la parola di Dio con la vostra tradizione". L'acqua, che i Maestri nell'ebraismo cercano di salvare da false derive con il gorgogliare delle loro interpretazioni. Annullare la parola: il pericolo è sull'uscio, il pericolo che la parola subisca abuso, distorsione, perda la bellezza, venga derubata; di qui lo spettacolo della volgarità. Fate sosta sulle parole. All'apertura della cinquantesima settimana sociale dei cattolici, ricordando con commozione Satnam Singh, il card, Zuppi diceva: "la sua vicenda è un monito che svela l'ipocrisia di tante parole che purtroppo rimangono tali e, quindi, beffarde".

Oggi Gesù, nel breve brano che abbiamo letto, sfiora tre parole che nel tempo hanno subito contorsioni. Vorrei fare sosta per difenderle dall'abuso. Eccole: "potere, vittoria, gloria". E vorrei invitarvi a un raffronto: pensate come cambino di colore queste tre parole "potere, vittoria, gloria", se le collocate nel contesto bellico della lettura dal libro di Giosuè o se le evocate nella sala al piano superiore, la sala dell'ultima cena, poche ore prima di un arresto. E che cosa è "potere e vittoria e gloria", se mi interrogo su di loro in vigilia di una morte per crocifissione? Ed è sorpresa: come se Gesù soffiasse su parole, soffocate da pesantezza di cenere, e restituisse loro bellezza.

La parola "potere". Gesù si rivolge al Padre e, parlando di sé, dice: "Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato". Pensate un potere per dare vita, di più, una vita che ha un futuro. Conoscere un Dio che è Padre e conoscere Gesù come il Figlio che ha messo la tenda tra di noi è come affacciarci a una finestra e respirare. Un Dio - e questo è di una lucentezza assoluta - cui sta a cuore la vita di ogni essere umano, e sente ogni essere vivente affidato alle sue mani, alla sua cura. Questo è il progetto che pulsa nella mente di Dio e nelle vene del mondo, dall'in principio, e quindi al di là di ogni differenza di etnia, religione, cultura.

Il potere: dare vita; non la sottomissione o l'imbrigliamento, sarebbe una menzogna su Dio, la menzogna del Maligno. Non un potere che ti china, ma un potere che si china e ti rialza. Restituiamo bellezza alla parola potere. E anche alla parola "vincere". Vogliamo riascoltarla dalle labbra di Gesù nella notte dell'ultima cena. Diceva ai discepoli: "Abbiate pace in me... Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo". Ed era in vigilia di croce. Puoi morire di croce e dire di aver vinto: la tua anima ha resistito al male del mondo, all'abbraccio mortifero degli egoismi, alle ipocrisie, alle meschinità, alle vanità, ai deliri di onnipotenza. Lui aveva vinto il mondo. Loro lo guardavano: un altro mondo aveva abitato i suoi occhi, il suo spirito. E proprio di quello spirito avrebbe fatto dono loro, per non venir meno nelle tribolazioni, per avere pace in lui. Le potenze del male possono sì uccidere il corpo, ma non possono uccidere l'anima né possono soffocare il sogno che, nonostante, tutto attraversa terre e generazioni dall'in principio: quello di dare vita, in tutti i sensi.

Dare vita, anche oggi. Anche oggi dovremmo dare spazio a questo vento creatore: è urgente, là dove la vita è sottostimata, svilita, offesa, soffocata, là dove, se avessimo gli occhi di Gesù, dovremmo chiederci se quella è vita o non è semplicemente disumanità. L'amore che vince la morte. Solo così daremo lucentezza alla parola "vincere". E sfioro la parola "gloria": "Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te". La gloria di cui parla Gesù non ha nulla a che vedere con i troni, con i deliri dell'io, con l'ostentazione. Ha a che fare con una croce. Che racconta una esistenza, quella di Gesù, attraversata da quest'unico anelito: portare vita, portare amore, portare libertà.

Questa è gloria, lo si riconosca o no, la gloria su cui il Padre mette il suo sigillo: la gloria è sposata all'amore. La vera gloria è legata alle pratiche dell'amore. E per le pratiche dell'amore, un bene nascosto, ha ringraziato, a nome di tutti noi, il Card. Zuppi nella sua prolusione: "Grazie" disse "a chi svolge umilmente, secondo le proprie possibilità e scelte, "un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società" (Costituzione, art. 4). È così che si costruiscono inclusione e convivenza, si vincono i pessimismi, si sconfiggono le furbizie che piegano a interesse privato il bene pubblico". Così ridiamo lucentezza alla parola "gloria": la mia gloria non è farti chinare, è chinarmi e rialzarti.

 

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