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Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (07/07/2024)

Vangelo: Mc 6,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Ascoltino o non ascoltino sapranno almeno che c'è un profeta in mezzo a loro!

Perché i profeti ancora ci sono in mezzo a noi, anche se a volte irritano, destabilizzano, inquietano.
Eppure ci sono.

Magari non vestono peli di cammello e non mangiano locuste, ma agiscono, sono un segno per la nostra vita. Con la loro vita.

Ma poiché quasi tutti preferiamo restare nel nostro mondo, giustificando ogni nostra azione, placidamente adagiati nelle nostre scelte, piuttosto che metterci in discussione ci tappiamo le orecchie, giriamo lo sguardo da un'altra parte.

O, peggio, stravolgiamo il Vangelo, piegandolo alle nostre convinzioni.

O, come abbiamo ascoltato nelle letture di oggi, rendiamo inoffensivo il messaggio sottolineando l'inadeguatezza di chi ce lo propone.
Ma sempre e tutto con un'unica finalità: io ho ragione.
Ovvio.

Una spina

Mi sembra che l'idea della coerenza, della totale corrispondenza fra ciò che diciamo e ciò che viviamo, ce la portiamo piantata nell'anima, pare.
È impossibile essere creduti se non si è credibili.

Capiamoci: siamo reduci da anni terribili e oscuri in cui alcuni cristiani, e preti, l'assoluta minoranza, ma ci sono stati, hanno contraddetto il Vangelo con comportamenti ignobili. Perciò chiedere una soglia minima di coerenza ci sta. Così nell'uso dei denari, così nel rapporto con i più piccoli, così nel condividere le gioie e i dolori dell'umanità, senza nascondersi dietro un paravento di incenso.

Ciò detto e ribadito, però, dobbiamo stare attenti a non dare una connotazione tutta mondana alla coerenza. Perché Gesù non è morto in nome della coerenza ma per manifestare un amore che sa piegarsi sull'umano e sa accogliere ogni fragilità.

Nel mondo dei puri e degli onesti in cui si esige e si pretende dagli altri ogni perfezione mentre si è piuttosto clementi verso le proprie debolezze, non c'è spazio per il Vangelo che, se da una parte propone ideali elevati, obiettivi altissimi, dall'altra tempera ogni richiesta con la logica della misericordia e del perdono.
Dio chiede la perfezione, sì, ma come la intende lui.
Quella che è attenta allo sforzo, non al risultato.
Che guarda il cuore, non le regole.
Che legge l'anima, non l'apparenza.

Paolo, san Paolo!, confida in una sua lettera di avere inutilmente chiesto a Dio nella preghiera di essere liberato da una spina nel fianco, probabilmente un difetto, un aspetto del suo carattere che percepisce come invalidante. E che il Signore gli ha risposto che va bene così, perché nella sua e nella nostra debolezza si manifesta pienamente la sua grandezza.
È così, è esattamente così.

Quando la Parola che proclamo giudica e interroga anche me, sono sulla strada giusta.

Stupori

L'evangelista affronta in poche battute un episodio che deve avere profondamente impressionato la prima comunità.

Poco prima di questo episodio Marco racconta l'incursione del clan di Gesù precipitatosi a Cafarnao per portarlo a casa, dopo avere appreso la notizia che da Gerusalemme era stato giudicato un indemoniato, senza riuscirci.
Ora è lui, sconsiderato, a salire a Nazareth.

Il clima non gli è affatto favorevole: Marco, da abile scrittore, sottolinea un incrocio di meraviglia, di stupore.

Ma in negativo: i concittadini di Gesù si stupiscono (letteralmente sono feriti) dalla sua predicazione.
Gesù è scosso dalla loro incredulità.

Scuse risibili

Perché tanta incredulità?

I parenti di Gesù si fermano alle sue umili origini, alla sua mancanza di titoli, alla sua modesta provenienza. Secondo alcuni biblisti il mestiere di Gesù era il ripiego di chi non aveva dei terreni e che, quindi, diventava il tuttofare della comunità.

Non solo: i profeti del passato avevano tutti origini misteriose, o nobili. E la loro missione era accompagnata da prodigi inconfutabili.

Gesù, invece, non soddisfa queste attese. Anzi, è accusato di essere poco religioso e, addirittura, un pazzo o un indemoniato. Uno poco devoto, poco virtuoso, affatto mortificato. Un mangione e un beone. È motivo di scandalo.

Dio è sempre motivo di scandalo perché non asseconda l'idea piccina che abbiamo di lui.
Mai.

I nazaretani non ascoltano le sue parole, non accolgono la sua prospettiva, non vedono i frutti della sua predicazione... Pensano di sapere, credono di credere, già sanno.

Da parte di chi osserva, di chi giudica, rimane la scelta: o fermarsi al dito o guardare la luna che il dito indica...

I cristiani (secondo Gesù)

I cristiani non sono perfetti e forse neanche più buoni degli altri e forse nemmeno tanto coerenti. Ma questo non basta a fermare la Parola, non basta a fermare il Cristo, non sgambetta il contagioso annuncio della Parola.

Nel vangelo gli apostoli, ben lontani dal nostro modello asettico e idealista di uomo di fede, vivono la loro pesantezza con realismo e tragicità. Ma Gesù li ha scelti, perché sappiano comprendere le miserie degli altri, accettando anzitutto le proprie.

La Chiesa non è la comunità dei perfetti, dei giusti, dei puri, ma dei riconciliati, dei figli.

Fatichiamo ad accettarlo, rischiamo di voler correggere il Vangelo perché noi, in fondo in fondo, pensiamo di essere un po' meglio della gente che critichiamo.

Sogno il sogno di Dio: una comunità di persone che si accolgono per ciò che sono, che hanno il coraggio del proprio limite, che non hanno bisogno di umiliare l'altro per sentirsi migliori.
Un popolo di perdonati, non di giusti.
Di figli, non di puri.

Di innamorati, non di altezzosi perfezionisti.

Sì, Cristo resta per sempre motivo di scandalo.
Perché mette in luce ciò che preferiamo resti nelle tenebre.
Perché ama scandalosamente. Fino a morirne.

Libri di Paolo Curtaz

 

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