TESTO Dio, non ti importa nulla di me?
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (23/06/2024)
Vangelo: Mc 4,35-41
35In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
Siamo di nuovo qui, dopo sole due settimane, a interrogarci con e su Dio: dopo il “Dove sei?” di Dio a Adamo, oggi siamo noi a chiedere qualcosa a Dio attraverso le due domande espresse dai discepoli nel brano che abbiamo ascoltato: “Maestro, non t'importa che siamo perduti?” e “Chi è dunque costui...?”. Sono le domande su cui la nostra fede spesso si interroga, molto più spesso di quanto crediamo: “Ma dov'è Dio? E chi è? E perché fa così?”, ovvero l'assenza-presenza di Dio nella nostra vita.
Alla mente, mi tornano le parole del profeta Isaia: “Veramente tu sei un Dio misterioso”, quel “Deus absconditus” il cui pensiero ha affascinato spesso le ricerche dei grandi pensatori e filosofi, anche cristiani. Penso in modo particolare ad Agostino d'Ippona, a Erasmo da Rotterdam, a Pascal, a Giovanni della Croce, più recentemente a David Maria Turoldo... Dio, nella nostra vita, spesso ci appare più come “mistero” che come “gloria”, più come “ombra” che come “luce”, più come interrogativo che come risposta.
E ciò avviene, inspiegabilmente, quanto più assumiamo un buon ritmo nella nostra pratica di fede, quando abbiamo una certa familiarità con lui, quando ci sembra che tutto sommato stiamo facendo un percorso serio a contatto con la sua parola. Qualche domanda a questo Dio ci verrebbe proprio da fargliela, come già avvenne al profeta Geremia: “Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa contendere con te, ma vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché la via degli empi prospera? Perché tutti i traditori sono tranquilli?”. Detto con parole nostre: come mai non fai niente per aiutare coloro che ti sono fedeli, mentre a coloro che di te se ne fregano altamente vanno tutte bene nella vita? Sono parole “eccessive” nei confronti di Dio? Se guardiamo alla prima lettura di oggi, direi proprio di no...
Giobbe era l'emblema dell'uomo retto, irreprensibile, senza macchia, scrupoloso fino all'eccesso nel non peccare e nel fare in modo che anche i peccati dei suoi famigliari fossero prontamente perdonati da Dio. Eppure, Dio, attraverso un misterioso disegno nel quale fa rientrare pure satana, concedendogli addirittura dei poteri (ecco il “cono d'ombra” nello splendore della luce di Dio...), lo mette alla prova con tutta una serie di disgrazie, personali e collettive, nemmeno di fronte alle quali, però, la sua fede vacilla.
Fino a quando qualche “amico”, tra la consolazione e il desiderio di condanna, cerca di spiegare a Giobbe che Dio ragiona per mezzo di un concetto “retributivo” di giustizia, ossia che è talmente giusto che a ognuno dà secondo le sue opere, né più né meno. Se quindi a Giobbe sono successe solo disgrazie, è perché la sua era una bontà solo apparente: in realtà, è un peccatore incallito, per questo Dio lo condanna e lo castiga. È qui che Giobbe non resiste più, e allora sputa insolenze e bestemmie contro Dio; un Dio ingiusto, ingrato, che si prende gioco dell'uomo, che si diverte a fargli del male, che non sa come passare il suo tempo se non ingannando il giusto con promesse di ricompensa mai mantenute... “Dove sei, Dio? E perché fai così? Non ti importa nulla di me? Perché dormi?”: sono le parole di Giobbe, ma sono anche le parole dei discepoli che pensavano di potersi sentire sicuri con Gesù sulla barca, per cui non riescono a darsi spiegazioni di fronte a un Dio che non solo non impedisce la tempesta, ma addirittura se la dorme beatamente, incurante del dramma di coloro che pensavano essere suoi amici e compagni di viaggio...
“Dove sei, Dio? E perché fai così con noi? Perché dormi, quando abbiamo bisogno di te? Perché ti fai gioco di noi? Perché non fai qualcosa di giusto per tutti? Perché lasci che la nostra vita vada alla deriva? E perché, soprattutto, non rispondi? Abbiamo bisogno della tua presenza, della tua essenza, non della tua assenza”: non sono forse, spesso, domande che pure noi ci facciamo e che sembrano non ricevere risposte soddisfacenti da Dio?
Ma Dio risponde eccome, sia a Giobbe “in mezzo all'uragano” della vita, sia ai discepoli nella tempesta, ovvero proprio quando noi, uomini e donne di poca fede, non abbiamo orecchi sufficientemente attenti per ascoltarlo. E ci porge nuovamente la stessa domanda: “Dove sei tu? E perché hai paura, invece di avere fede?”. C'eri tu, quando creavo il mondo - dirà Dio a Giobbe -? Dov'eri, quando ho posto un limite alla natura, alla creazione, al fragore dei flutti di un mare in tempesta e pure al fragore del tuo orgoglio? Ti sei forse dimenticato che io sono Dio, e ho il potere di mettere a tacere una tempesta sul mare, mentre tu no? E dove sei, quando io ti chiedo di prenderti le tue responsabilità di credente? Dove sei, ogni volta che io ho bisogno di te per essere annunciato ai fratelli? Dove sei, quando devi annunciare agli altri la misericordia che ho avuto con te? Dove sei tu, quando i tuoi fratelli muoiono di fame, quando i loro diritti sono calpestati, quando le porte si chiudono in faccia a chi ha bisogno di amore, quando devi costruire la pace e invece pensi solo a vendere armi di morte?
Siamo onesti: sono più le volte in cui noi siamo lontani da Dio (ed egli non ce ne fa una colpa) di quelle in cui lui non si sente, e noi lì, pronti a imprecare, a protestare, a rinfacciargli la sua assenza.
Ma tutto ciò è così profondamente umano... Fa parte del gioco della vita e della fede vedere Dio come luce e ombra, come attività e sonno, come sole e tempesta. Troppo facile sarebbe, per noi, avere sempre un Dio di luce.
Tu, Signore, rimani davvero, un Dio misterioso. Permettici anche solo, per il momento, di continuare il cammino con te, di salire nuovamente sulla barca per raggiungere altre rive. Anche se, venuta la sera, la tempesta quotidiana ci porterà a chiederti se davvero t'importa qualcosa di noi; anche se continueremo, spesso, a chiederci: “Ma chi è costui...?”.