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TESTO La sala lui la vuole piena

don Angelo Casati   Sulla soglia

IV domenica dopo Pentecoste (Anno B) (16/06/2024)

Vangelo: Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Le letture non sono facili da ripercorrere e il mio sarà un andare per suggestioni, allusioni, domande, tante. Con il risultato alla fine di perdermi su immagini, confessando la povertà della mia esegesi. Sodoma e Gomorra: ebbene, se l'occhio vi corre alla citazione, subito vi accorgete che Il racconto ha subito, ben sei tagli, e questo non aiuta. E vorrei da subito dire che il peccato punito non è stata la omosessualità come a lungo si è fatto credere. La punizione della città, secondo autorevoli esegesi, fu a causa della violazione - da parte degli abitanti - dell'ospitalità e della giustizia. Nel testo risuona l'eco di antichi racconti, forse evocati per dare ragione della strana depressione del Mar Morto. E, chissà, chi scrive forse vuole mettere a confronto l'ospitalità di Abramo che apre la tenda e di conseguenza trova una promessa di vita - avrà un figlio - e l'offesa all'ospitalità dei cittadini di Sodoma, che come esito ha una città ridotta a cenere.

Ma poi è veramente Dio a incenerire? E sguscia la domanda di un amica: "Ma i bambini della città che colpa avevano per essere inceneriti?". E la domanda sembra fare il paio con quella che verrebbe dalla parabola degli invitati: "E che colpa hanno le città degli invitati per essere messe alle fiamme a motivo del rifiuto e della violenza di pochi?". E non sarà - mi domando, quante domande! - che siamo noi, quando siamo inceneriti, cioè privi di spirito, a incenerire la società, il mondo, la terra e di mezzo ci vanno gli innocenti? Parabola dei nostri giorni. E non sarà che la condizione per costruire sia quella che Dio propone ad Abramo e alle generazioni future, quindi anche noi, coè: "osservare la sua via e praticare il diritto e la giustizia"? Parole da ricordare. Cui vorrei aggiungere, perdonate, "essere umani e non disumani".

Sempre mi colpisce Abramo con quel suo sguardo silenzioso dall'alto, lui che aveva tirato di prezzo con Dio per la salvezza di Sodoma e Gomorra. Il testo lo fissa così: "Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; contemplò dall'alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace". Praticare il diritto e la giustizia e avere negli occhi un briciolo di umanità. Vengo alla parabola di Gesù. Che è introdotta così: "Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse...". Loro chi? I capi dei sacerdoti, gli anziani del popolo, i farisei. Sullo sfondo la vicenda del rifiuto dei profeti, la loro uccisione, e da ultimo - e sta per compiersi - il rifiuto duro e l'uccisione spietata del Figlio.

Le mie sono spigolature, frammenti evocati da immagini. La festa di nozze, la festa: voi sapete quanto sia cara a Dio questa immagine e come gli sia stata negata dalla tradizione di un Dio ombroso e punitore, uno che mette pesi, quando Gesù invece è venuto a toglierli, erano opera dei capi. Forse dovremmo chiedere perdono e guardarci dall'avallare la visione triste di un cristianesimo pesante, soffocante, lontano dall'ebbrezza delle feste di nozze. Non per nulla papa Francesco, con la sua esortazione "Evangelii gaudium", sin dall'inizio del suo pontificato, ci ha chiamati a una fede che respiri una gioia visibile del vangelo. Proprio In questi giorni un caro amico, dentro un tessuto di intuizioni profonde, si chiedeva il perché della mancanza del sorriso - Gesù sorrideva! - volti induriti anche in non poche delle nostre eucaristie. Mi scriveva; "Ma tu prova a filmare una processione verso l'altare e vedrai che c'è tutto (concentrazione, compunzione, serietà, forse anche abitudine...) salvo gioia, sia da una parte sia dall'altra".

Dio chiama ad una festa di nozze: ci tocca la bellezza, la fortuna, di condividere una gioia. Lontani anni luce coloro per i quali l'unica preoccupazione - dice il vangelo - sono campi e affari. E che meraviglia: lui, Dio, la sala poi la vuole piena; e radunati da ogni dove. Sentite la bellezza, respiratela: "Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali". Non bisogna essere mostri di perfezione per essere invitati; avete notato la precedenza: "radunarono cattivi e buoni". Non è questione di essere degni. In questione c'è altro. In questione c'è l'abito nuziale. Che strano: chiamati da crocicchi, per di più all'ultimo minuto, tutti indossano l'abito nuziale! Certo non l'avevano a portata di mano, né tutti ne avevano uno a disposizione a casa. Era di certo un regalo, se ne vestirono entrando, tutti meno uno. Era riconoscere la grazia di essere stati invitati, tutti, senza differenze. Meno uno, che si pensava chissà chi, teneva distanze, anche con l'abito.

Quel re era come se riconoscesse dignità a tutti, uguale dignità. E non sarà questo da recuperare oggi, il rispetto per la dignità di tutti e la gioia dello stare insieme senza distinzioni? E non essere di quelli che si isolano, si appartano. Loro, un altro vestito. La parabola mi ha riportato al cuore un gesto di papa Francesco: 26 marzo 2015, pomeriggio ore 16. Lui cosa inventa? Dopo aver messo a disposizione dei clochard bagni, docce e barberia in piazza san Pietro, ha un'idea pazzesca, quella di dare loro non solo aiuti concreti per la vita di tutti i giorni, ma anche la possibilità di ammirare opere d'arte tra le più celebri al mondo. Una visita speciale ai Musei Vaticani e alla Cappella Sistina per un gruppo di 150 senzatetto, così che le bellezze artistiche vaticane potessero essere ammirate anche dai poveri, che solitamente di San Pietro conoscono solo i gradini del colonnato. Alla fine della visita stringe la mano ad ognuno. Poi la cena. Escono, sono le 19,30.

E' riconoscimento della uguale dignità di tutti. Gesto profetico, per un tempo in cui questo riconoscimento si sta smarrendo.

 

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