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TESTO Commento su Sap 1,13-15; 2,23-24; Sal 29; 2Cor 8,7.9.13-15; Mc 5,21-43

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XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (30/06/2024)

Vangelo: Sap 1,13-15; 2,23-24; Sal 29; 2Cor 8,7.9.13-15; Mc 5,21-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 5,21-43

21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

La tredicesima domenica del tempo ordinario parla del momento della “morte”, il senso cristiano della morte e della morte come senso della vita, di un Dio amante della vita.
Un Cristiano è per la vita, non per la morte, la morte è solo un passaggio obbligato dal tempo all'eternità. La morte è un momento, il momento più decisivo dell'esistenza umana, più terribile e insieme più consolante, se accettato con speranza, da una “non-conoscenza” a una “conoscenza-eterna”. Se il mio “io” terreno sarà distrutto, la mia anima continua la sua vita in attesa che il mio essere completo sia ristabilito nella risurrezione della carne. La vita non ci viene tolta, ma solamente cambiata, e la terra diventa la soglia di un “altro e alto” mondo.
La fede, scriveva il Capecelatro, nella sua “Vita di Gesù Cristo”, a proposito della sirofenicia (episodio evangelico della giovanetta morta), anche umanamente considerata, è una forza mentre il dubbio, che le si oppone, è solo impotenza. La Fede divina nel Cristo è più che una forza, perché ci unisce a Dio e ci fa partecipi alla grandezza di Lui: “La bambina non è morta, ma dorme.” Il senso cristiano della morte è incluso in queste parole.
E allora perché non gustare il salmo sapienziale in cui Dio fa trionfare la vita, perché è il Signore “amante della Vita”.
Quando l'evangelista Marco raccontava i due miracoli, di cui oggi noi leggiamo, Cristo aveva già vinto la morte con la sua risurrezione, e i cristiani credevano che se Cristo è risorto, anche noi risorgeremo. Questa fede, che per i primi cristiani era talmente sicura che per essa erano pronti a dare la propria vita, per tanti di noi oggi si è fatta nebulosa, incerta, al punto che molti confondono “risurrezione con reincarnazione”. Il Cristianesimo invece sta o cade con l'annuncio della risurrezione di Cristo e perciò anche della resurrezione dei nostri corpi mortali: il Cristianesimo non solo crede queste due verità, intimamente intrecciate e del tutto inscindibili, ma solo il Cristianesimo le crede.
Non è che il problema allora oggi non è dato dal fatto che i cristiani non sono la maggioranza nel mondo, ma che sono pochi gli stessi cristiani che vivono nella prospettiva della resurrezione; il compito della nostra fede si è fatto più confuso e debole, si che oggi il messaggio cristiano risulta complessivamente poco incisivo nel contrastare quella irresponsabile atmosfera di morte e, come una nube tossica, si fa sempre più densa e opprimente sul nostro mondo?
Io penso che il problema che affligge il genere umano è semplicemente la “non-conoscenza” al momento che non si apriranno più gli occhi su un nuovo giorno di vita, pieno di progettazioni, impegni, rapporti ecc..., la Vita continua.
C'è un detto che dice: “ogni giorno ha la sua pena”, e basterebbe questo detto per non angosciarci e vivere serenamente ogni giorno, ma chi ci garantisce che da lì a poco ci saremo ancora? Nessuno, neppure Dio-Padre quando, nel Vangelo, Cristo esclama che neppure Lui sa quando verrà l'ora. Pensiamoci: prima di “addormentarci” (pensiamo alla lettura: “La bambina non è morta, ma dorme...”) ci prepariamo per il “programmatico domani” e, fatto questo, si spegne la luce, umana. Non ci siamo più, per alcune ore, ma dopo tot biologico di ore di sonno il corpo “risorge” e continua il ciclo della vita; oppure, nella situazione nefasta, è iniziato l'altro orologio a scandire le ore eterne, ma nessuno ce lo viene a raccontare; non ci siamo più, per sempre.
Ecco, il punto del passaggio lo potremo vivere: bene o male, con speranza o senza speranza, ma spetta a noi a voler solo toccare il suo mantello per essere salvati: “Chi mi ha toccato il mantello?”, una richiesta di Cristo perché quel “tocco” diventi strumento di incontro con la nostra minuscola fede, ci apra la via della misericordia divina eterna.

E allora domandiamoci:
Come singolo, come coppia, come famiglia, come comunità, riusciamo essere persone di speranza affinché la Vita sia ogni giorno momento atteso con la misericordia di Dio?

Claudio Righi

 

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