TESTO Commento su Marco 10,1-12
III domenica dopo Pentecoste (Anno B) (09/06/2024)
Vangelo: Mc 10,1-12
1Partito di là, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. 2Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 5Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; 7per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; 12e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Ogni qualvolta si proclama il brano evangelico che sembra essere in contrasto con la mentalità dominante del tempo abbiamo qualche benpensante che cerca subito di sminuire l'importanza di questa lettura perché tutto ciò cozza con l'opinione diffusa per cui tutto deve essere ammesso.
La Chiesa ribadisce da sempre che il sacramento del matrimonio non è una convenzione sociale, né tanto meno un rito vuoto o il mero segno esterno di un impegno perché, invece, è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi, perché «la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l'uno per l'altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi». [Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio]
Abbiamo vissuto la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni e il matrimonio rientra tra queste, in quanto è una risposta alla specifica chiamata a vivere l'amore coniugale come segno imperfetto dell'amore tra Cristo e la Chiesa. Pertanto, la decisione di sposarsi e di formare una famiglia dev'essere frutto di un discernimento vocazionale.
Unendosi in una sola carne rappresentano lo sposalizio del Figlio di Dio con la natura umana.
Nella loro unione di amore gli sposi sperimentano la bellezza della paternità e della maternità condividendo progetti e fatiche, desideri e preoccupazioni imparando la cura reciproca e il perdono vicendevole.
Questi insegnamenti che troviamo espressi nei vari insegnamenti del Magistero a supporto del brano proclamato non si sono mai eclissati.
Nella cultura delle piattaforme in streaming certamente non si può accettare tutto ciò e occorre invece creare un mondo frastagliato di eccezioni.
La normalità è proporre matrimoni falliti con situazioni complicate facendo credere che non si può fare a meno di questa prospettiva.
A me piace pensare alle coppie sante da cui sono nati altrettanti santi e ci accorgiamo che la proposta di matrimonio cristiano crea le condizioni della normalità.
Penso ai genitori di Santa Teresa di Lisieux.
I Martin hanno saputo vivere prima di tutto proprio il matrimonio come vocazione, e poi vivere anche il rapporto tra coniugi, quindi tra uomo e donna, come un'amicizia, dove c'è stima reciproca, dove si è alleati, dove si condivide un progetto comune, dove ci si aiuta anche ad educare i figli. Essi ci dimostrano che la famiglia non è solo il luogo del conflitto, o dei problemi, ma il luogo dove si impara a comunicare, perché è il luogo in cui si impara a scoprire la bellezza del rapporto tra uomo e donna e tra genitori e figli.
Di esempi ne possiamo trarre anche dai coniugi Quattrocchi anche essi sono una singolare conferma che il cammino di santità compiuto insieme, come coppia, è possibile, è bello, è straordinariamente fecondo ed è fondamentale per il bene della famiglia, della Chiesa e della società.
Tutto questo lo affermo perché non posso accettare che il modello proposto fuoriesca dalla normalità e ci si faccia promotori invece di situazioni straordinarie che sono svianti.
Non posso immaginare che un bambino non possa dire: “Mamma”. Non posso pensare che a un altro venga la gioia di dire: “Papà”.
Tutto ciò è contro vita, umanità e verità. Tutto ciò contro carità.