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TESTO Fin dove spinge un' alleanza

don Angelo Casati   Sulla soglia

II domenica dopo Pentecoste (Anno B) (02/06/2024)

Vangelo: Lc 12,22-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,22-31

22Poi disse ai suoi discepoli: «Per questo io vi dico: non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete. 23La vita infatti vale più del cibo e il corpo più del vestito. 24Guardate i corvi: non séminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi! 25Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 26Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto? 27Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 28Se dunque Dio veste così bene l’erba nel campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. 29E voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: 30di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. 31Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta.

In alcuni di noi, i più anziani, questa festa è rimasta con il sapore del nome latino, "Corpus Domini" e forse ancora accende colore di processioni, soprattutto per strade o tra campi, un baldacchino, ceri incenso, un parroco che regge solennemente l'ostensorio, in custodia il pane consacrato. "Corpus Domini". Poi ci siamo accorti che il nome cancellava uno dei segni dell'eucaristia e oggi diciamo "Solennità del Corpo e del Sangue del Signore". Non so se l'impallidirsi del richiamo al sangue fu anche per via del fatto che la comunione si finì per darla nella sola modalità del pane - che poi più non ha figura di pane - a differenza di quanto avvenne nell'ultima Cena: "Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: "Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti". Oggi abbiamo riunito - ma forse solo nella nominazione della festa - ciò che avevamo diviso.

Ebbene al simbolo del sangue cha ha subito una sorta di scolorimento vorrei dedicare qualche frammento di pensiero, oggi che le letture sembrano con insistenza evocarlo. "Questo è il mio sangue dell'alleanza": sangue e alleanza fanno legatura. La legatura viene da lontano. Il brano dell'Esodo oggi raccontava ciò che accadde alle falde del monte. E sto al simbolo, perché - vi confesso - l'immagine di tanti giovenchi sgozzati mi fa star male. Sfuggo, vado al simbolo: lo stesso sangue nei catini e sull'altare, metà e metà, per dire che un medesimo sangue univa Dio e il popolo, un vincolo di reciproca fedeltà, un'alleanza. Poi l'alleanza, quella scritta sulla pietra, venne più volte strappata da parte dell'umanità. Si può rinnegare l'alleanza del sangue.

Se ben pensate, quella tra uomo e uomo, stesso sangue, fu strappata nell'in principio? "La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo": così Dio a Caino. Pensate che urla di sangue battano al cielo in questi giorni. L'alleanza. E Dio nel tempo sembrò minacciare rottura. Ma poi tornava indietro, "si convertiva", è scritto. Non ce la fa: noi siamo, rimaniamo del suo sangue. Di alleanza in alleanza, tra strappi e ricucimenti. Ma fin dove, ci chiediamo, fin dove può essere spinta un'alleanza? Fin dove? Ed ecco il racconto di Marco che inizia con una ricerca di un dove, il dove dell'alleanza: "Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?".Anche noi questa mattina con questa domanda in cuore. Il dove allora fu al piano superiore, in una grande sala arredata. Oggi è qui, piano terra, in questa grande sala che dà ospitalità all'accadere dell'alleanza.

I discepoli entrano con Gesù. E nel corso della cena assisteranno - e chi avrebbe potuto immaginarlo? - a un gesto profetico, ascolteranno parole, che per noi sono diventate quasi abituali, per loro, i primi, erano impensabili, fuori, fuori da ogni immaginazione: portavano l'alleanza in quel pane e in quel vino, portavano tutto lì, corpo e sangue del loro Maestro. Come qui questa mattina, in quel poco che diventa immenso. Pane e vino diventano luogo dove trovarlo. Così come gli "ultimi": dalle parole del Maestro erano stati segnalati come un suo luogo, un luogo dove trovarlo: "Quello che avete fatto a uno di questi piccoli l'avete fatto a me"." Hai ospitato il forestiero, hai ospitato lui. Luoghi dove trovarlo. L'Eucaristia dunque racconta. Racconta e rinnova un'alleanza sino al sangue: "Il mio sangue dell'alleanza". Voi mi capite, "il mio" dice Gesù. L'ora della croce è alle porte.

Le alleanze sono tradite dal versare sangue altrui, nascono dal versare il proprio sangue, dal donare il proprio sangue, cioè dal donare vita. E nel sangue di Gesù è scritta la moltitudine: "Versato per molti", per la moltitudine. Non restringere le alleanze, allargale; non restringere l'amore, allargalo. Fin dove? E qui viene alla luce l'inimmaginabile. Che purtroppo è stato velato da un taglio del racconto. Quelle che abbiamo ascoltato non furono le prime parole di Gesù mentre mangiavano. Vennero subito dopo altre, dopo quelle che annunciavano il tradimento. Eccole, sta scritto: "Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: "In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà".

Come si può? Questo è Dio: non ci sono confini alla tenerezza, alla passione, all'amore. Nemmeno il tradimento. Non rinnegherà, pensate, l'alleanza nemmeno al bacio del traditore. Scrive Matteo: "Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!". E subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò. E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!"". Così disse: "amico" e non aveva mai detto parole tanto per dirle. Ecco, il suo sangue era di un amore così. Anche Giuda - il nostro fratello Giuda -, dentro. Anche dopo un bacio di tradimento. Ecco l'alleanza che qui celebriamo e riviviamo. Adoriamo il mistero. Al cuore le parole nel libro di Isaia: "Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?". E ci sentiamo interpellati.

L'immagine del sangue, che si è caricata nel tempo di ombre e di orrori, sino a far paura quasi ad evocarla, riprende il suo colore, il colore della vita: il sangue che ci fa vivi, il sangue che donato fa vivere altri. Donato in mille modi, la vita donata in mille modi. Quasi sentissimo il richiamo a mettere nelle nostre vene il suo sangue, il sangue di Gesù, noi che a volte abbiamo la sensazione di un vivere esangue, senza passione, impalliditi.

 

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