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TESTO Commento su Marco 10,46-52

Missionari della Via  

Giovedì della VIII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (30/05/2024)

Vangelo: Mc 10,46-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

La guarigione del cieco Bartimeo è collocata in un punto strategico del Vangelo di Marco. Egli fa da contraltare ai discepoli: da tempo vanno dietro a Gesù ma non riescono ad entrare nel suo stile, nella logica della croce, del dono di sé. Quest'uomo invece, che non vede, “sente” benissimo e, dopo un atto di fede meraviglioso e il recupero della vista, «seguiva Gesù lungo la strada». Questo ci interpella. Noi praticanti corriamo un rischio serio: essere degli habitués della Chiesa, ascoltare tante belle parole ma non muovere un passo dietro Gesù, senza cercare di conformare la propria vita alla sua. Da Bartimeo vogliamo cogliere un paio di atteggiamenti edificanti: l'insistenza e la prontezza. Anzitutto l'insistenza: Bartimeo è uno che vedeva e ora non vede più; è simbolo di uno che si è smarrito e non “vede chiaro” nella vita. Ma desidera tornare a vedere, a credere, a respirare quell'aria di libertà che solo lo Spirito Santo può donare. Ed eccolo cercare Gesù con tutto il cuore, senza rassegnarsi davanti agli ostacoli posti da coloro che non lo capiscono; cerca, grida, non si arrende. E noi? Abbiamo questo desiderio di vita, di pienezza? Cerchiamo il Signore? Abbiamo il coraggio anche di gridare a Lui nel dolore, senza scoraggiarci?

Ed ecco infine la sua prontezza: non appena Gesù lo chiama, subito balza in piedi lasciando il suo mantello. Il mantello era copertura, casa e letto per un povero. Lui lo lascia, incurante di poterlo perdere; non pensa a ciò che lascia, pensa a chi lo chiama e subito va verso Gesù! È bellissima questa prontezza. Quante volte noi opponiamo ritardi e rimandi davanti a ciò che il Signore ci chiede? Saper cogliere l'attimo giusto, corrispondere alle chiamate del Signore quand'è il momento. Ecco una strada per la gioia! Infine, arrivato davanti a Gesù, Bartimeo chiede la cosa più importante: poter tornare a vedere! E quella “vista” gli servirà per andare dietro a Gesù e non lasciarlo più! Che il Signore dia anche a noi occhi per vedere e luce per discernere, per seguirlo lungo la via che ha tracciato per noi!

L'azione che porta all'incontro tra Bartimeo e Gesù nasce da un'annotazione che potrebbe apparire periferica: “Sentendo che era Gesù Nazareno, (Bartimeo) cominciò a gridare...” (Mc 10,47). Se questa è la premessa che rende possibile l'incontro, questo si conclude con il riferimento alla fede di Bartimeo. Dietro a quel “sentendo” (akoúsas) dobbiamo pertanto intravedere la struttura narrativa della fede.... Vediamo esemplificato nella vicenda di Bartimeo ciò che i vangeli narrano di altre persone: una donna emorroissa tocca il lembo del mantello di Gesù “avendo udito parlare di lui” (Mc 5,27); una prostituta entra nella casa di Simone il fariseo e si avvicina a Gesù con gesti di affetto “avendo saputo che Gesù si trovava in casa di Simone” (Lc 7,37). E di entrambe Gesù sottolineerà la dimensione di fede (Mc 5,34; Lc 7,50). Sempre emerge la dimensione relazionale della fede che è anzitutto fiducia, l'umanissima fiducia nella persona di Gesù che conduce la persona a gesti e parole coraggiose di apertura e affidamento: il cieco Bartimeo grida e balza verso Gesù nella convinzione di poter trovare guarigione (Mc 10,47-50). La fiducia porta a vincere gli ostacoli dall'opposizione e dai rimproveri della folla che lo volevano zittire (Mc 10,48). E Gesù svela la fiducia che ha mosso Bartimeo e che gli consente di rendere operante la potenza di Dio che lo abita: “La tua fede ti ha salvato” (Mc 10,52). La fede in Gesù sorge in un contesto vitale differente per ciascuno a dire che, se la fede è “comune” (Tt 1,4), essa si personalizza in storie differenti e sempre nuove: la storia di una lunga malattia nel caso dell'emorroissa, la vergogna di una donna che si prostituisce nel testo lucano, la penosa condizione di un cieco costretto a mendicare nel caso di Bartimeo. È negli anfratti dell'esistenza quotidiana, solamente accennati nei testi evangelici, che si radica la storia della fede di ciascuno e la sua struttura narrativa. Senza quelle voci che, nella condizione di angoscia e bisogno di queste persone si trasformano in trasmissione di una notizia potenzialmente salvifica, l'accesso alla fede in Gesù non sarebbe stato possibile.

Anche alla luce di quanto appena detto, appare evidente che il nostro testo evangelico, più che un racconto di miracolo, presenta un cammino esemplare di fede. Del resto, per Marco il cieco guarito è il tipo del discepolo, come è il tipo del catecumeno che, dopo essersi spogliato degli abiti (simbolicamente, dell'uomo vecchio: Mc 10,50), conosce l'immersione battesimale scendendo nel buio delle acque e riemergendo da esse alla luce che gli consente di vedere chiaramente per camminare nella vita nuova tracciata da Gesù Cristo (il battesimo era chiamato anticamente “illuminazione”: cf. Mc 10,52). Il cammino di fede nasce dall'ascolto (Mc 10,47), diviene invocazione e preghiera (Mc 10,47-48), discernimento e accoglienza di una chiamata (Mc 10,49), incontro personale con il Signore (Mc 10,50-52a), e infine, sequela di Cristo (Mc 10,52b). Questo cammino implica un dinamismo spirituale per cui l'uomo passa dalla stasi alla mobilità, dall'emarginazione alla comunione, dalla cecità alla fede. La salvezza poi, che consiste nella relazione con Gesù, viene esperita dal credente non tanto come stato a cui si perviene e in cui ci si installa, ma come cammino in cui si persevera. Al termine dell'episodio, Bartimeo è un discepolo che seguiva Gesù “lungo la strada” (Mc 10,52)» (L. Manicardi).

 

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